Cesare Battisti è in fuga e non sarà facile catturarlo. Le notizie che arrivano dal Brasile parlano già di due tentativi di arresto falliti. E l’ex terrorista dei Pac (Proletari armati per il comunismo) sembra diventato una nuova primula rossa. La polizia federale brasiliana sembra convinta che si trovi ancora nel Paese. Così ha divulgato 20 foto segnaletiche con altrettanti possibili travestimenti di Battisti per facilitarne il riconoscimento.
Intanto fonti informate riferiscono all’Adnkronos che addirittura potrebbe essere ancora dalle parti di Cananeia, la località sulla costa dello Stato di San Paolo, dove risiedeva prima della firma del mandato di estradizione da parte del presidente brasiliano uscente Michel Temer.
Sarà anche vero che Battisti è stato colto di sorpresa dalla decisione, ma ciò che sta succedendo in questi giorni dimostra forse che l’ex terrorista era già preparato al peggio. E sarà anche vero che la rete di protezione che finora l’ha “difeso” dall’estradizione si è indebolita. Tuttavia, come dicevamo, non sarà facile catturarlo. La latitanza fa parte della sua storia di terrorista e di assassino senza scrupoli, che merita di essere raccontata.
Battisti: omicidi ed ergastoli
Militante del gruppo Pac, Battisti il 6 giugno 1978 ammazza con le sue mani un maresciallo di Udine, Antonio Santoro. Il 16 febbraio 1979 la sua banda uccide un gioielliere di Milano, Pierluigi Torregiani. Di questo secondo omicidio Battisti risponde come concorrente morale. Perché lo stesso giorno è assieme ai suoi complici che ammazzano un negoziante di Mestre, Lino Sabbadin. Invece è Battisti in persona ad uccidere a Milano un poliziotto della Digos, Andrea Campagna, il 19 aprile 1979.
Di questi 4 omicidi, due eseguiti di persona e due in concorso con altri, deve rispondere alla giustizia italiana, che dopo tre gradi di giudizio lo ha condannato all’ergastolo. Tre gradi di giudizio – che hanno confermato tutti la sua responsabilità – equivalgono a 8 giudici di primo grado, 8 d’appello e 5 di Cassazione: 21 per 4 fa 84 giudici. Tutti concordi.
Da Frosinone a Rio
Battisti, che sta già scontando una condanna per banda armata, nel 1981 riesce a fuggire dal carcere di Frosinone. Trova rifugio in Francia, dove diventa uno scrittore di romanzi noir che riscuotono successo e gli garantiscono i mezzi per vivere fino ad oggi. Praticamente indisturbato, vive lì fino al 2004, quando Parigi concede l’estradizione.
Ma l’ex terrorista è già fuggito in Brasile, dove viene arrestato nel 2007. La magistratura del Paese sudamericano concede nuovamente l’estradizione. Anche perché, nel frattempo, sul caso si è pronunciata la Corte Europea per i diritti dell’Uomo che certifica come i processi italiani siano stati regolari, con tutte le garanzie per la difesa. Tuttavia, nel 2009 il governo brasiliano cambia idea e gli concede l’asilo politico, confermato dal presidente Lula da Silva l’anno seguente, poco prima di lasciare l’incarico.
L’ennesima fuga
Il resto è storia di oggi. Dopo il suo tentativo di fuggire in Bolivia lo scorso anno, finito con l’arresto al confine per esportazione di valuta, l’elezione del nuovo presidente Jair Bolsonaro cambia le cose. Prima ancora di entrare in carica, ottiene che il suo predecessore Temer conceda di nuovo l’estradizione. Poi l’arrivo dell’aereo dall’Italia con gli agenti pronti a prelevarlo, la sua ennesima fuga e la latitanza di questi giorni.
Braccato per sempre?
Non sappiamo se Battisti verrà mai catturato. Se varcherà di nuovo l’Atlantico per finire i suoi giorni in un carcere italiano. O se il 64enne riuscirà a vivere i suoi ultimi anni in Sud America. Ma sappiamo che non avrà più vita facile né in Brasile né in Francia, dove è stato incredibilmente protetto dai governanti secondo la ben nota teoria del “processo politico” e della persecuzione ideologica. E speriamo che altri Paesi non commettano lo stesso errore.
Perché Battisti non è Adriano Sofri, che ha scontato quasi 16 anni di carcere dei 22 ai quali era stato condannato e per semplice concorso morale nell’assassinio di Luigi Calabresi. Sofri è stato ritenuto un mandante, ma non ha le mani sporche di sangue. Battisti sì. E se anche non verrà catturato, dovrà vivere per sempre alla macchia. Così non vederlo più irriderci da una spiaggia tropicale, brindando con una piña colada, è già una prima soddisfazione.
Massimo Solari è avvocato cassazionista e scrittore. Ha pubblicato diversi volumi sulla storia di Piacenza e alcuni romanzi. Ha tenuto conferenze e convegni sulla storia di Piacenza. Ha collaborato con le riviste Panoramamusei, L'Urtiga, e scrive sul quotidiano Italia Oggi.