Busta paga: Milano sul tetto d’Italia, seguita dalle province dell’Emilia, ma Piacenza resta indietro. A mettere in fila gli stipendi dei lavoratori dipendenti nel settore privato è la Cgia di Mestre. Secondo il report dell’Ufficio studi dell’associazione, elaborato sui dati Inps 2021, in provincia Milano un lavoratore dipendente ha percepito una retribuzione media annua di 31.202 euro; ben 9.334 euro (+42,7%) oltre la media nazionale di 21.868 euro.
Il poker emiliano
Dopo Milano, ecco un poker tutto emiliano e se vogliamo sorprendente. Parma infatti è stata la seconda provincia italiana per busta paga più alta nel settore privato, con un importo pari a 25.912 euro lordi annui (+4.044 euro e +18,5% rispetto alla media nazionale). Segue Bologna, al 3° posto, con 25.797 (+3.928 euro; +18%). Subito giù dal podio troviamo Modena con 25.722 euro (+3.854 euro;+17,6%) e poi Reggio Emilia, che con 25.556 euro (+3698 euro;+16,9%) chiude la top five nazionale.
Come si spiega questo exploit (vedi la tabella a fine articolo), che surclassa storiche roccaforti produttive come, per esempio, Torino, Bergamo e Vicenza? Per la Cgia è merito della “forte concentrazione di settori ad alta produttività e a elevato valore aggiunto, come la produzione di auto di lusso, la meccanica, l’automotive, la meccatronica, il biomedicale e l’agroalimentare”. Un tessuto imprenditoriale che “ha ‘garantito’ alle maestranze di questi territori buste paga molto pesanti”.
Piacenza e dintorni
Per trovare la provincia di Piacenza, al centro dell’asse Milano-Bologna, bisogna scorrere invece la classifica fino al 29° posto nazionale. E la differenza nella busta paga è notevole rispetto agli altri stipendi incassati lungo la Via Emilia. A Piacenza infatti un lavoratore dipendente del settore privato nel 2021 ha guadagnato 22.487 euro lordi annui. Solo il 2,8% in più della media nazionale, con un surplus di 618 euro; e ben 3.425 euro in meno di un collega di Parma. Una differenza che probabilmente si spiega per la forte incidenza della logistica nel territorio piacentino, che anche attraverso il filtro delle cooperative impiega migliaia di lavoratori con stipendi inferiori rispetto a quelli garantiti dai contratti nei settori manifatturieri delle altre province emiliane.
Meglio di Piacenza hanno fatto anche alcune province limitrofe, come per esempio quelle di Lodi, Cremona e Alessandria. Lodi è all’11° posto nazionale con una busta paga da 24.143 euro; mentre a Cremona, in 19ª posizione, un lavoratore del settore privato in media ha avuto uno stipendio lordo annuo di 23.305 euro. Alessandria invece è al 20° posto in Italia, e in provincia la busta paga di un lavoratore nel privato è arrivata a 23.177 euro.
Chi sta peggio
Secondo il report della Cgia, che esclude operai agricoli e domestici e ricomprende un bacino di 16,2 milioni di lavoratori, i dipendenti privati con la busta paga più povera nel 2021 “si trovavano a Nuoro, dove percepivano una retribuzione media lorda annua pari a 13.338 euro, a Cosenza con 13.141 euro e a Trapani con 13.137 euro. I più ‘sfortunati’, infine, lavoravano a Vibo Valentia dove in un anno di lavoro hanno portato a casa solo 11.823 euro”.
Le radici del gap salariale
Per la Cgia, l’applicazione da anni del contratto collettivo nazionale di lavoro (Ccnl) “ha prodotto solo in parte gli effetti sperati. Le disuguaglianze salariali tra le ripartizioni geografiche sono rimaste; perché nel settore privato le multinazionali, le utilities, le imprese medio-grandi, le società finanziarie, assicurative, bancarie – che tendenzialmente riconoscono ai propri dipendenti stipendi molto più elevati della media – sono ubicate prevalentemente nelle aree metropolitane del Nord”. E dispongono “di una quota di personale con qualifiche professionali sul totale molto elevata (manager, dirigenti, quadri, tecnici, e così via), con livelli di istruzione alti, a cui va corrisposto uno stipendio importante”.
Non va però nemmeno dimenticato “che il lavoro irregolare è diffuso soprattutto nel Mezzogiorno; e da sempre questa piaga sociale ed economica provoca un abbassamento dei salari contrattualizzati dei settori (agricoltura, servizi alla persona, commercio e così via), ubicati nelle aree interessate da questo fenomeno”. Tuttavia, “se invece di comparare il dato medio tra aree geografiche diverse lo facciamo tra lavoratori dello stesso settore, le differenze territoriali si riducono e mediamente sono addirittura più contenute di quelle presenti in altri Paesi europei”.
Come sanare le diseguaglianze?
Secondo l’associazione di Mestre, “più che istituire un minimo salariale per legge andrebbe contrastato l’abuso di alcuni contratti a tempo ridotto. Per innalzare gli stipendi dei lavoratori dipendenti, in particolar modo di quelli con qualifiche professionali minori, bisognerebbe continuare nel taglio dell’Irpef e diffondere maggiormente la contrattazione decentrata”, di secondo livello. Oggi coinvolge “solo 3,3 milioni di dipendenti (il 20% del totale)”, e una sua più ampia applicazione consentirebbe “ai salari reali di rimanere agganciati all’andamento dell’inflazione, al costo delle abitazioni e ai livelli di produttività locale”.
Infine, evidenzia il report della Cgia, “per appesantire la busta paga sarebbe necessario rispettare le scadenze entro le quali rinnovare i contratti di lavoro”, visto che in Italia “un dipendente privato su due ha il Ccnl scaduto”.
Giovanni Volpi, giornalista professionista, è il direttore del Mio Giornale.net. Ha iniziato al Sole-24 Ore nel 1993. Dieci anni dopo è passato in Mondadori, a Tv Sorrisi e Canzoni, dove ha ricoperto anche il ruolo di vicedirettore. Ha diretto Guida Tv, TelePiù e 2Tv; sempre in Mondadori è stato vicedirettore di Grazia. Ha collaborato con il Gruppo Espresso come consulente editoriale e giornalistico dei quotidiani locali Finegil.