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Anticorruzione: tutti i dubbi sul disegno di legge Bonafede

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Il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede

Anticorruzione: “Sono orgoglioso di un ulteriore passo che porterà il Paese a una rivoluzione di legalità e giustizia che non ha mai conosciuto”. Con queste parole il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede ha accompagnato l’arrivo del disegno di legge anticorruzione alla Camera. È proprio così? Vediamo le due novità principali che presenta il provvedimento approvato dal governo giallo-verde: Il Daspo per i corruttori e l’agente sotto copertura.

Daspo: non solo ultras

Viene previsto il Daspo perpetuo (inteso in questo caso come divieto di accedere alla Pubblica Amministrazione) a carico di chi è stato condannato in via definitiva per corruzione a una pena superiore ai 2 anni. Per pene inferiori il Daspo andrà invece dai 5 ai 7 anni di interdizione dai pubblici uffici con il divieto di contrarre con la Pubblica Amministrazione.

Nel primo caso, il corruttore dunque non potrà mai più avere contatti d’affari con la Pubblica Amministrazione. E già su questa proposta è intervenuto a gamba tesa Raffaele Cantone. Ci sono “dubbi di incostituzionalità della norma”, ha osservato il presidente dell’Anac, l’Autorità nazionale anticorruzione. “Perché la nostra Carta fondamentale crede nella funzione rieducativa della pena”. Il che contrasta con il Daspo perpetuo previsto dal ministro 5 Stelle Bonafede.

Anticorruzione: l’agente sotto copertura

Altro punto chiave del disegno di legge anticorruzione: l’agente sotto copertura. La figura è già inserita nella nostra legislazione ma solo per reati antimafia. La sua introduzione è vista con favore da Piercamillo Davigo, storico magistrato del pool “Mani pulite” e oggi presidente in Cassazione. L’agente “è già previsto dalla Convenzione di Merida del 2003, approvata dal parlamento italiano nel 2009″, ha spiegato Davigo. “Da allora mancano i decreti attuativi che non l’hanno mai resa operativa”.

In ottica anticorruzione però le cose diventano delicate. Perché, secondo il magistrato, l’agente sotto copertura non può limitarsi ad “assistere” alla conclusione del reato. E cioè deve collaborare con i corruttori, eseguendo a sua volta attività illecite per evitare di essere scoperto prima di aver raggiunto lo scopo. Di conseguenza, per esempio, potrebbe essere proprio l’agente a portare materialmente la mazzetta al funzionario pubblico corrotto, eseguendo l’ordine del corruttore. E in questo caso l’agente deve essere assolutamente tranquillo sul fatto che non risponderà di nessun reato.

E l’agente provocatore?

Discorso diverso sull’agente provocatore, per ora infatti non previsto dal ddl anticorruzione, anche perché presenta una serie di problemi di difficile soluzione. Innanzitutto, come dovrebbe muoversi? Testare qualunque pubblico funzionario? In Italia sono circa 6 milioni. E comunque, anche se si muovesse su segnalazioni in arrivo dal cosiddetto whistleblowing, per alcuni giuristi, dato che la proposta dell’agente provocatore è “fasulla”, esistono ottime probabilità che il funzionario pubblico che cade nella trappola possa essere assolto, in quanto il presunto reato era impossibile o inesistente.

Altra storia negli Stati Uniti: un agente provocatore si è recato 30 volte da un amministratore locale del Michigan proponendogli un accordo corruttivo. E per 30 volte consecutive è stato allontanato. Alla 31ª, forse per togliersi definitivamente di torno lo scocciatore, l’amministratore ha ceduto. Ed è stato condannato anche dalla Corte Suprema alla quale si era rivolto. Insomma, quasi un soggetto da legal drama, ma che per adesso vediamo solo nei telefilm americani.

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Massimo Solari è avvocato cassazionista e scrittore. Ha pubblicato diversi volumi sulla storia di Piacenza e alcuni romanzi. Ha tenuto conferenze e convegni sulla storia di Piacenza. Ha collaborato con le riviste Panoramamusei, L'Urtiga, e scrive sul quotidiano Italia Oggi.

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