Bonaccini: di tutto di più. Sarà perché siamo alla vigilia del 25 aprile e la parola “Liberazione” fa il paio con quello che tutti si aspettano per l’emergenza Coronavirus. Ma come ben sappiamo questo riscatto purtroppo stenta ad arrivare. Così per il momento il presidente dell’Emilia-Romagna si prodiga nel promettere iniziative a tutto campo, in particolare rivendicando il ruolo della sanità pubblica.
Il Governatore infatti è partito all’attacco senza mezzi termini: “Chi vuole più sanità privata non sa di cosa parla. Servono più investimenti nella sanità pubblica per oggi e domani”, ha dichiarato ad Agorà su Rai3. “Dobbiamo pensare a una medicina più di territorialità e meno ospedaliera, con più investimento nel pubblico. Si è investito troppo poco nella sanità pubblica, servono più risorse; l’idea di una sanità che sia più privata che pubblica, cioè che curi più gli ospedali, dove una persona è presa in cura e non in carico, è un’idea sbagliata”, ha sostenuto Bonaccini.
I ritardi sui test
Sul fatto che la sanità privata sia operativa soprattutto in ambito ospedaliero rimane più di un dubbio. Basterebbe solo ricordare al presidente Bonaccini tutti i laboratori privati che potrebbero affiancare quelli pubblici per l’analisi di tamponi e test sierologici sul Covid-19. Uno stop che è ancora in atto in Emilia-Romagna. E che nonostante gli annunci, anche per mancanza dei tamponi, continua a rallentare questa strategia territoriale utilissima per identificare più contagiati e quindi per fermare l’epidemia. Non solo: la necessità di utilizzare anche i laboratori privati è sempre più urgente per la fase 2, vista l’esigenza delle aziende di testare a tappeto i loro lavoratori, come richiesto dalle autorità.
Pubblico o privato?
Ma più in generale basterebbe ricordare al Governatore tutte le strutture ambulatoriali private che offrono assistenza sanitaria più o meno convenzionata sul suo territorio e che garantiscono prestazioni di qualità, coesistendo in modo positivo con quelle pubbliche. Senza dimenticare che se qualcuno vuol puntare il dito sulla gestione di case di riposo o Rsa, sappiamo bene che il disastro non è avvenuto solo in Lombardia, ma anche in Emilia-Romagna. E ha coinvolto tutti: strutture private e strutture pubbliche, comprese quelle adibite ai controlli, accomunate in una sola tragica débâcle.
Hub per tutti gli ospedali
Anche sul fronte ospedaliero sorge qualche perplessità, se si tiene conto di altre dichiarazioni fatte dal Governatore emiliano-romagnolo. Stavolta Bonaccini parla nel “Filo diretto” con i cittadini (che tanto diretto non è, perché non si tratta di un botta e riposta, ma solo di un lungo video sulla pagina Facebook della Regione per rispondere anche alle loro domande inviate in precedenza). E qui, come dicevamo, il Governatore aggiusta il tiro sulla sanità ospedaliera. Dopo tutte le polemiche sull’Hub nazionale di Terapia Intensiva aperto solo in sei ospedali di quattro città, Bonaccini annuncia che ai primi 150 posti letto della rete Covid Intensive Care da 26 milioni di euro che sarà inaugurata tra maggio e giugno, ne verranno aggiunti altri. “Rimarranno per sempre in quattro città della nostra regione, a Bologna a Rimini, a Modena e a Parma; e poi verranno estesi a tutti gli ospedali dell’Emilia-Romagna”. Quindi, anche se non è chiaro come e quando avverrà, la Regione continua a investire eccome sulla sanità pubblica anche ospedaliera.
Troppa burocrazia
Intanto agli annunci a raffica di Bonaccini rispondono indirettamente i medici di Piacenza. Sempre oggi, in una nota diramata dall’Ordine professionale della provincia emiliana, i medici per prima cosa chiedono regole chiare e tempestive a Governo e Regione, con test e tamponi accessibili anche ai privati ed aziende. Ma soprattutto, oltre alla necessità di indispensabili modifiche organizzative per la gestione degli ambulatori, chiedono a chiare lettere una semplificazione sostanziale dei troppi adempimenti burocratici.
Il caso ticket
Sì, perché di burocrazia nella sanità pubblica ce n’è tanta. E forse il presidente Bonaccini si dovrebbe spendere per ridurne il peso, che grava non solo sulle spalle dei medici ma anche su quelle economiche dei cittadini. Basti pensare solo a un esempio: la Regione Emilia-Romagna ha cambiato le regole per le ricette sulle prestazioni cicliche. Sono quelle per i pazienti sottoposti a una lunga cura, che periodicamente devono accedere alle strutture ospedaliere. Prima con una sola richiesta del medico di famiglia il paziente aveva diritto a otto prestazioni, pagando un ticket minimo di circa 36 euro. Oggi il numero di prestazioni consentite dalla prescrizione del medico di famiglia è sceso a tre. Ma il ticket per questi pazienti non si è ridotto in proporzione. E quindi il costo della cura per loro è aumentato di quasi il 300%. Solo un problema di burocrazia?
Giovanni Volpi, giornalista professionista, è il direttore del Mio Giornale.net. Ha iniziato al Sole-24 Ore nel 1993. Dieci anni dopo è passato in Mondadori, a Tv Sorrisi e Canzoni, dove ha ricoperto anche il ruolo di vicedirettore. Ha diretto Guida Tv, TelePiù e 2Tv; sempre in Mondadori è stato vicedirettore di Grazia. Ha collaborato con il Gruppo Espresso come consulente editoriale e giornalistico dei quotidiani locali Finegil.