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Berlusconi cede in Sicilia, ma a Roma?

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Berlusconi ha deciso. Alle regionali siciliane è fatta per Nello Musumeci, candidato unitario del centrodestra. Sarà un laboratorio per l’alleanza a livello nazionale? Molto dipenderà dalla legge elettorale. Se non dovesse cambiare, Berlusconi si terrà le mani libere. Anche in attesa della sentenza sulla propria incandidabilità.
La soluzione dell’impasse nell’isola è il ticket con Gaetano Armao, l’avvocato palermitano sul cui nome si è impuntato per un po’ il leader di Forza Italia. Già legato a Cuffaro ed ex assessore della giunta Lombardo, Armao dovrebbe essere il vice di Musumeci con deleghe di peso. Sempre che la coalizione riesca a insediarsi a Palazzo d’Orleans. Quindi l’indicazione di Musumeci da parte di Fratelli d’Italia e Lega, dopo il rifiuto di Forza Italia di consentire le primarie, sembra aver pagato.  

Gli avversari del centrodestra

Le elezioni siciliane si terranno il prossimo 5 novembre. Le liste vanno chiuse il 20 settembre. Gli sfidanti accreditati sono Giancarlo Cancelleri per il Movimento 5 stelle, e Fabrizio Micari (rettore dell’Università di Palermo) per il Partito democratico e Alleanza Popolare. Mdp, contro l’accordo Renzi-Alfano, punta su Claudio Fava, spiazzando Pisapia, che lavorava al centrosinistra allargato. Non si può dimenticare nemmeno il presidente uscente Rosario Crocetta, scaricato da Renzi, ma deciso a dare battaglia.

Come si vota in Sicilia

Il sistema elettorale siciliano è proporzionale con sbarramento al 5%, con un correttivo maggioritario eventuale; 62 dei 70 deputati dell’Assemblea sono eletti in base ai voti di lista. I due candidati presidente più votati entrano di diritto. Risulta eletto Presidente il candidato della lista più votata. Quest’ultima può vedersi assegnata un bonus di 7 seggi, ma solo però se le occorre per ottenere la maggioranza. Qualora l’avesse già ottenuta con i voti di lista, i seggi del listino vengono ripartiti proporzionalmente fra tutte le liste. Potrebbe però anche accadere che i 7 seggi non bastino a dare la maggioranza alla lista più votata. In questo caso, si dovranno trovare accordi in seno al parlamento regionale.

Berlusconi da Palermo a Roma

A questo punto però l’aspetto più interessante della vicenda, in chiave nazionale, è il comportamento di Berlusconi. Quasi 25 anni fa, praticamente si è inventato il centrodestra. Prescindendo dalle ragioni che lo spinsero a farlo, la sua è stata un’intuizione geniale. Estro, determinazione, talento per la comunicazione e il polso del consenso sono le sue doti politiche. Anche il ripiegamento finale su Musumeci, dopo averne saggiato la tempra logorandolo nell’attesa, sembra sia dovuto ai sondaggi. La Sicilia potrebbe così replicare le esperienze di Lombardia e Veneto, dove governano Maroni e Zaia, confermando il maggior radicamento sul territorio degli alleati di Forza Italia. Ma se da Palermo ci spostiamo a Roma, le cose cambiano.

Tra Pd e aziende di famiglia

Su scala nazionale, infatti, la resistenza di Berlusconi all’insidia per la propria leadership assume ben altra consistenza. Perché l’inversione nei rapporti di forza con la Lega va ancora provata. E poi perché l’alleanza con Salvini e Fratelli d’Italia gli pone due grossi problemi, uno all’interno e l’altro in Europa.
Sul fronte interno
, è chiaro che l’ex premier si senta più garantito da un’intesa con il Partito democratico. Renzi ha perso molto, forse si è bruciato, ma è ancora il “padrone” del partito. Soprattutto, il Pd è ancora largamente la compagine dell’establishment istituzionale. Quindi, per il Berlusconi imprenditore, che non ha mai dimenticato le aziende di famiglia, andare d’accordo con chi conta negli apparati dello Stato è essenziale. Specie quando, come ora, la concorrenza estera (Bolloré, Murdoch) prende coraggio e incalza.

Berlusconi e i rapporti con l’Europa

Sul versante continentale, l’imbarazzo di Berlusconi – socio del Ppe – di fronte all’estremismo verbale degli alleati domestici è evidente. Il leader di FI non può dimenticare che, retorica dei “colpi di stato” a parte, la sua caduta nel 2011 venne su questo punto. Il centrodestra europeo, al governo in Germania e in Francia, gli aveva chiesto di rientrare sul debito come Paese. E di farlo con politiche liberiste e impopolari. La Lega glielo impedì e così lui si arrese, travolto dalla speculazione finanziaria internazionale e dalle defezioni parlamentari. Quindi, prima di legarsi a chi parla di Bruxelles come della peste, chi punta a tornarci a nome dell’Italia è giusto che ci pensi.

Padre nobile, padre padrone, oppure ostaggio?

L’ex premier dunque fa bene a interrogarsi per capire se insieme a Lega e Fratelli d’Italia possa sostenere i rapporti con Bruxelles e con l’asse franco-tedesco. E anche per questo in politica interna deve fare una scelta di campo possibilmente chiara. Altrimenti, al di là delle ambizioni personali, Berlusconi da inventore del centrodestra rischia ancora una volta di essere colui che lo prende o ne diviene ostaggio.

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Corrado Cavallotti è laureato con lode in Giurisprudenza all’Università Cattolica. Ha vinto il Premio Gemelli 2012 per il miglior laureato 2010 della Facoltà di Giurisprudenza di Piacenza. Ama la storia, la politica ed è appassionato di Chiesa. Scrive brevi saggi e collabora con il periodico Vita Nostra.

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