Luigi Di Maio il giorno dopo. Tutto bene? No, perché la sua investitura a candidato premier ha lasciato ben più di una perplessità. Per prima cosa la consultazione online è stata quantomeno un mezzo flop rispetto alle aspettative dei big del Movimento. Ha votato circa un iscritto su quattro alla piattaforma online dei Cinque Stelle. E su 37mila voti espressi via web, Di Maio ne ha presi poco più di 30mila.
I 7 nani e l’astensionismo
Insomma, senza un contendente l’elezione è suonata fasulla come una campana stonata. E fin dall’inizio nessuno dei “7 nani” che hanno conteso la corona a Giggino è sembrato adatto a sfidare la popolarità mediatica del vicepresidente della Camera. Quindi, visti i numeri, si può parlare chiaramente di un astensionismo interno, con molti iscritti che non hanno digerito la vicenda. Della serie era già tutto previsto.
Di Maio: domande senza risposta
Ma anche dopo aver sentito le dichiarazioni più o meno di rito di tutti gli esponenti del movimento – a parte Fico di cui parleremo dopo – ci sono una serie di domande che apparentemente rimangono senza risposta. A cosa è servita questa sceneggiata? Nessuna delle leggi elettorali italiane, né il Consultellum attualmente in vigore e neppure il Rosatellum (Marco Tullio Cicerone, perdonali!) che è in discussione prevedono un premier precostituito. Secondo, vi sembra che l’elezione di Di Maio corrisponda a qualunque consultazione democratica mai attuata in qualche parte del mondo? Alle complicate e farraginose primarie Usa? Al Conclave? Alle primarie del Pd? Ma anche all’elezione del capoclasse delle elementari o del presidente della bocciofila? La diserzione degli iscritti chiamati al voto pare un’assordante risposta.
Di Maio: divisi si perde
E adesso passiamo ai duri e puri. A parte l’evidente nervosismo riversato sui media, non sembra che l’elezione di Di Maio abbia compattato gli esponenti principali del Movimento. Per ora è stata foriera di distinguo dal sapore separatista come quello di Fico. Dopo aver dichiarato che il candidato premier non è il capo del Movimento, Fico si appresta a diventare una spina nel fianco di Di Maio. E forse al candidato premier non basterà distribuire e promettere incarichi. Fico rappresenta una punta dell’iceberg che di certo calamiterà altro scontento alla prima occasione. Alla faccia del noi siamo diversi da tutti gli altri, il palesarsi delle correnti sarebbe una nemesi corrosiva capace di danni enormi. Forse persino peggiore di tutti i guai amministrativi dei sindaci a Cinque Stelle di quest’ultimo anno.
A cos’è servita Rimini?
Dunque, a cosa è servita la kermesse riminese? I diversi sondaggi elettorali quotano un Movimento 5 stelle oscillante tra il 26 e il 29%. Sostanzialmente stabile e lontanissimo dal poter pensare al governo senza alleanze. Anche nei sondaggi siciliani, i grillini, nei guai per la sospensione giudiziale di Cancelleri, sono testa a testa col Pd al 25%. E molto al di sotto del candidato di centrodestra Musumeci che veleggia sul 42%. Insomma, se Grillo e Casaleggio hanno orchestrato tutto questo per dare smalto e visibilità al Movimento, hanno fatto un bel buco nell’acqua. E il soldatino Di Maio davanti a sé ha una strada che definire in salita è un eufemismo.
Massimo Solari è avvocato cassazionista e scrittore. Ha pubblicato diversi volumi sulla storia di Piacenza e alcuni romanzi. Ha tenuto conferenze e convegni sulla storia di Piacenza. Ha collaborato con le riviste Panoramamusei, L'Urtiga, e scrive sul quotidiano Italia Oggi.