Gene Gnocchi: la battuta pronunciata l’altra sera in tv dal comico fidentino ha suscitato una bagarre che non tende a placarsi. Se l’Italia fosse una persona sul lettino dello psicanalista si sentirebbe dire che, dopo settant’anni, non ha ancora elaborato il lutto della Seconda guerra mondiale.
La (brutta) battuta a “Dimartedì”
Partiamo dall’inizio. Gene Gnocchi su La7 ha preso la difficile eredità di Crozza per copertina e interventi durante il talk show di Floris, parlando d’attualità politica. Nella puntata del 16 gennaio, tra l’altro ha mostrato un post della Meloni con la foto di un maiale che grufolava nella spazzatura di Roma. Il comico ha detto che probabilmente si trattava del suo animale da compagnia. Secondo lui, era un maiale femmina e la Meloni l’aveva chiamata Claretta Petacci.
Gene Gnocchi: commenti a go go
Da quel momento si è scatenato un vero e proprio tsunami di commenti di qualunque genere. Da quello sdegnato e composto del direttore del Tg di La7 – con Mentana che riportava nella sua pagina Facebook un bell’articolo di Mattia Feltri su La Stampa, accompagnato da un “meglio di così non lo si poteva scrivere” – ai commenti di coloro che difendevano assieme al comico di Fidenza la libertà di satira.
Il paragone con Charlie Hebdo
Vauro ha dichiarato “Gene, non devi vergognarti di nulla”. Qualcuno è arrivato anche a paragonarlo a Charlie Hebdo. Ed è stato subito rintuzzato, da chi ha ricordato cos’aveva scritto il settimanale satirico parigino sulla tragedia di Rigopiano. La Mussolini si era data al turpiloquio, imitata da Vittorio Feltri. Il nipote della Petacci ha minacciato denunce. Perfino Laura Boldrini, sollecitata da Il Tempo ha affermato: “è sempre difficile giudicare la satira, ma devo dire che ho trovato di cattivo gusto la gag di Gene Gnocchi”.
Gene Gnocchi tira dritto
Il comico, a sua volta, butta benzina sul fuoco. Lungi dallo scusarsi, Gene Gnocchi ha ribadito come l’ironia si limitasse semplicemente a prendere in giro l’abitudine della leader di Fratelli d’Italia di condividere la foto di un maiale che si aggirava tra i rifiuti di Roma. Ha scelto il nome di Claretta Petacci per ironizzare su Meloni, in quanto nome nostalgico appropriato per un ipotetico animale domestico, e non certo per irridere o denigrare la memoria dell’amante di Benito Mussolini. Così ha definito l’intera vicenda un malinteso pazzesco, su cui non sente affatto l’esigenza di scusarsi. “Mi dispiace se qualcuno si è sentito toccato. Ma non mi sento in colpa e rivendico il diritto di fare satira”, ha detto a Massimo Giannini durante “Circo Massimo” su Radio Capital.
La storica (a gamba tesa)
Ma la querelle non accenna a fermarsi. Il 21 gennaio, 5 giorni dopo la trasmissione, la storica Mirella Serri scrive su Dagospia, citando l’epistolario di Claretta Petacci pubblicato a cura di Pasquale Chessa e Barbara Raggi (“L’ultima Lettera di Benito”, Mondadori). “Claretta non fu una donna che si immolò sull’altare della passione. Al contrario, per nulla sprovveduta, fu impegnata fino all’ultimo a difendere Hitler e il razzismo, indossò i pantaloni e fu molto attiva e protagonista nella politica di Salò”. E subito dopo, il sito ha riportato i commenti per lo più indignati dei suoi lettori (“stomachevole”, “sono allibita” e infine “non c’è riuscito Gnocchi, a farla passare per troia, ma la distruzione di Claretta Petacci deve proseguire, magari correggendo il tiro”).
Satira e cattivo gusto
Passata una settimana in silenzio, dopo aver sperato inutilmente che su una battuta brutta e infelice calasse l’oblio, ci sentiamo in dovere di aggiungere la nostra voce. Diritto di satira sì. Sacrosanto. Su qualunque cosa. Ma rivendichiamo lo stesso analogo e reciproco diritto di dire quando ci piace e quando non ci piace. Quando è fuori luogo, di nessun pregio, oltretutto perché rivolta a qualcuno che non si può più difendere. E così è stata la battuta di Gene Gnocchi. Che avrebbe fatto molto più bella figura a scusarsi coi vivi e coi morti. Ha ancora tempo per farlo. Domani sera a “Dimartedì”. Ma sappiamo già che non lo farà. Peccato. Per lui.
Massimo Solari è avvocato cassazionista e scrittore. Ha pubblicato diversi volumi sulla storia di Piacenza e alcuni romanzi. Ha tenuto conferenze e convegni sulla storia di Piacenza. Ha collaborato con le riviste Panoramamusei, L'Urtiga, e scrive sul quotidiano Italia Oggi.