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Di Maio e i ministri a 5 Stelle: la competenza è tutto?

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Di Maio da qualche giorno sta snocciolando la sua “lista dei ministri” anche con la benedizione di Beppe Grillo. Sintetizzando, “Forse è finita l’epoca del Vaffa… Fate presto a fare un governo…”, ha detto il guru del Movimento 5 Stelle. E allora via libera a nomi e relativi dicasteri di coloro che saranno al fianco di Di Maio, se diventerà l’inquilino di Palazzo Chigi dopo il voto del 4 marzo.

In generale, i candidati ministri a 5 Stelle stupiscono non tanto per la scarsa popolarità, ma forse per il metodo con il quale sono stati scelti. Il luogo comune è sempre lo stesso: un ministro deve essere la persona più competente nel settore che gli viene affidato. Quante volte abbiamo sentito criticare le uscenti Valeria Fedeli (Istruzione) e Beatrice Lorenzin (Sanità) perché senza laurea? Eppure, se guardiamo indietro, non è vero che il miglior ministro sia necessariamente il “più competente”. Molto spesso è stato vero il contrario.

Dal Lavoro agli Esteri…

Scorrendo l’elenco degli ultimi ministri del Lavoro, spicca la professoressa Elsa Fornero, espertissima, ma crocifissa soprattutto per il fenomeno degli esodati, che le era sfuggito di mano. Poi, ad esempio, c’è Roberto Maroni. Laurea in giurisprudenza, è invece ricordato per le sue buone performance.
Giulio Terzi di Sant’Agata (governo Monti) è un diplomatico di carriera. Dunque, apparentemente, l’uomo giusto al posto giusto. Ma incappando nell’affaire dei due marò presi prigionieri in India deve rassegnare le dimissioni. Mentre gli economisti Antonio Martino e Lamberto Dini, come i politici puri D’Alema e Fini sono ricordati come decorosi ministri degli Esteri.

… e dall’Interno alla Cultura

Pessimo il ricordo di Anna Maria Cancellieri, che pure rappresentava la competenza in persona, essendo arrivata al rango di prefetto dopo una vita tutta trascorsa al ministero dell’Interno. Mentre i “politici puri” Marco Minniti e Giorgio Napolitano sono ricordati tra i migliori inquilini del Viminale.
Chi più di Antonio Paolucci (governo Dini), storico dell’arte, direttore degli Uffizi e dei Musei Vaticani, poteva fare il ministro della Cultura? Eppure la sua breve esperienza di governo è ricordata tutt’al più per le numerose polemiche. Mentre i politici Walter Veltroni e Dario Franceschini sono ritenuti buoni ministri. Il che non esula dalle eccezioni: era un politico di carriera anche Sandro Bondi, che ha passato tre anni al Mibact con Berlusconi senza lasciare traccia di sé. Mentre Massimo Bray (governo Letta), direttore editoriale della Treccani, è riuscito a coniugare l’estrema competenza culturale con buoni risultati ministeriali.

Sia fatta Giustizia

Era un magistrato di lungo corso Filippo Mancuso. Da guardasigilli (governo Dini) ha resistito solo dal gennaio all’ottobre 1995, quando è stato costretto a dimettersi per un voto di sfiducia ad personam. Invece è ricordato come buon ministro della Giustizia l’ingegnere Roberto Castelli, leghista della prima ora. Il pur titolatissimo Giovanni Maria Flick, accademico illustre, magistrato, avvocato, che ha finito la sua carriera da presidente della Corte Costituzionale, come Guardasigilli non ha lasciato invece un gran ricordo.

Economia e Sanità

All’Industria (oggi Sviluppo economico) ha dato ottima prova di sé il filosofo e politico puro Pier Luigi Bersani. E pessima è stata l’esperienza della competente imprenditrice Federica Guidi, costretta alle dimissioni per uno scandalo da cui però è uscita a testa alta. Alla Sanità sono passati sotto silenzio i competentissimi Umberto Veronesi e Girolamo Sirchia. Bene hanno fatto Rosy Bindi, giurista e politica pura, come Livia Turco. Alle Finanze ha lasciato il segno l’accademico Vincenzo Visco, mentre il super competente Giulio Tremonti per molti ha combinato poco o nulla.

Di Maio e la competenza sul programma

Insomma, la competenza aiuta, ma di certo non è tutto. A Di Maio andrebbe ricordato che è meglio un ministro che abbia “una visione programmatica” e che riesca a tradurla in provvedimenti legislativi concreti. Lavorando in accordo con le commissioni parlamentari, anche se prima ha fatto tutt’altro. Meglio un ministro così, piuttosto di un super competente che si scontra col Parlamento e con le strutture interne del ministero, spesso dimenticate.

Perché la macchina ministeriale conta, eccome se conta. Ricorda l’ex ministro Martino, passato dagli Esteri alla Difesa, che entrato per la prima volta al ministero era stato accolto da generali in alta uniforme. Si erano messi sugli attenti, la mano alla visiera, dicendo: che cosa ordina, signor Ministro?. “Trasecolai. Alla Farnesina ero abituato a combattere all’arma bianca per fare qualunque cosa. Proprio un altro mondo”.

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Massimo Solari è avvocato cassazionista e scrittore. Ha pubblicato diversi volumi sulla storia di Piacenza e alcuni romanzi. Ha tenuto conferenze e convegni sulla storia di Piacenza. Ha collaborato con le riviste Panoramamusei, L'Urtiga, e scrive sul quotidiano Italia Oggi.

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