Economia

Flat tax: promessa elettorale o c’è di più?

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Flat tax. Parola magica dal significato oscuro ma dal suono accattivante, un po’ come Jobs act. Letteralmente vuol dire “tassa piatta”. Ed è il cavallo di battaglia di Berlusconi (oscilla tra il 23 e il 25%) e di Salvini (bloccato sul 15%) per l’imminente campagna elettoraleDiciamolo subito: cosa c’è di meglio che promettere un drastico abbattimento delle tasse? Solo l’abolizione del bollo auto. Già promesso da un Berlusconi, grande incantatore, tornato in forma smagliante su tutti i canali tv. Manca l’abolizione del canone Rai, ma probabilmente arriverà anche quella. Però, siccome per adesso la parola d’ordine più gettonata è questa flat tax, proviamo ad entrare nei suoi meandri e vediamo che cosa prevede. Come tutte le idee geniali è di una semplicità disarmante. E cioé? Un’aliquota unica per l’Irpef, che oggi è modulata tra un minimo del 23 al massimo del 43%.

Imposta progressiva e flat tax

Prima però serve un passo indietro per dare un’occhiata all’imposta progressiva, prevista dall’articolo 53 della nostra Costituzione: “tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività”. Oggi, fino a 15mila euro di reddito imponibile tutti paghiamo il 23%. Sulla somma eccedente, da 15 a 28mila euro l’aliquota diventa il 27% per passare al 38% fino a 55mila euro, poi al 41 e infine al 43% sopra i 75mila. Il che vuol dire che se guadagnamo 30mila euro annui, pagheremo il 23% sui primi 15, il 27% sui 13mila euro in più e il 38% solo sugli ultimi duemila euro. Con l’approvazione della flat tax invece pagheremmo tutti una sola aliquota, che sarebbe immensamente inferiore, che si tratti del 15 o del 25%.

Conti pubblici a rischio?

E in questo caso come si reggeranno i conti pubblici? Lo ha spiegato a Quotidiano.net Alberto Mingardi, direttore dell’istituto Bruno Leoni. “Questa proposta non è a costo zero. Si finanzia riducendo la spesa. Non è impossibile. Si può immaginare che la riforma entri in vigore gradualmente con un programma triennale, per reperire nel contempo le risorse necessarie. A regime per la nostra proposta servirebbero tagli nell’ordine di 30 miliardi. È davvero impossibile in un Paese dove la spesa pubblica è più di 20 volte tanto?”. No, rispondiamo noi. Ma finora non c’è riuscito nemmeno il governo Monti. E la progressività “costituzionale”? Sarebbe garantita dall’esenzione per i redditi più bassi.

Flat tax: i Paesi dell’Est

Ma il risk manager Stefano Fugazzi getta acqua sul fuoco dal Sole-24 Ore. Nei Paesi europei dove è stata introdotta (Estonia, Lettonia, Littuania, Bulgaria, Slovacchia e Russia) la flat tax non ha rappresentato la panacea di tutti i mali. In quei Paesi – peraltro difficilmente confrontabili con l’Italia per struttura industriale e debito pubblico – il Pil è aumentato grazie alla caduta del muro di Berlino, all’ingresso di diversi di loro nell’Unione europea e al veloce recupero del gap rappresentato da anni di economia comunista. Non per merito della flat tax, dunque. Dopo essere stata introdotta, è stata più volte rimodulata o, come in Slovacchia, è stata sostanzialmente abolita per tornare alle vecchie aliquote. In tutti i casi, non si è assistito al fenomeno preconizzato da Berlusconi, cioè ad una sensibile diminuzione dell’evasione fiscale, mentre il debito pubblico è sostanzialmente aumentato in tutti gli Stati.

E tutte le altre tasse?

Insomma, la flat tax funziona benissimo in campagna elettorale, molto meno dopo. Vi immaginate la reazione dell’Europa e dei mercati di fronte all’introduzione della flat tax? In più riguarda solo una delle decine e decine di tasse e balzelli che dobbiamo affrontare ogni giorno. Secondo la Cgia di Mestre la pressione fiscale complessiva varia dal 48,8 al 50% del nostro reddito: tasse sulla casa, sui rifiuti, accise sulla benzina e sui tabacchi, bollo auto, consorzi di bonifica, Tasi, Iva, Irap, canone televisivo, imposte spesso celate sulle bollette Enel e gas, il recentissimo split payment. Con l’aggravante del nostro sistema fiscale, il più complesso d’Europa. Senza dimenticare che il 30 novembre, dovremo tutti pagare l’acconto Irpef. Siamo così abituati alle stangate che non ci lamentiamo nemmeno più. Ma ci rendiamo conto che lo Stato ci chiede (addirittura con un mese di anticipo sulla fine dell’anno!) un “acconto” pari al 100% delle imposte sui redditi? Cioè, per dirla in breve, dobbiamo pagare tutta intera l’Irpef che “guadagneremo” l’anno prossimo. Altro che flat tax!

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Massimo Solari è avvocato cassazionista e scrittore. Ha pubblicato diversi volumi sulla storia di Piacenza e alcuni romanzi. Ha tenuto conferenze e convegni sulla storia di Piacenza. Ha collaborato con le riviste Panoramamusei, L'Urtiga, e scrive sul quotidiano Italia Oggi.

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