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Giorgia e Marina: cosa nascondono le scintille tra le zarine del centrodestra?

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Giorgia Meloni è andata giù pesante, rispondendo indirettamente alla lettera pubblica di Marina Berlusconi: possiamo sbagliarci, ma sembra difficile si tratti solo di competizione al femminile. Diciamo che il tenore della replica, che è giunta in una congiuntura abbastanza tesa per la presidente del Consiglio, lascia intuire rapporti diversi tra le due donne, rispetto alla cordialità ostentata pubblicamente. Nonché rispetto a quanto si è detto sui loro rapporti privati, descritti negli ultimi tempi di vita di Silvio Berlusconi addirittura come sinergici, nel frenare le note esuberanze del Cavaliere, che erano causa di deleterie fibrillazioni per la maggioranza. Proviamo allora ad interrogarci su questa apparente incomprensione tra le zarine della destra politica e sociale italiana.

La guerra dei 30 anni

Dal punto di vista di Marina Berlusconi, lo sfogo contenuto nella lettera a Il Giornale (che è stato di famiglia fino a pochi mesi fa) è comprensibilissimo. Nel senso che non serve ricorrere alla dietrologia per capire come questa figlia non difenda soltanto la memoria del padre, ma sfoghi anche la pressione personale accumulata lungo tre decenni. 

Com’è noto, la presa di posizione pubblica della primogenita dell’ex presidente del Consiglio è giunta a seguito dell’ennesima richiesta dei pubblici ministeri di Firenze di riaprire le (mai chiuse?) indagini sugli attentati mafiosi del 1993. Si ipotizza, da parte dei magistrati della Dnaa del capoluogo toscano, che lo stragismo corleonese con obiettivi civili avesse come scopo suscitare un clima di paura, utile a creare maggiore consenso per l’avvento in politica di Forza Italia. Il tutto, naturalmente, tramite il raccordo assicurato tra Fininvest e ambienti mafiosi da Marcello Dell’Utri.

Questa è un’ipotesi, per quanto abbastanza strampalata. Un fatto, però, c’è ed è che Silvio Berlusconi è scomparso il 12 giugno scorso. Quindi, non solo è ormai sciolto dalla giustizia, ma non è nemmeno più soggetto alla legge. Piuttosto, in un Paese come il nostro, in cui ci si fa vanto dell’asserita obbligatorietà dell’esercizio dell’azione penale, ci si dovrebbe aspettare dalla Magistratura che essa spieghi all’opinione pubblica come mai, dall’inizio degli anni ’60 alla metà degli anni ’90, mentre Berlusconi diventava l’incubo che alcuni magistrati hanno poi detto che fosse, non aveva proceduto contro di lui. Per 30 anni, niente e poi, di colpo, per altri 30 anni gli hanno contestato di tutto: corruzione, concussione, evasione e frode fiscale, sino allo sfruttamento della prostituzione minorile, il riciclaggio e addirittura lo stragismo sovversivo di sponda con la mafia.

Il riformismo giudiziario

Per tornare alla lettera di Marina Berlusconi, è vero che la presidente di Fininvest e Mondadori non si limita a dolersi della damnatio memoriae del padre e delle ombre alimentate sulle origini finanziarie dell’impero che oggi presiede. Lei istituisce anche un legame tra la recrudescenza della caccia a quanto sa ancora di berlusconiano e i propositi di riformismo giudiziario, che da sempre accompagnano, almeno dichiaratamente, l’avvento del centrodestra al governo. 

L’affermazione di quest’equazione, unita allo sprone a non esitare nel percorso riformatore, ha un evidente significato politico. Quando, poi, Marina Berlusconi parla di «parte della magistratura come casta intoccabile e soggetto politico, teso solo a infangare l’avversario, vero o presunto», sembra volere in qualche modo impegnare tutto lo schieramento che fu guidato da suo padre nel consueto (suo malgrado) duello personale con alcuni magistrati e uffici giudiziari.

La premier non le manda a dire 

Giorgia Meloni, per esprimere il proprio disappunto per le parole della figlia del suo amico Silvio, ha approfittato di una domanda che le ha rivolto un giornalista a Palermo. La premier si è recata in Sicilia per commemorare il 31° anniversario dell’eccidio di via D’Amelio, dove vennero uccisi il magistrato Paolo Borsellino e cinque agenti della sua scorta. Richiesta dal cronista di dare un consiglio alla propria coalizione, dopo le parole del Guardasigilli Nordio sul concorso esterno e quelle di Marina Berlusconi sulle indagini fiorentine, Meloni ha detto: «Con tutto il rispetto, non posso considerare Marina Berlusconi un soggetto della coalizione, perché non è un soggetto politico». È vero che era stato il giornalista ad accomunare Nordio e Berlusconi; ma comunque il presidente del Consiglio era contrariata per l’uscita pubblica del capo di Fininvest, o comunque si riteneva in dovere di mostrarsi tale. 

Il bivio di Giorgia

Al di là del tono, volutamente antipatico, della risposta, la leader di Fratelli d’Italia è davanti a un bivio. O ritiene che quel che resta di Forza Italia intercetti una quota di elettorato che, in assenza del partito che fu del Cavaliere, rischia di disperdersi, drenando voti alla coalizione. Ovvero pensa che, al di fuori del proprio partito, ci sia spazio nel centrodestra solo per la Lega, con il suo sfumato ma pur sempre esistente radicamento settentrionale e la sua capacità di rappresentanza di determinati ceti produttivi.

Nel secondo caso, può anche disinteressarsi di chi sostiene economicamente e mediaticamente l’attuale Forza Italia, consentendole ancora di esistere. Nel primo caso, invece, il presidente del Consiglio deve considerare sin dove può spingersi nel polemizzare con la signora di Segrate. Soprattutto quando, come in questo caso, Marina Berlusconi, da una parte, non ha fatto altro che ribadire la difesa postuma del padre; e dall’altra si è limitata a ribadire un caposaldo dell’opinione moderata, e cioè l’insoddisfazione per com’è strutturata la giurisdizione e viene amministrata la giustizia in Italia.

Marina chiude la polemica, ma…

Proprio ieri, dopo due giorni di riflessione, Marina Berlusconi ha reso pubblica una nota in cui ribadisce il massimo rispetto e la massima stima per l’inquilina di palazzo Chigi. E ha attribuito ad interpretazioni difformi dalle sue intenzioni un insussistente intento polemico verso governo e maggioranza; nonché una volontà di rivalsa per la battuta di Giorgia Meloni, da lei del pari mai nutrita.

Sembra che la presidente del Consiglio abbia fatto un passo proporzionato alla gamba; infatti, è stata la destinataria della risposta sgarbata a chiudere la polemica. Il confronto tra le zarine Giorgia e Marina per il momento è congelato. Non è detto, però, che non possa riaprirsi.

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Corrado Cavallotti è laureato con lode in Giurisprudenza all’Università Cattolica. Ha vinto il Premio Gemelli 2012 per il miglior laureato 2010 della Facoltà di Giurisprudenza di Piacenza. Ama la storia, la politica ed è appassionato di Chiesa. Scrive brevi saggi e collabora con il periodico Vita Nostra.

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