Cultura

Caro Don Mazzi, il Cristo “non cattolico” per noi non esiste…

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Don Mazzi: caro don Antonio, il Cristo «non cattolico» – come lei ha scritto – non esiste per noi, ma esisterebbe solo per se stesso.

Abbiamo scelto di lasciare ai lettori una riflessione pasquale, in occasione della festa cristiana più importante, prendendo spunto da un’affermazione fatta dal celebre sacerdote “televisivo”, 94enne e tuttora attivo benché abbia diradato le sue partecipazioni in video. La frase da cui ci siamo sentiti interpellati è contenuta in una lettera aperta ai giovani, scritta da don Mazzi e pubblicata sul Corriere della Sera di giovedì scorso. Andiamo a leggerla, allora.

Don Antonio, un prete vero 

Non possiamo, però, non dare prima atto a don Antonio Mazzi di avere speso un’intera e lunga vita da “prete vero”. Per “prete vero” intendiamo uno che ha sempre preso sul serio la propria vocazione, cioè il proprio servizio ecclesiale. Nato sullo scorcio del 1929 e orfano di padre ferroviere a un anno, ha intrapreso gli studi seminariali (come accadeva allora di frequente) anzitutto per alleggerire il carico familiare della madre vedova. Ordinato a Verona nel 1956 per la congregazione dei Poveri Servi della Divina Provvidenza, dopo che l’autentica volontà di servire Dio nella Chiesa gli era venuta aiutando gli sfollati del Polesine, si è sempre dedicato ai giovani.

La Città del Ragazzo di Ferrara, la Casa di Formazione a Roncà, il Centro Giovanile della parrocchia di San Filippo Neri a Primavalle sono state le prime tappe del suo impegno. Quindi, dopo un’esigente immersione scientifica nella psicologia e nella pedagogia giovanile, è seguita la consacrazione alla causa dei ragazzi problematici: quelli con disabilità (per favorirne l’inserimento nel mondo del lavoro) e poi, dal 1979, i tossicodipendenti. Nel 1980, don Mazzi ha fondato a Milano la Comunità Exodus per il recupero delle vittime delle droghe, di cui è tuttora l’anima e la guida. Non trascurabili e fonti di grande popolarità, l’attività di pubblicista su quotidiani e riviste non solo cattoliche (è giornalista professionista) e la partecipazione a programmi radiofonici e televisivi di successo. Il sodalizio domenicale con Mara Venier è durato un lustro (1993-1998) e sopravvive ancora nelle forme di una stretta amicizia personale.

Rivoluzione interiore e liberazione

Torniamo alla lettera aperta ai giovani. Si legge con piacere, si vede che don Mazzi non è solo colto come un uomo di Chiesa di formazione tradizionale, ma anche efficace come un comunicatore professionista. Il senso dello scritto è: non disperate se siete scapestrati, io ho passato mezzo secolo ad aiutare i giovani “problematici” perché lo sono stato a mia volta. Senza padre dall’età di 13 mesi, don Mazzi ha imparato a farlo per gli altri e a cavare dalle tragedie lo spunto di percorsi costruttivi. Sin qui, niente da dire.

Quando, però, conclude la lettera facendo un appello ai ragazzi – «Vorrei che capiste che dentro avete infinite possibilità», e ancora, più avanti  «Dovete credere che, se vi guardate dentro come è successo a me, trovate il modo pacifico per fare la rivoluzione vera» – don Antonio stecca, secondo noi. Lo fa quando scrive: «A voi mancano i liberatori, i Noè, i Mosè, il Cristo “non cattolico”».

Andiamo con ordine. Noè e Mosè appartengono, il primo completamente e il secondo ampiamente, al mito biblico. Pensiamo che ormai nessuno si scandalizzi e ci sia diffusa consapevolezza di come i libri della Bibbia siano stati composti ricorrendo a generi letterari diversi. Così come crediamo che si sappia, almeno a grandi linee, che il mito non è fantasia nel senso di un’invenzione spassosa, bensì lo scrigno dei valori di una civiltà e il criterio d’interpretazione delle sue origini.

Gesù Cristo non ha scritto..

Invece Cristo chi è? Diamo per scontato che don Antonio Mazzi lo identifichi con Gesù di Nazareth. Gesù non è un personaggio mitico, ma storico: su questo dato c’è ormai unanime consenso. Il che non significa che non ne sia stata fatta una lettura enfatica attraverso la fede che ha suscitato, al punto che riconoscerlo come il Cristo, cioè l’Unto di Dio, equivale ad allargarne l’esperienza storica (fattuale) alla dimensione eventuale (appunto, di evento). Ciò non toglie che il personaggio sia storico. E quali sono i documenti storici relativi a lui? Come un altro personaggio storico emblematico di un’altra cultura, Socrate, anche Gesù non ha scritto nulla. Sarà stato un caso? Astrattamente possibile, ma concretamente del tutto improbabile: sia Socrate, sia Gesù sapevano leggere e scrivere, erano anzi maestri per numerosi discepoli.

Se, dunque, non è stato per caso che Gesù non abbia scritto di sé, né del proprio insegnamento, significa che egli ha inteso deliberatamente non sopravvivere (storicamente, s’intende) se non nel racconto degli altri. Quegli stessi altri che ne hanno fatto una lettura, o meglio una rilettura enfatica, alla luce proprio della fede pasquale nella sua resurrezione. Anche il Nuovo Testamento, come l’Antico, è scritto all’indietro: è tendenzialmente e fondamentalmente rilettura.

I cristiani attraverso la mediazione della Chiesa

Per tornare a don Mazzi, cosa c’è che non va, a nostro avviso, nel suo anelito al Cristo «non cattolico»? È chiaro che don Antonio non parla di cattolico per contrapporlo a ortodosso, luterano o anglicano; la sua non è una polemica ecumenica. Lui sostiene che il Cristo liberante sarebbe quello non ecclesiale, con «non cattolico» intende il Cristo non mediato dalla Chiesa, senza mediazione ecclesiale. Il fatto è che questo Cristo non esiste, non è mai esistito, né potrebbe farlo perché, come abbiamo visto, lui per primo non ha inteso farlo. Gesù ha voluto restare nella storia attraverso il ricordo di altri, dei suoi: vorrà pur dire qualcosa, o no? Quanto al Cristo, poi, giacché don Mazzi parla del Messia, quanto abbiamo detto risalta ancora di più.

In conclusione, ci sembra che don Mazzi si sia lasciato prendere un po’ troppo la mano dall’esaltazione dello spirito libero. Lo Spirito soffia, ma l’uomo è incarnato. Finché è vivo, cioè nella storia, l’essere umano non può fare a meno di mediazioni: anche la religione ne costituisce una forma, con la sua dottrina, la sua morale, la sua gerarchia. Nessuno è obbligato ad aderire al cristianesimo, ma non si può essere cristiani senza Chiesa (senza gli altri), perché Cristo non ha voluto continuare ad esistere diversamente. Serena Pasqua a tutti.

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Corrado Cavallotti è laureato con lode in Giurisprudenza all’Università Cattolica. Ha vinto il Premio Gemelli 2012 per il miglior laureato 2010 della Facoltà di Giurisprudenza di Piacenza. Ama la storia, la politica ed è appassionato di Chiesa. Scrive brevi saggi e collabora con il periodico Vita Nostra.

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