L’amore tra due persone e il potere che può sprigionare ha da sempre affascinato poeti e scrittori. “L’amor che move il sole e l’altre stelle” scrisse Dante a conclusione della Divina Commedia, attribuendogli un potere universale. Al di là della letteratura, diversi effetti benefici dell’amore sono noti anche alla scienza. Basta pensare agli studi sui meccanismi che regolano il rilascio delle endorfine. Quello che però è stato scoperto ora sembra riavvicinare scienza e poesia. Una ricerca ha mostrato infatti che l’amore influenza i cuori, facendoli battere all’unisono.
L’amore in laboratorio
Lo studio di tre ricercatori israeliani dell’Università di Haifa, pubblicato sulla rivista Scientific Reports, dimostra questo romantico fenomeno. 22 coppie di innamorati con età compresa tra i 23 e 32 anni (solo due sposate), senza figli e con circa 13 anni di istruzione alle spalle, sono entrate nei laboratori dell’università. Poiché precedenti ricerche hanno dimostrato che la donna suscita maggiore empatia, a lei è stato assegnato il ruolo principale. È la donna infatti a essere sempre nel laboratorio. Talvolta è sola. Talvolta è con il partner seduto al suo fianco che le stringe la mano. Oppure lui è lì, ma non la tocca. Alcune volte lei subisce stimoli dolorosi mediante il contatto con un corpo caldo (un dolore di livello 6 su una scala da 0 a 10). E alcune volte non subisce alcuno stimolo. Durante gli esperimenti, ad entrambi i partner è stato registrato il battito cardiaco e la respirazione.
Battito, respirazione e dolore
Emergono dallo studio risultati sorprendenti. Il tocco del partner, mediante un fenomeno noto come “accoppiamento fisiologico”, produce effetti su tre livelli.
Battito cardiaco, ritmo di respirazione e soglia del dolore.
Riguardo al battito, quando i partner sono in contatto fisico, il ritmo cardiaco si sincronizza. In particolare se la donna sta sperimentando dolore. Questa situazione di sofferenza aumenta il collegamento empatico tra i soggetti. E consente tale straordinaria comunicazione tra i corpi mediante il semplice contatto.
Il ritmo respiratorio si sincronizza sia in assenza che in presenza di dolore. In assenza del tocco, la semplice presenza del partner nella stanza non produce gli stessi effetti. Rimane sì una tendenza alla sincronizzazione, ma molto meno evidente. In particolare, in assenza di contatto, la percezione del dolore rompe la sincronizzazione. Come se la donna si stesse concentrando molto più sul suo dolore per riuscire ad affrontarlo.
Infine, il contatto tra i corpi sembra elevare la soglia del dolore della donna, procurandole un effetto analgesico.
L’accoppiamento delle oscillazioni in natura
I fenomeni alla base di questa scoperta restano al momento solo delle ipotesi. Tuttavia in natura simili effetti sono lampanti e potremmo sperimentarli tutti i giorni senza rendercene conto. Nel regno animale, ad esempio, accade spesso che insetti o rospi sincronizzino i loro movimenti periodici per creare degli effetti acustici collettivi. Oppure che le lucciole sincronizzino la generazione dei loro impulsi luminosi. O ancora che i predatori sincronizzino i loro movimenti durante la caccia. Il fenomeno tuttavia non è limitato alla materia animata, ma si estende anche a quella inanimata.
Niente di romantico
Anche nella Fisica o nell’Elettronica, i sistemi oscillanti che possono in qualche modo “sentirsi” tendono infatti a sincronizzarsi. Il fenomeno è noto in Fisica con il nome di “osservazione di Huygens”. Il noto scienziato olandese Christiaan Huygens, inventore dell’orologio a pendolo, notò infatti come due pendoli, pur partendo a oscillare in modo differente, tendessero nel tempo a sincronizzarsi se chiusi nello stesso contenitore. La stessa cosa accade se sono appesi allo stesso muro. Chiaramente questi fenomeni hanno una spiegazione molto semplice e davvero poco romantica: la trasmissione di forze microscopiche tramite le vibrazioni del muro o dell’aria. Di certo la sincronizzazione del battito dei cuori ha tutt’altro fascino. Che il cuore sia davvero la sede dell’amore?
Alberto Dalla Mora è professore associato del Dipartimento di Fisica del Politecnico di Milano. Ha al suo attivo più di 80 pubblicazioni scientifiche di livello internazionale ed è coautore di oltre 100 presentazioni a conferenze. Ha diverse collaborazioni a progetti di ricerca finanziati dall'Unione europea nell’ambito della fotonica.