Atac, un esempio per tutti: facciamo una foto al trasporto pubblico romano. 4 milioni di passeggeri al giorno. 1.285 chilometri quadrati di area “servita”. 12.000 dipendenti, di cui solo 7.000 autisti (Alitalia ne ha 11.300). 1,35 miliardi di euro di debito accumulato. 2.500 mezzi, dei quali – secondo i dipendenti – circa la metà inutilizzabili. 12,72% il tasso di assenteismo riscontrato. 3 linee di metropolitana (Parigi 16, Londra 11, Madrid 12, Berlino 10). Uno o due scioperi al mese da anni, proclamati da ben 11 differenti sigle sindacali, alcune delle quali che rappresentano pochissimi dipendenti.
E l’Atac è solo uno dei problemi di Roma, forse neppure il più grave, anche dopo le dimissioni del direttore generale Bruno Rota. Per raccontarli tutti ci vorrebbe un saggio. E non basterebbe un volume di mille pagine. Ma noi ci vogliamo provare in queste poche righe. Per dare il senso di un’emergenza vera, assoluta. L’istantanea di un disastro che sta per arrivare a compimento nella capitale italiana.
Roma e la crisi dell’acqua
Pensiamo alla gestione quantomeno discutibile delle forniture idriche. In diverse zone di Roma l’acqua potabile non sarà più razionata com’era stato paventato in questi giorni. Come mai? Perché il presidente della Regione Lazio, il Pd Nicola Zingaretti, ha acconsentito a prelievi limitati dal lago di Bracciano. Ma dall’invaso l’Acea, la società romana dell’acqua, preleva solo l’8% del suo fabbisogno. E l’assenza di questo 8% avrebbe dovuto portare a un razionamento? D’altra parte c’era già chi sorrideva di quella che sembrava solo una sceneggiata. Col 1° di agosto, anche senza raggiungere i tassi di spopolamento degli Anni 80, Roma vedrà la partenza di molte famiglie per le vacanze. Secondo alcune stime la popolazione della capitale potrebbe calare del 30%. E anche il consumo dell’acqua potabile dovrebbe ridursi di conseguenza. Allora, lago di Bracciano o no, come mai occorreva razionarla? Non servirebbe invece un piano strutturale messo in piedi velocemente, partendo dal risanamento di condutture colabrodo? A Roma infatti le perdite idriche sono passate in 6 anni dal 27% del 2011 al 44,4% del 2016.
La “non mafia capitale” e l’Irpef dei romani
E non possiamo dimenticare la recente sentenza su “mafia capitale” che, pur negando che a Roma ci si trovi di fronte ad un sistema di tipo mafioso, tra le righe conferma l’intreccio malaffare-affari-comune e irroga pesanti condanne.
In questo quadro da inferno dantesco, i cittadini della capitale hanno anche le tasse più elevate di tutti. Perché il dissesto dell’amministrazione capitolina ricade sulle addizionali Irpef di tutti i romani che pagano servizi non all’altezza. Un esempio? La raccolta dei rifiuti, gestita dalla municipalizzata Ama, è sempre in emergenza. E la differenziata non decolla, visto che è solo al 44,2% (+1,6% sullo stesso periodo del 2016).
In sostanza: tariffe alle stelle contro servizi da terzo mondo. Colpa del sindaco 5 Stelle Virginia Raggi? O sarà colpa di Marino, Alemanno, Veltroni e Rutelli, che dal 1993 a ieri hanno amministrato la Capitale?
L’Atac e il caso Rota
Si potrebbe chiedere a Bruno Rota, 62enne milanese, già risanatore dell’azienda trasporti di Milano. Il manager era stato chiamato in aprile dalla Raggi per sistemare una volta per tutte la disastrata omologa capitolina. Anche se molti ritengono che la designazione fosse arrivata direttamente dalla Casaleggio Associati. Rota, direttore generale di Atac, intervistato dal Corriere della Sera, ha sparato ad alzo zero. Secondo lui l’Atac non può che portare i libri in tribunale. L’enorme debito accumulato non consente più di riparare i mezzi e di fare un minimo di manutenzione. Gli stipendi possono essere pagati solo chiedendo ogni fine mese la liquidità necessaria al comune. Il tasso di assenteismo è spaventoso, ma molto difficilmente riducibile, e ci sono persone che lavorano solo tre ore al giorno.
La figuraccia dell’Atac a 5 Stelle
Tutti con lui? Ma nemmeno per sogno. Il 28 luglio gli sono state ritirate le deleghe dall’Atac. E Rota per tutta risposta ha reso nota la sua lettera di dimissioni del 21 luglio, sulla quale, ha dichiarato, gli avevano chiesto di soprassedere. D’altra parte, dopo l’intervista, il vicepresidente dell’assemblea capitolina e presidente della commissione mobilità del comune, il grillino Enrico Stefàno, era andato subito all’attacco del manager, sostenendo che Rota aveva avuto carta bianca dalla Raggi. E quindi, se avesse voluto licenziare i dirigenti responsabili del disastro, lo avrebbe potuto fare. Così Rota ha calato l’asso, raccontando che dai 5 stelle gli sono arrivate solo raccomandazioni per i loro protetti. Risultato? Adesso anche lui fa le valige e lascia Roma. Niente di nuovo sotto il sole, direte, anche se molti speravano che con l’avvento dei “marziani” grillini sarebbe cambiato qualcosa.
Roma: non c’è più tempo
Insomma, alla fine di chi è la colpa? Ritorniamo all’esempio dei 12.000 dipendenti di Atac. Rappresentano un bacino di voti almeno 4 o 5 volte più cospicuo. Moltiplicatelo per Ama e Acea. Di conseguenza né Rutelli, né Veltroni né Marino e men che meno Alemanno probabilmente hanno ritenuto di intervenire con decisione fin che si era in tempo.
La Raggi è arrivata in Campidoglio poco più di un anno fa e gli errori che ha commesso sono sotto gli occhi di tutti. Tra dimissioni di assessori e dirigenti cacciati o in galera è dalla sua elezione che ci riempie le serate dei talk show. Ciò nonostante, vogliamo continuare a sperare che prima della fine del suo mandato potrà fare qualcosa di buono per Roma. Ma al di là del colore politico ha bisogno dell’aiuto di tutti. Dei romani, della Regione e del Governo, prima che sia davvero troppo tardi. Perché il punto di non ritorno non è mai stato così vicino.
Massimo Solari è avvocato cassazionista e scrittore. Ha pubblicato diversi volumi sulla storia di Piacenza e alcuni romanzi. Ha tenuto conferenze e convegni sulla storia di Piacenza. Ha collaborato con le riviste Panoramamusei, L'Urtiga, e scrive sul quotidiano Italia Oggi.