Carabinieri e bandiera naziskin in caserma. Siamo sul confine della fake news? Vediamo i dettagli. Nel capoluogo toscano, ilsitodifirenze.it pubblica un video con una bandiera tedesca esposta sul muro di edificio militare. E titola: “Bandiera neonazista appesa nella caserma dei carabinieri”. Da lì parte la bagarre che coinvolge il ministro della Difesa. Roberta Pinotti chiede al comandante generale dell’arma “chiarimenti rapidi e provvedimenti rigorosi”. La deputata forzista Mariastella Gelmini, auspica “provvedimenti esemplari”. Il segretario di Sinistra italiana Nicola Fratoianni definisce l’episodio “indecente”.
Bandiera nazista o no?
Ovviamente i social non sono rimasti indifferenti. Gli esperti di storia hanno rilevato come la bandiera incriminata appartenga al secondo Reich e non al terzo. I famosi leoni da tastiera hanno vomitato il loro consueto odio contro tutto e tutti. Esaurito il battage mediatico, proviamo a riflettere sull’episodio. Storicamente in effetti la bandiera non ha nulla a vedere col nazismo. Si tratta infatti del vessillo della Marina da guerra tedesca (Reichskriegsflagge). Tuttavia, è altrettanto vero che viene usata dai gruppi di estrema destra in Germania e in Europa durante le loro manifestazioni. Probabilmente per aggirare il divieto di esporre bandiere con la svastica.
Dov’era la bandiera?
Sappiamo che il vessillo era in bella vista nella caserma dei carabinieri Baldissera di Firenze sul Lungarno Pecori Giraldi. Sappiamo che era stata esposta in una camerata da “un giovane militare del 6° battaglione carabinieri Toscana”, come comunicato dall’Arma. E che secondo il procuratore militare Marco De Paolis, investito della questione, “non è stato commesso alcun reato militare”. La vicenda per il magistrato propone infatti più questioni censurabili sotto i profili “disciplinari e culturali“. Una lettura su cui siamo d’accordo, se la bandiera non è tra quelle vietate. Perché nel caso la fosse, potrebbe indagare la procura ordinaria. Se invece il vessillo fosse “innocuo”, la cosa doveva eventualmente essere risolta tra gli stessi carabinieri. Se a nessuno dava fastidio, il militare poteva esporla in camerata. Ma se qualcuno avesse manifestato il suo disappunto, doveva staccarla dal muro.
Carabinieri: gli altri casi
E se il carabiniere l’appende nella sua camera privata? Anche fosse una bandiera nazista, sono esclusivamente fatti suoi. Diverso se l’espone, per esempio, nell’ufficio dove si raccolgono le denunce dei cittadini, come tale aperto al pubblico. Anche se la bandiera fosse innocua, perché è solo un reperto storico, può destare sconcerto nei cittadini. Quando si recano in un ufficio pubblico hanno il diritto di essere rassicurati sull’imparzialità degli addetti. E non vogliono conoscere le loro inclinazioni politiche. In tal caso, i responsabili non ne avrebbero consentito certamente l’esposizione.
Tutela della privacy
C’è poi da considerare l’aspetto della violazione della privacy. In casa propria uno fa quello che vuole. E nessuno ha il diritto di riprendere l’interno delle stanze altrui senza il permesso dell’interessato. Ma in questo caso la camerata affacciava sulla pubblica via. Tanto che il video è stato fatto dalla strada. Se tu vuoi girare nudo davanti alla tua finestra devi prima valutare se sei visibile dalla pubblica via (o da qualche altra finestra). E se ostenti la tua nudità, commetti il reato di atti osceni in luogo non pubblico ma “aperto al pubblico”. Il militare, se non voleva che la bandiera fosse ripresa, doveva appenderla a un muro non visibile dalla strada. Per questo chi ha effettuato il video non ha commesso nessun abuso.
Carabinieri: ancora Firenze
Infine, un’ultima considerazione. Questa vicenda, anche se per gravità non è assolutamente paragonabile a quella dei due carabinieri accusati di aver violentato due studentesse americane sempre a Firenze, non depone comunque a favore dell’Arma nel capoluogo toscano. È il segnale di un clima non proprio rassicurante. Per questo probabilmente il ministro Pinotti ha avuto una reazione così dura. E i provvedimenti disciplinari nel caso saranno di natura più esemplare che mai.
Massimo Solari è avvocato cassazionista e scrittore. Ha pubblicato diversi volumi sulla storia di Piacenza e alcuni romanzi. Ha tenuto conferenze e convegni sulla storia di Piacenza. Ha collaborato con le riviste Panoramamusei, L'Urtiga, e scrive sul quotidiano Italia Oggi.