Attualità

Fascismo: l’Italia rischia un nuovo ventennio?

fascismo-italia-rischia-nuovo-ventennio

Fascismo, fascismi, dittature di destra: cosa c’entrano con l’Italia e l’Europa di oggi? A rigor di logica, niente. Invece, a sentire maîtres à penser, giornalisti, attori, cantanti e altri rappresentanti di quella che si sarebbe detta un tempo l’intelligencija, sembra che su di noi quasi non incomba altro.
Possibile che l’esaurimento del ciclo progressista e globalista e il montare di populismo e sovranismo bastino a riesumare fantasmi ormai vecchi di un secolo? E a farci ripiombare negli Anni 20 e 30 del Novecento?

La classifica dell’Economist

Certo, con una retorica interna del pericolo fascista appena meno diffusa delle fake news – a parte le aggressioni di frange estremiste come quelle subite dai giornalisti de L’Espresso, da derubricare alla voce criminalità comune – era difficile che all’estero non ne approfittassero.

Infatti, l’Economist ha prontamente declassato l’Italia nel suo annuale Democracy Index. Nel 2018 la qualità della nostra democrazia per il noto settimanale britannico sarebbe scesa dal 21° al 33° posto nel mondo. E poco male che gli Usa siano solo 25esimi, quando in Europa veniamo superati da Paesi come Malta e Belgio. Il periodico liberal ci etichetta (insieme ai francesi) come “democrazia imperfetta”. Dopo ci sono i regimi “ibridi” (tipo la Turchia), per finire con varie forme di sistemi autoritari e dittatoriali.

La radice socialista

Ma torniamo al fascismo e proviamo a spiegare perché sia un fenomeno definitivamente concluso. È un’esperienza politica nata, cresciuta e finita nella prima metà del XX secolo. La sua incubazione risale al secolo precedente. Le sole conseguenze geo-politiche del suo scontro con il comunismo (l’altra grande ideologia del ‘900) e con le democrazie liberali si sono dispiegate fino ai giorni nostri.

Un primo dato su cui riflettere è come fascismo e comunismo siano derivati entrambi dal socialismo. Con esiti radicalmente divergenti, per molti aspetti. Ma anche per una ragione storico-politica assolutamente stringente: è stato il socialismo a far entrare le masse in politica. E senza il rapporto con le masse, nessun totalitarismo avrebbe potuto ambire a essere tale. Nel caso del fascismo, si trattava per lo più di dominarle dopo averle sedotte. Nel caso del comunismo, ambiziosamente di redimerle mentre le indottrinava. In entrambi i casi, servendosene dicendo di servirle.

La massa oggi

Non è che attualmente la categoria della massa sia del tutto superata, anzi. Ma non ha quasi più nulla a che fare con quella del secondo Ottocento e del primo Novecento. Manca (fortunatamente) il diffuso analfabetismo, cioè l’ignoranza scolastica di base. Manca un’economia di pressoché mera sussistenza. Non c’è più differenza sociale, almeno di principio, fra uomini e donne. Non c’è più la famiglia patriarcale, né quasi più il matrimonio come tale. C’è ormai una radicata cultura dello stato sociale, anche se i costi del welfare obbligano un ripensamento dei suoi meccanismi.

A mantenersi di massa è soltanto il consumo. In pratica, la democrazia si impegna variamente a consentire un diffuso benessere, laddove il fascismo si limitava a far condividere una dignitosa povertà. Il primo fine è più nobile, ma più difficile da realizzare e addirittura impossibile se concepito come tendente all’infinito. Anche perché, in quest’ultimo caso, convertirebbe anche i sistemi democratici in regimi ideologici.

Guerra e  Corona

L’altra grande assente, rispetto al tempo del fascismo, è la guerra. Per nostra grande fortuna, non è più razionalmente possibile nell’Europa continentale. Il discorso è forse diverso ai suoi confini orientali, ma questo ci porterebbe a parlare d’altro.

Guerra voleva dire nazionalismo, bellicismo, interventismo. Quindi reducismo, l’alimentare il mito della vittoria mutilata e poi lo squadrismo anche come sfogo violento per quanti non si rassegnavano alla vita civile. La Prima guerra mondiale, la sua genesi, il suo sviluppo e le sue conseguenze interne e internazionali sono state determinanti per causare e spiegare il fascismo. E le radici belliche personali e politiche hanno indotto in Mussolini quella coazione a ripetere, che gli è stata fatale dopo il giugno 1940.

Altro si potrebbe dire, anche di alcuni meriti (sociali, culturali e perfino giuridici) del governo fascista, ma spazio e tempo non ci sono. Non possiamo, però, non nominare la Corona sabauda e la Chiesa. Due realtà forti, con le quali il fascismo è sceso a patti (diversi), incapace di farsi compiuto totalitarismo. Soprattutto le responsabilità della prima non possono essere taciute, perché ha rinunciato a opporsi e si è fatta corresponsabile di tutte le scelte più scellerate, violente e disumane del regime. Condannandosi per questo alla medesima fine.

Fascismo e nuovi problemi

È chiaro che, per farsi regime e acquisire largo consenso, il fascismo ha avuto bisogno di incarnare dei tratti tipici del costume nazionale. Ma il fatto che quest’ultimo ne presenti alcuni tuttora immutati non significa che il fascismo possa schiodarsi dal suo tempo.

La libertà, i diritti umani, la democrazia e lo stato sociale sono conquiste da rinnovare continuamente. Ma si può dubitare che un modo efficace per farlo sia evocare nemici che non possono più esistere. Rischia di essere una scorciatoia immaginaria, di fronte a una realtà sempre più frammentata e difficile da capire e governare.

+ posts

Corrado Cavallotti è laureato con lode in Giurisprudenza all’Università Cattolica. Ha vinto il Premio Gemelli 2012 per il miglior laureato 2010 della Facoltà di Giurisprudenza di Piacenza. Ama la storia, la politica ed è appassionato di Chiesa. Scrive brevi saggi e collabora con il periodico Vita Nostra.

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.