Attualità

La Germania e la caduta del muro di Berlino: perché è un anniversario che fa riflettere

germania-e-caduta-del-muro-di-berlino-anniversario-fa-riflettere

Germania: come dimenticare? In questi giorni, 33 anni fa eravamo incollati ai televisori davanti alla rovinosa e nel contempo gioiosa caduta del muro di Berlino, che trascinava con sé il comunismo sovietico. Assistevamo in diretta alla fine dell’ultima dittatura del Novecento sulle note di Mstislav Rostropovich, che  l’11 novembre 1989 si era messo a suonare il suo magico violoncello davanti al muro che crollava.

Poco dopo la Germania riusciva a tornare unita. Nessuno aveva fatto tesoro del sulfureo commento di Giulio Andreotti: “Amo talmente la Germania che ne preferivo due”. E la Germania, appena riunificata, si è rimessa a fare la Germania. 

Noi la conosciamo dal 9 dopo Cristo, quando il capo barbaro Ariovisto aveva sorpreso l’esercito romano nella foresta di Teutoburgo, annientando tre legioni romane guidate dal generale Publio Quintilio Varo per un totale di circa 20mila uomini. Svetonio racconta che l’imperatore Augusto, appresa la notizia, si era disperato e vagava per il palazzo imperiale gridando: “Varo, rendimi le mie legioni!”

Da allora i Romani si sono rifiutati di “civilizzare” i Germani, lasciandoli al di là del Reno ed erigendo sul confine il famoso “Limes”. I Germani tornano a galla quattro secoli dopo quando iniziano le invasioni barbariche. Sapete da dove venivano i Visigoti di Alarico che avevano messo a sacco Roma nel 410? Ma dalla Germania, ovvio. Passano altri 2 secoli e nel 568 arrivano i Longobardi con Alboino che mettono l’Italia a ferro e fuoco. Altri due secoli ed è la volta di un altro germano, Carlo Magno, che prende possesso della penisola col beneplacito del Papa.

Dal Barbarossa a Carlo V

Basta? No, ci lasciano solo un po’ di respiro quando nel 1100 ne arriva un altro: Federico I di Hohenstaufen, meglio conosciuto come Barbarossa, che se non l’avessimo fermato a Legnano avrebbe continuato a fare danni e a pretendere tributi da tutti i comuni dello stivale. La storia non finisce: nel 1500 è la volta di un erede, Carlo V, che prima mette sacco a Roma coi suoi Lanzichenecchi e poi, l’anno dopo, pretende di essere incoronato imperatore dal papa Clemente VII. In mezzo ci sono le calate dei vari re di Francia, da Carlo VIII a Luigi XII (“Se voi suonerete le vostre trombe noi suoneremo le nostre campane” minacciava Pier Capponi a Firenze) fino a Napoleone, ma oggi siamo concentrati sulla Germania e della Francia e della Spagna parleremo un’altra volta.

Radetzky, Hitler e Adenauer

Tra il Settecento e l’Ottocento gran parte dell’Italia è ancora sotto il tallone tedesco, versione austriaca. Ricordate il maresciallo Radetzky? “Casa Savoia conosce la via dell’esilio, non quella del disonore” era stato il saluto di Vittorio Emanuele II all’anziano feldmaresciallo appena cinta la corona sul campo di Novara. E ci sono volute le cinque giornate di Milano, quelle di Brescia, tre guerre d’indipendenza e l’opera di Peppino Garibaldi per liberarci del tutto dello straniero.

Dopo secoli di dominazioni, appena diventati un giovane regno con tanto di storica capitale, con chi ci andiamo ad alleare? Con gli imperi centrali, leggasi Germania e Austria. Poi ridiamo nel ricordare il cambio di casacca del 1915, quando scendiamo in guerra contro i nostri ex alleati, ma erano alleati dal cui tallone ci eravamo appena liberati, dopo secoli di dominazione. Mussolini non sembra aver letto la lezione, perché appena vinta l’unica guerra mondiale dopo quelle Puniche con chi si va ad alleare? Ancora con la Germania, nella simpatica persona di Adolf Hitler, addirittura con un patto d’acciaio.

