Blue Whale: parafrasando Marx anche noi possiamo dire che “uno spettro si aggira per l’Europa”. In questo caso non stiamo parlando del Comunismo, anche se la notizia arriva dalla Russia. Parliamo di morti, di adolescenti e di social network. La notizia, in questo caso, sarebbe sensazionale e drammatica. Diverse decine di ragazzi vengono irretiti sui social da misteriosi amministratori, detti anche tutor. Il tutto sarebbe iniziato attraverso una pagina che si chiamava f57 e che si trovava sul social Vkontakte, il facebook russo, oggi cancellata.
Un lavaggio del cervello
Questi tutor sottopongono i ragazzi a prove iniziatiche bizzarre e autolesionistiche. “Esegui dei tagli sulle braccia, non troppo profondi, fotografali e inviali al tutor. Svegliati nella notte e guarda il video horror che ti mando. Tatuati le lettere f57 sul polpaccio, fotografale e inviale al tutor…”. Fino ad indurli, dopo 50 giorni di questa “terapia”, a recarsi sulla sommità di un palazzo per la prova finale: gettarsi nel vuoto, ovviamente filmando tutto. Il giornale russo, Novaya Gazeta, in un articolo del 16 maggio 2016 racconta: “Abbiamo contato 130 suicidi di ragazzi accaduti in Russia tra novembre 2015 e aprile 2016. Quasi tutti facevano parte degli stessi gruppi su internet”. E naturalmente l’articolo ha scatenato il panico.
I servizi delle Iene
La “moda” sembra arrivata anche in Italia quando il 4 febbraio scorso alle prime ore del mattino un 15enne di Livorno entra nel palazzo più alto della città. Sale fino al 26esimo piano. E si butta giù. Il programma “Le iene” ne parla il 14 maggio scorso, aumentando l’effetto panico tra il pubblico italiano. Anche se a guardare il servizio di Matteo Viviani resta qualche dubbio sulla reale correlazione tra i suicidi degli adolescenti e il macabro gioco online, mancando la parola delle autorità russe che starebbero svolgendo le indagini. Una settimana dopo, sempre Viviani intervista Elisabetta Mancini, primo dirigente della direzione anticrimine della polizia. La Mancini racconta di tre segnalazioni a seguito del servizio tv delle Iene su Blue Whale. Invita a non sottovalutare il fenomeno e conferma le indagini della polizia.
Blue Whale, qualche colpo di freno
Se allarghiamo lo sguardo su giornali e tv, da un lato si susseguono gli allarmi su possibili nuovi casi di ragazzi irretiti da Blue Whale. Ma dall’altro finora non è emersa alcuna prova tangibile che colleghi in modo sistematico il gioco social alle morti. Qualche testata afferma che la notizia dei 130 suicidi (157 per Le Iene) non è nemmeno confermata dalle autorità russe. E comunque l’ipotesi di una rete organizzata via web con l’obiettivo di manipolare adolescenti, fino a spingerli al suicidio, non ha trovato al momento alcun riscontro. Per diversi osservatori resta più probabile che si tratti di un fenomeno che sta crescendo in rete autoalimentato dagli stessi ragazzi. Tra emulazione e istigazione a provare il brivido del gioco.
Un fatto concreto
Le autorità russe intanto hanno arrestato il ventenne Philiph Budeikin con l’accusa di istigazione al suicidio. Il ragazzo, studente di psicologia, sarebbe stato uno dei “tutor” dietro al Blue Whale. Secondo Anton Breido, che ha coordinato l’inchiesta, ci sarebbero prove di un teenager arrivato fino alle “fasi finali” del gioco. Ma poi si è tirato indietro. Budeikin ha raccontato ai media russi di aver creato la pagina f57. E in un delirio di onnipotenza ha dichiarato in un interrogatorio: “Ci sono le persone e gli scarti biologici. Io selezionavo gli scarti biologici, quelli più facilmente manipolabili, che avrebbero fatto solo danni a loro stessi e alla società. Li ho spinti al suicidio per purificare la nostra società”.
Un po’ di autocritica
La notizia vera è l’arresto di un folle. E il resto è solo una bufala? Troppo presto per dire una parola definitiva. Tantomeno per ergersi a censori dei social o di quella che negli Anni 60 del secolo scorso definivamo “gioventù bruciata”. Non appare invece strano che il fenomeno sia nato proprio nel Paese che nell’800 inventò la roulette russa, chiara antesignana di Blue Whale. Che i nostri ragazzi siano fragili non lo scopriamo adesso. Che noi genitori dobbiamo essere sempre al loro fianco, percependone anche il minimo problema è storia vecchia. Ma la considerazione più amara che possiamo trarre, comunque sia andata, è che il mondo che consegnamo alle nuove generazioni, forse, non è così attraente da meritare di essere vissuto.
Massimo Solari è avvocato cassazionista e scrittore. Ha pubblicato diversi volumi sulla storia di Piacenza e alcuni romanzi. Ha tenuto conferenze e convegni sulla storia di Piacenza. Ha collaborato con le riviste Panoramamusei, L'Urtiga, e scrive sul quotidiano Italia Oggi.