L’Imu sta cominciando a fare danni importanti sul patrimonio immobiliare degli italiani. Ricordate? Correva l’anno 2011 quando il governo Monti decise di aumentare a dismisura la tassazione sugli immobili, all’epoca Ici (oggi Imu). Che il nostro Paese stesse vivendo un momento economicamente drammatico era sotto gli occhi di tutti. E nonostante i molti malumori, ci siamo adattati alla nuova situazione. Anche perché, in effetti, i proprietari di case, terreni e capannoni hanno poche o nulle possibilità di evadere: il bene è facilmente aggredibile.
Ma quando si interviene con l’accetta invece che col bisturi, come sempre le conseguenze sono disastrose. In 6 anni, anche per questa tassazione esagerata, abbiamo assistito a un crollo epocale del valore degli immobili. Con qualche esclusione per quelli di grande pregio o posti in luoghi strategici: il centro delle grandi città o le esclusive località di vacanza. In questi casi però chi tiene elevato il valore degli immobili sono gli stranieri, che fanno shopping selvaggio dei nostri beni di valore, che siano banchieri svizzeri o uomini d’affari degli Emirati arabi.
Imu: la scappatoia del rudere
Ma tra le pieghe della normativa italiana (Decreto ministeriale 28/98 e nota del Catasto 29439/2013) c’è una scappatoia, dove si sono infilati tutti coloro che potevano. In sostanza, non paga l’Imu l’immobile ridotto a rudere, o per meglio dire, “collabente” e cioè che sta per crollare. Secondo Confedilizia, tra il 2011 e il 2016 le case trasformate in rudere sono aumentate del 70%, sfiorando le 196.000 unità. Così si è saliti da 278.000 a 474.000 case. E naturalmente chi ha un immobile in queste condizioni si guarda bene dal ristrutturarlo. Secondo l’Agenzia delle Entrate nel solo 2016 i ruderi sono aumentati del 3,4%. Ma lo stesso avviene coi capannoni industriali, per i quali l’Imu è nettamente più salata rispetto alle abitazioni. Il mix di crisi, recessione, calo dei consumi e aumento della tassazione sugli immobili è stato micidiale. E ha portato molti proprietari di capannoni sfitti a scoperchiarli per farli diventare ruderi, evitando le tasse.
Sugli immobili tassazione all’85%
Sempre Confedilizia ricorda che l’insieme della tassazione sugli immobili (Ici-Imu + Tari + Tasi) grava per circa l’85% del reddito ricavato. In soldoni, possiedo una seconda casa o un capannone industriale e ne percepisco un reddito annuo di 10.000 euro? Ben 8.500 vanno allo Stato e ai comuni. Mentre io mi metto in tasca solo 1.500 euro. E con i miei 1.500 euro devo anche far fronte alle necessarie e costose spese di manutenzione. Quali? Un tetto da rifare, serramenti da cambiare, impianti da mettere a norma. Non parliamo poi dell’effetto Imu sui rustici, gli immobili dei fondi agricoli. È un intero patrimonio che sta andando a gambe all’aria. Oggi chi acquista terreni (il cui prezzo di mercato non ha subito crisi) li vuole liberi da fabbricati, oppure li lascia perimere. E non è finita. Nonostante Confedilizia continui da anni a chiedere allo Stato un cambio di prospettiva per risolvere la crisi dell’intero settore, sembra proprio che nessun politico abbia intenzione di metterci mano.
Edilizia soffocata
Ricordate per esempio il muratore bergamasco? Era uno stereotipo talmente comune che il comico Enrico Bertolino ne aveva fatto un suo personaggio. Ebbene, nel 2014 nella bergamasca hanno chiuso 440 imprese edili, 495 a Brescia e 345 a Como. Lo stesso anno sono state chiuse o sono fallite altre 1.307 aziende in tutta la Lombardia, oltre a 331 imprese che si occupavano di rivestimenti e a 105 di finitura. Ma la crisi del settore edile, provocata anche da questa tassazione dissennata, ha trascinato inevitabilmente con sé i settori collegati. Dalle macchine movimento terra ai rivenditori di materiali per l’edilizia. Dai trasporti alle imprese di serramenti, piastrelle, rivestimenti, legname fino al settore del cemento.
L’effetto domino sui mutui
Un disastro totale che non ha risparmiato neppure il settore bancario, già di suo in affanno. La crisi dell’edilizia e la recessione hanno provocato un aumento mostruoso delle esecuzioni forzate. Tutte le banche che avevano concesso con larghezza mutui prima casa, in casi d’insolvenza, si sono trovate costrette a pignorare le abitazioni e a metterle in vendita. Ma se l’offerta è molto sostenuta, la richiesta stenta, nonostante il calo dei prezzi. Dopo un momento di iniziale euforia nel 2016, innescata da un diktat della Bce, secondo il barometro Crif nel corso del 2017 i mutui sono tornati a calare. L’Emilia Romagna, per esempio, ha registrato un calo del 10%, contro il -5,7% nazionale. E nella regione, Piacenza batte tutti con un tracollo del 16,9%, seguita a ruota da Ravenna (-15,9%).
Massimo Solari è avvocato cassazionista e scrittore. Ha pubblicato diversi volumi sulla storia di Piacenza e alcuni romanzi. Ha tenuto conferenze e convegni sulla storia di Piacenza. Ha collaborato con le riviste Panoramamusei, L'Urtiga, e scrive sul quotidiano Italia Oggi.