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Armi all’Ucraina contro la Russia: un voto che svela 80 anni di ipocrisia nazionale

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Voto a Strasburgo sulle armi date all’Ucraina da impiegare contro la Russia: l’imbarazzo di tutte le forze politiche italiane rappresentate all’Europarlamento svela l’ipocrisia di 80 anni di storia nazionale. I nostri eletti hanno espresso tutti voto contrario alla singola disposizione tendente ad autorizzare Kiev a colpire con armi occidentali il territorio russo da cui partono gli attacchi. Gli italiani si sono divisi nel voto finale sull’insieme della risoluzione, che è una generica conferma di sostegno al Paese invaso dai russi sino a quando gli ucraini vorranno battersi.

I consueti bizantinismi italiani, in questa vicenda, s’incrociano con quelli non meno grandi degli Stati Uniti, che sono il vero nemico di Mosca in questa guerra, per interposta Ucraina. Adesso lo dicono tutti, mentre per un buon anno e mezzo affermarlo (anche insieme all’illegalità dell’invasione russa) è stato fonte di scomunica latae sententiae, quella in cui, per il diritto canonico, s’incorre per la sola ragione di avere commesso il fatto. La realtà è che il pacifismo ideologico italiano, figlio della nostra incapacità di imporci qualsiasi sacrificio, oltreché di sedimentati costumi e riferimenti culturali (vetero-comunisti e peloso-cattolici), dipende non solo dalla tiepida adesione italiana ai valori democratici, ma anche dall’atlantismo a qualunque costo che abbracciamo dalla fine del Secondo conflitto mondiale.

Arrivare al ridicolo è un attimo

Ricapitoliamo gli ultimi fatti. Al cosiddetto Parlamento europeo che non è un vero Parlamento, come abbiamo già spiegato a suo tempo, lo scorso 19 settembre è stata messa ai voti una risoluzione non vincolante sulla revoca delle restrizioni all’uso delle armi date dai Paesi membri dell’Ue all’Ucraina, onde potere colpire obiettivi militari offensivi in territorio russo. I membri italiani dell’Assemblea, eletti nelle liste dei rispettivi partiti nazionali e poi raggruppati a Strasburgo in base alle sigle politiche europee, hanno votato come abbiamo già detto. Lo hanno fatto, a seconda dei casi, anche in dissenso rispetto alle indicazioni dei propri gruppi europei di appartenenza. 

Tutti quelli del centrodestra italiano (Forza Italia compresa, salvo una defezione) e tutti quelli del centrosinistra italiano (Pd compreso, salvo un paio di eccezioni) hanno detto no alla proposta di conferimento di armi a Kiev senza limiti di gittata. Quindi, nel voto finale sull’insieme della risoluzione di sostegno all’Ucraina, Fratelli d’Italia, Forza Italia e Pd hanno votato sì, abbandonando gli altri connazionali contrari a tutta la mozione (Movimento 5 Stelle ed Alleanza Verdi Sinistra). Tutto questo fa ridere? Abbastanza. Siccome, però, si tratta del Paese, ridere non è la cosa migliore da fare, né tantomeno può essere l’unica. E allora, proviamo a ragionare sulla questione.

Tra Usa e Russia rivalità permanente

L’Ucraina, come la Bielorussia, rappresenta per Mosca una linea rossa insuperabile della sua geopolitica europea. Tradotto: la Russia, sin dalla fine dell’Urss, ha senz’altro chiarito a Washington che Kiev e Minsk non avrebbero dovuto – e potuto – in nessun caso sottrarsi alla sua influenza. Sorte (benigna, dal loro punto di vista) toccata, invece, a tutti i Paesi del disciolto Patto di Varsavia e persino alle Repubbliche baltiche, che erano state direttamente sovietiche. Insomma: niente adesione alla Nato per Piccola Russia e Russia Bianca (altri nomi zaristi, molto eloquenti, per Ucraina e Bielorussia).

A Minsk, resiste al potere da 30 anni il fidato (per la Russia) Lukashenko. Su Kiev, invece, gli Stati Uniti hanno puntato molto, sin dalla cosiddetta “Rivoluzione arancione” di vent’anni fa. Dobbiamo persuaderci che, ad onta dei pareri di analisti a stelle e strisce che per anni, una settimana sì e l’altra no, scrivevano sui giornali occidentali che la Russia sarebbe un gigante dai piedi d’argilla, il logoramento di Mosca è un obiettivo stabile (cioè di lungo periodo) di Washington. Perché la Russia è per dimensioni, popolazione, risorse ed armamento nucleare una potenza mondiale e gli Stati Uniti non amano concorrenti. Ultimamente, la nuova vulgata è che Putin sia un altro subordinato della Cina come Kim Jong-un e che lo sia diventato per colpe proprie. Storicamente, però, è la Cina ad essere stata dominata dai giapponesi e dai russi e l’atomica gli Usa l’hanno sganciata sull’impero del Sol Levante.

