Cina: altolà. Se l’ex Celeste Impero, dopo un anno di silenzio e quasi a suggellare il primo anniversario della guerra in Ucraina, decide di parlare, dobbiamo aprire bene le orecchie. Per una serie di motivi: la Cina di Xi Jinping oggi è la seconda potenza al mondo e in diversi campi sta cercando di raggiungere la pole position, soppiantando gli Stati Uniti. Dunque, se parla di pace in Ucraina non si aspetta certo di essere presa sottogamba. In più, l’establishment di Pechino vanta una lunga e raffinata tradizione diplomatica, che ha mosso i primi passi oltre duemila anni fa. In pratica, da quando il primo imperatore, Qin Shi Huangdi, ha unificato la Cina (221 avanti Cristo, all’epoca delle guerre puniche).
Supermercato e dintorni
La Cina è anche il senior partner di Putin: se Biden chiude i rifornimenti a Zelensky, l’Ucraina resiste qualche settimana; ma se Xi chiude i suoi rubinetti, Putin dura ancora meno. Pechino fino all’anno scorso era pure il principale partner commerciale dell’Ucraina. E se la sospensione delle negoziazioni non lo preoccupa più di tanto, probabilmente ha notato che la situazione non vede vie d’uscita rapide; così ha deciso di correre ai ripari.
Ricordiamo che l’ottica di Pechino è quasi essenzialmente mercantilistica. Xi è il più grande direttore di supermercato del mondo. E se i suoi clienti o potenziali clienti continuano a litigare sulle porte del supermercato dopo un po’ la cosa lo preoccupa. Perché perdere tempo ad ammazzarsi a vicenda quando potrebbero usarlo per acquistare merci cinesi?
I dodici punti
E allora proviamo a vedere questi famosi dodici punti, ricordando che Pechino (in cui è ambientata la Turandot di Puccini) parla spesso per enigmi. Non per il gusto di fare il prezioso ma per evitare di cadere su bucce di banana.
Primo punto: rispettare la sovranità di tutti i Paesi. Pechino sostiene la necessità di osservare “rigorosamente” il diritto internazionale, “compresi gli scopi e i principi” della Carta delle Nazioni Unite. “La sovranità, l’indipendenza e l’integrità di tutti i Paesi devono essere effettivamente sostenute”. Nella sua ambiguità (ma vi avevamo avvertito) sembra che il primo punto sia a favore dell’Ucraina. Del resto, la Cina non ha ancora riconosciuto l’annessione della Crimea e men che meno delle repubbliche autoproclamate del Donbass.
Cambio di direzione
Tuttavia, nel secondo punto già cambia direzione: chiede che si abbandoni la “mentalità della Guerra Fredda“. E osserva che “un blocco ha cercato di aumentare la propria sicurezza a discapito di un altro “rafforzando o espandendo i blocchi militari”. Qui naturalmente si riferisce alla Nato che ha accolto quasi tutti i Paesi ex comunisti fino a ridosso del confine russo.
Come soluzione Pechino sostiene come “tutte le parti dovrebbero opporsi al perseguimento della propria sicurezza a scapito di quella altrui, evitare il confronto tra blocchi e lavorare insieme per la pace e la stabilità nel continente eurasiatico”. Chiosa ecumenica che dovrebbe accontentare tutti. Il cessate il fuoco e lo stop ai combattimenti fanno parte del terzo punto: è necessario “sostenere Russia e Ucraina affinché si incontrino” e riprendano il dialogo diretto per arrivare a un cessate il fuoco globale. Diciamo un colpo al cerchio e uno alla botte.
Xi da che parte sta?
Al quarto punto la Cina auspica i colloqui e i negoziati, che sostiene essere “l’unica via d’uscita praticabile“. Anche qui, non parteggia per nessuno. al quinto Pechino pone la protezione dei civili e la creazione di corridoi umanitari per l’evacuazione dalle zone di guerra. Ancora bipartisan, ma questi punti sono relativamente delle ovvietà. Il sesto punto contiene l’invito a “rispettare rigorosamente il diritto umanitario internazionale“, astenendosi dall’attaccare i civili e le strutture civili, oltre che favorire lo scambio di prigionieri. Anche questa un’ovvietà.
Sicurezza nucleare
Al settimo e all’ottavo Pechino raccomanda il mantenimento della sicurezza delle centrali nucleari (no agli attacchi armati e sì al ruolo dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica) e il rigetto delle armi nucleari (non possono essere usate e la guerra nucleare non può essere combattuta) sia sul loro uso sia sulla semplice minaccia. “Ci opponiamo allo sviluppo e all’uso di armi biologiche e chimiche da parte di qualsiasi Paese e in qualsiasi circostanza” conclude il governo cinese, che si era già espresso diverse volte sul rifiuto delle armi atomiche.
Economia e ricostruzione
Il nono punto prevede garanzie per l’export di cereali: “Tutte le parti dovrebbero attuare l’accordo firmato da Russia, Turchia, Ucraina e Onu in modo equilibrato, completo ed efficace” Il decimo chiede lo stop alle sanzioni “unilaterali” e alle pressioni che “non solo non risolveranno i problemi, ma ne creeranno di nuovi”. Questa è un’evidente stoccata ad Usa e Europa, ma non ci si poteva aspettare altro. È ovvio che, se si parla di pace, uno dei punti sarà appunto la fine delle sanzioni verso la Russia.
L’undicesimo punto, l’appello per “la stabilità delle filiere industriali e di approvvigionamento” a tutela dell’economia globale fa risaltare l’animo mercantilista della dirigenza cinese, ma anche questa raccomandazione è giusto faccia parte del progetto di pace. Al dodicesimo punto, la Cina invita a promuovere la ricostruzione postbellica. Come dire di no? Ovvia anche questa raccomandazione.
Le reazioni
Mentre, inaspettatamente, il presidente ucraino Zelensky non ha chiuso la porta (“certamente ci saranno negoziati”) l’hanno invece sbattuta Biden e Stoltenberg che dicono “non ci fidiamo, la Cina è dalla parte dei Russi”. Mosca non ha commentato, ma sappiamo che proprio ieri il ministro degli esteri di Pechino ha dichiarato che l’alleanza con la Russia è a tutta prova. Inoltre secondo il quotidiano tedesco Der Spiegel, la Cina sta per fornire a Mosca dei droni kamikaze che potrebbero trasportare circa 50 chili di esplosivo. Non proprio una mano tesa alla pace.
E i territori occupati?
Infatti: la Cina non dice niente su cosa dovrà accadere dei territori occupati: Donetsk, Luhansk e Crimea a chi andrebbero? Sarà disponibile Putin a ritornare sui suoi passi o Zelensky sarà disposto a rinunciare al 20% del suo territorio, per inciso, il più ricco e il più industrializzato?
Forse è presto per parlarne. Ma registriamo che dopo un anno di (colpevole) silenzio, il fatto che Pechino abbia deciso di proporre un piano, per generico e buonista che sia, è già un fatto epocale. Se non riesce la Cina a fermare la guerra, chi potrebbe riuscirci?
Massimo Solari è avvocato cassazionista e scrittore. Ha pubblicato diversi volumi sulla storia di Piacenza e alcuni romanzi. Ha tenuto conferenze e convegni sulla storia di Piacenza. Ha collaborato con le riviste Panoramamusei, L'Urtiga, e scrive sul quotidiano Italia Oggi.