Com’è andata a finire lo sappiamo bene, ma tendiamo a dimenticarlo. Perché appena finita anche la Seconda guerra mondiale il grande statista trentino Alcide de Gasperi si innamora del francese Robert Schuman e del tedesco Konrad Adenauer e insieme nel 1957 danno vita alla Comunità economica europea.

E oggi?

Dopo Ariovisto, Alboino, Carlo Magno, Carlo V, Radetzky e Hitler ci siamo ritrovati Angela Merkel che per 20 anni ha fatto bello e cattivo tempo, badando soprattutto al benessere dei suoi concittadini e dopo, molto dopo, a quello degli altri cittadini europei. Noi mai ad imparare qualcosa, vero? Direte: se per duemila anni abbiamo sbagliato, ora i tedeschi sono diventati di colpo buoni. L’Unione europea oggi ha il volto umano e sorridente di Ursula von der Leyen (ancora una tedesca, già ministro della difesa della Merkel, mica madre Teresa di Calcutta).

La volta di Scholz

Facendo un salto temporale di altri 50 anni arriviamo ad oggi. Il nuovo cancelliere tedesco si chiama Olaf Scholz ed è a capo di un governo socialdemocratico–liberale– verdi detto “governo Giamaica” per il colore giallo verde e nero dei tre partiti coalizzati. Cosa fa di bello? Diverse cose ma sempre nell’alveo della sua grande predecessora (abbiamo consultato l’Accademia della Crusca, si può dire).

Prima stanzia 100 miliardi per un riarmo che non tranquillizza nessuno, poi stanzia 200 miliardi per il caro bollette senza chiedere nulla all’Europa – ma dicono che saranno spalmati in tre anni e che noi in proporzione ne abbiamo già stanziati di più. Secondo qualcuno queste iniziative rappresentano il de profundis della Ue. Ma non abbiamo ancora visto tutto…

Il peso del Dragone

Immaginiamo un conflitto più o meno caldo tra Stati Uniti e Cina a proposito di Taiwan. Sperando che Washington non chieda all’Europa o alla Nato un intervento armato, vuoi che non ottenga almeno delle sanzioni economiche contro la Cina?

E la Germania come sarebbe messa? Da sei anni la Cina è il primo partner commerciale di Berlino. Il Dragone è il primo fornitore e il secondo importatore (dopo gli Stati Uniti). La Volkswagen vende il 40 % delle proprie vetture in Cina. Un milione di posti di lavoro in Germania dipende dall’import export con Pechino. Il 46% delle imprese tedesche lavora con prodotti e materie prime importate dalla Cina. Ce le immaginiamo le sanzioni come quelle che oggi sono state prese contro la Russia?

Berlino, lo capiamo bene, non ci penserebbe neppure. Diversi ministri verdi dell’esecutivo Scholz hanno ricordato quant’è pericoloso avere partner così ingombranti e cos’è capitato con la Russia di Putin. Ma il cancelliere prosegue per la sua strada, incurante delle critiche.

Italia-Germania

Noi, in tutto questo, siamo i junior partner della locomotiva tedesca: Berlino è il primo partner commerciale dell’Italia, che nel 2022 ha aumentato l’import-export del 23% con un interscambio di 142,6 miliardi di euro. Nel dettaglio abbiamo esportato per 66,9 miliardi ed importato per 75,7. Il che vuol dire che siamo legati mani e piedi al gigante teutonico, che teme come la peste una recessione prossima ventura.

Possiamo diversificare? Molto difficile, perché i mercati tedesco e italiano sono diventati complementari. Chi ricorda il grido d’allarme della Confindustria tedesca durante il momento più buio della pandemia? “Se non riaprite le vostre fabbriche del nord, siamo costretti a licenziare i nostri addetti”. Imbarcati sullo stesso naviglio, siamo nelle mani ancora una volta rapaci di Berlino. Ma davvero la Storia in duemila anni non ci ha insegnato niente?

+ posts

Massimo Solari è avvocato cassazionista e scrittore. Ha pubblicato diversi volumi sulla storia di Piacenza e alcuni romanzi. Ha tenuto conferenze e convegni sulla storia di Piacenza. Ha collaborato con le riviste Panoramamusei, L'Urtiga, e scrive sul quotidiano Italia Oggi.

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.