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Brexit: è il nodo d’Irlanda che blocca la May

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La premier britannica Theresa May

Brexit: Theresa May ha preso con filosofia la sua terza sconfitta consecutiva alla Camera dei Comuni. Chiede un nuovo rinvio all’Unione europea e e si appresta, con una determinazione tutta britannica, a tentare la sorte per la quarta volta, sempre che il potente e bizzarro speaker della Camera, John Bercow, glielo consenta.
Quello che però spiegano difficilmente i media è perché la Camera dei Comuni (l’equivalente della nostra Aula di Montecitorio) è così contraria alla May. Il motivo, come sempre, è tutto economico, e passa dall’Irlanda.

Il confine della discordia

Il giorno in cui la Brexit dovesse entrare in vigore, tutti i confini tra la Ue e il Regno Unito dovrebbero chiudersi alla libera circolazione delle persone e delle merci, salvo accordi da negoziare con i singoli Stati. E se la chiusura è “facile” per l’isola britannica, diventa un rebus per l’unico confine terrestre. E cioè quello tra l’Irlanda del Nord e l’Eire, membro della Ue a tutti gli effetti.

Secondo gli accordi, anche quello dovrebbe restare chiuso. E qui partono le dolenti note, perché l’Irlanda del Nord, che pure aveva votato al 50% per la Brexit e al 50 per il Remain, riesce a sopravvivere alla crisi del suo settore cantieristico – praticamente l’unica industria della regione – solo grazie agli scambi commerciali con l’Eire.

L’accordo del Venerdì Santo

In più, non si può dimenticare l’accordo del Venerdì Santo, firmato da Repubblica d’Irlanda e Regno Unito il 10 aprile del 1998. Metteva fine al terrorismo nord irlandese e garantiva che i confini tra i due Paesi sarebbero rimasti aperti per sempre. Una chiusura determinata dalla Brexit metterebbe in forse quest’accordo. E potrebbe scatenare una nuova stagione di attentati e violenze.

È per questo che i deputati conservatori dell’Irlanda del Nord votano contro la loro leader, facendole mancare ogni volta la maggioranza ai Comuni, uniti ai 10 deputati unionisti nord irlandesi del Dup (Democratic Unionist Party).

Brexit e Backstop

Il negoziatore della Ue, Michel Barnier, ha teso una mano: perché non lasciamo l’Irlanda del Nord nell’area doganale europea? Ma né la May né i sostenitori della Brexit vogliono lasciare alle loro spalle una falla di quel genere, che vedono come una evidente violazione della loro sovranità. E poi, come impedire che le merci europee, una volta entrate a Belfast e dintorni, non vadano a finire in Scozia o nel Galles? La soluzione proposta da Barnier per l’Irlanda del Nord si chiama “Backstop” (rete di protezione), ma a questo punto sembra che non abbia speranze di essere accolta.

L’ultima chance 

Negli ultimi giorni la May sembra accarezzare un’idea che salverebbe capra e cavoli e che sembra scaturita dalla fervida mente di qualche immaginifico politico italiano. La premier britannica pensa a una “clausola di salvaguardia” che consenta al confine terrestre irlandese di restare aperto per un certo numero di anni, mentre si cerca la soluzione che possa far quadrare il cerchio. Ma probabilmente una via d’uscita così pasticciata sarà ancora una volta bocciata dal parlamento britannico (e sarebbe la quarta consecutiva).

Parole chiave

In attesa degli eventi, vi proponiamo un breve ripasso delle parole chiave della vicenda. Cominciamo proprio da lei: “Brexit” è la sintesi delle due parole “Britain” (Britannia) ed “Exit” (Uscita). Si contrappone al “Remain”, in italiano rimanere, sottinteso in Europa. “No Deal” letteralmente vuol dire invece nessun accordo; ma si può tradurre anche in niente da fare. E fa rima con la “Hard Brexit”, che significa uscita difficile, sempre dalla Ue, ovviamente.

Meno frequenti sono i termini “Leaver”, colui che lascia, e “Have our cake and eat it”. Quest’ultimo è il modo di dire più divertente. Partendo dal proverbio inglese che afferma che “se hai mangiato la torta questa non c’è più” l’immaginifico Boris Johnson, già sindaco di Londra e ministro degli esteri, durante la campagna elettorale per il referendum sulla Brexit aveva affermato che se avesse vinto l’uscita dall’Unione gli inglesi avrebbero potuto sia avere la torta che mangiarla. Voleva dire che uscendo avrebbero goduto di tutti i vantaggi della Ue senza subirne i diktat. Facile affermare che il biondo Boris si sbagliava di grosso. Tanto che ora il Regno Unito rischia di non avere più la torta e senza neppure averla assaggiata.

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Massimo Solari è avvocato cassazionista e scrittore. Ha pubblicato diversi volumi sulla storia di Piacenza e alcuni romanzi. Ha tenuto conferenze e convegni sulla storia di Piacenza. Ha collaborato con le riviste Panoramamusei, L'Urtiga, e scrive sul quotidiano Italia Oggi.

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