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Corea del Nord, la Cina cambia strategia: fermerà Kim?

Corea del Nord e Cina ai ferri corti, almeno dal punto di vista economicoFino ad oggi l’interscambio commerciale tra i due Paesi è stato elevatissimo. Pyongyang acquistava da Pechino l’85-90% dei beni importati, e la Cina era la destinazione dell’83% di quelli esportati dalla Corea del Nord. Ma soprattutto Pechino faceva orecchie da mercante alle varie risoluzioni Onu che chiedevano l’embargo commerciale nei confronti del regime di Kim Jong-un.

Corea del Nord: l’embargo cinese

Il 23 settembre però il governo cinese ha annunciato una serie di limitazioni alle esportazioni verso Pyongyang di prodotti raffinati, che non potranno superare i 2 milioni di barili all’anno a partire dal 1° ottobre. In più ha vietato le importazioni di prodotti tessili dalla Corea del Nord. Non basta. Il 28 settembre il ministero del commercio di Pechino ha ordinato la chiusura entro 120 giorni di tutte le aziende nordcoreane operanti in Cina. Questo, precisa il sito web del ministero, in osservanza alle sanzioni approvate il 12 settembre scorso dal Consiglio di sicurezza dell’Onu per l’ultimo test nucleare nordcoreano del 3 settembre.

Tillerson a Pechino

Questo cambio di strategia, duro e repentino, ha provocato un aumento della tensione, con spostamenti di missili in Corea del Nord. E un viaggio a Pechino del segretario di Stato americano Rex Tillerson altrettanto improvviso. Ufficialmente il motivo è la preparazione della prima visita di Stato in Cina del presidente Trump, che si svolgerà in novembre. Tuttavia è ovvio che l’incontro di Tillerson col suo omologo cinese Wang Yi e col presidente Xi Jinping riguarda soprattutto il futuro dei rapporti tra Cina, Usa e Corea del Nord.

Cosa succede con Pyonyang 

Ma al di là delle pressioni americane, come mai la Cina ha cambiato registro col dittatore nordcoreano? I casi sono due. Kim è ormai fuori controllo. E non risponde più alle raccomandazioni cinesi di moderare i toni. Una situazione molto preoccupante, visto che finora tutti consideravano il dittatore nordcoreano sotto una fortissima influenza di Pechino. In questo caso, di fronte all’embargo cinese, Kim potrebbe spingersi a una reazione di forza anche con armi convenzionali. L’obiettivo? Dalla base Usa sull’isola di Guam, a portata dei suoi missili, agli alleati americani Giappone e Corea del Sud. Ma nel mirino potrebbero finire anche gli odiati bombardieri Usa, se si avvicinassero di nuovo ai confini di Pyongyang.

Il guinzaglio cinese

E veniamo alla seconda ipotesi. Kim è ancora sotto controllo. Ma si è allargato troppo, ben oltre quanto preventivato da Pechino. Così la mossa cinese serve a fargli capire che “la festa è finita”. E quindi il guinzaglio cinese si accorcia drasticamente, dato che la Corea del Nord, senza l’appoggio economico e alimentare di Pechino, non va da nessuna parte. Un avvertimento che potrebbe colpire nel segno. In questo caso si possono prevedere niente di più che le solite minacce o un altro lancio missilistico per fare scena. Il tutto seguito da una ripresa più o meno segreta delle trattative diplomatiche.

Corea del Nord: un futuro senza Kim

La reazione americana ad un eventuale attacco nordcoreano potrebbe non essere necessariamente di livello nucleare. Ma arriverebbe quasi certamente a destabilizzare il regime di Kim e a provocarne la caduta. Facile, a quel punto, una riunificazione della Corea, divisa dal 1953. E così Pechino si troverebbe alla frontiera uno Stato totalmente filo americano, magari con truppe Usa schierate al confine. Oggi circa 30mila soldati yankees sono d’istanza lungo il 38° parallelo che separa le due Coree. Dunque, nulla di impossibile. Ma di certo svantaggioso per PechinoEcco perché probabilmente ha iniziato a tirare le redini del giovane dittatore di fronte al mondo. Sperando che non sia troppo tardi.

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Massimo Solari è avvocato cassazionista e scrittore. Ha pubblicato diversi volumi sulla storia di Piacenza e alcuni romanzi. Ha tenuto conferenze e convegni sulla storia di Piacenza. Ha collaborato con le riviste Panoramamusei, L'Urtiga, e scrive sul quotidiano Italia Oggi.

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