Zone d’influenza e politica estera

L’insediamento di Zelensky a Kiev, 5 anni fa, ha rappresentato il coronamento della politica americana di attrazione dell’Ucraina nell’ambito occidentale. Viene da sorridere ripensando a quando i grandi media occidentali (compresi i nostri) dicevano che il presidente americano Joe Biden avrebbe proposto al leader ucraino di riparare all’estero, dopo l’invasione del 2022: perché, non erano stati forse gli Usa a propiziarne l’affermazione elettorale nel 2019? Similmente, si può pensare che Putin non abbia voluto neutralizzare Zelensky, perché la posizione personale di quest’ultimo è un’ulteriore linea rossa concordata tra i due vecchi nemici della Guerra fredda. Usa e Russia, infatti, riservatamente si parlano, anche se il presidente americano si è pregiato in passato di dare dell’assassino all’omologo russo nell’ambito di un’intervista televisiva ad uso e consumo internazionale, più che non interno.

Zelensky è l’emblema dell’Ucraina che resiste, ovvero è la garanzia che quest’ultima continui in qualche modo a farlo? Possono essere vere entrambe le ipotesi. Una cosa è certa: la posta in gioco non è l’indipendenza dell’Ucraina, ma la sua soggezione ad una piuttosto che all’altra zona d’influenza. La politica estera si è sempre fatta e si farà sempre per zone d’influenza. Il gasdotto tedesco Nord Stream 2 l’hanno sabotato davvero degli ubriachi ucraini, come anche un quotidiano italiano si è azzardato a scrivere? O piuttosto, non è stato fatto saltare dagli anglo-americani per impedire al principale Paese europeo di approvvigionarsi di gas russo? La Germania e con lei l’Europa sono in una zona d’influenza, o no?

L’irrilevanza europea, italiana e… 

Dette un po’ di cose senza più il rischio d’incorrere in scomuniche, veniamo alla questione delle armi. Il problema del coinvolgimento occidentale nel conflitto tra Russia e Ucraina non si è mai posto come tale, nel senso che il conflitto è originariamente tra Russia e Usa. Nonché per il fatto che statunitensi e britannici, da prima del febbraio 2022 e anche dopo, sono implicati su quel terreno a vario titolo. Il vero punto dolente è un altro: la Russia è, con gli Stati Uniti, la principale potenza atomica mondiale e l’ipotesi di violarne militarmente il territorio (seriamente, non come il diversivo di Zelensky nel Kursk) è un terreno inesplorato. Tanto più che la disponibilità sopravvenuta del nucleare tattico (dagli effetti più limitati, benché comunque micidiali) complica la prevedibilità della dottrina russa al riguardo, al netto delle scaramucce verbali. Il problema è tutto qui.

Rispetto a queste questioni, l’Europa conta nulla e l’Italia altrettanto. Una politica totalmente ripiegata su se stessa ne approfitta per sguazzare in un brodo di retorica totalmente disancorata dalla realtà. Angelo Panebianco, sul Corriere della Sera di ieri l’altro, ha scritto dell’imbarazzo italiano sulle armi occidentali da impiegare in Russia. Secondo noi, il professore non sbaglia a metà. Dice la verità, quando sostiene che l’adesione italiana alla causa delle democrazie è tiepida e interessata. Non dice la verità, quando non ammette che abbracciare senza riserve l’osservanza del più rigoroso atlantismo sia parte della debolezza dell’Italia e dell’Europa. La riflessione di Panebianco si chiude con l’auspicio che europei e italiani si rendano conto di dovere pensare alla propria sicurezza, ma per lui la prima scelta (tuttora l’unica) è l’obbedienza americana.

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Corrado Cavallotti è laureato con lode in Giurisprudenza all’Università Cattolica. Ha vinto il Premio Gemelli 2012 per il miglior laureato 2010 della Facoltà di Giurisprudenza di Piacenza. Ama la storia, la politica ed è appassionato di Chiesa. Scrive brevi saggi e collabora con il periodico Vita Nostra.

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