Giorgia Meloni è fascista? Non siamo dei provocatori: è la domanda che più frequentemente si stanno ponendo le cancellerie europee, i grandi giornali d’oltralpe e probabilmente anche attorno alla Casa Bianca e al Cremlino. Dopo aver trionfato alle elezioni, è solo un caso che la prima donna della storia d’Italia a guidare un governo salirà al Quirinale per ricevere l’incarico dal presidente Mattarella attorno alla fine del mese di ottobre, e così esattamente cent’anni dopo la marcia su Roma (28 ottobre 1922)?
C’era una volta…
“Maestà, le porto l’Italia di Vittorio Veneto”. Questa si dice fosse stata la frase pronunciata da Benito Mussolini a Vittorio Emanuele III al loro primo incontro al Quirinale, il 30 ottobre del 1922, ma non è vero. In realtà Mussolini quel giorno era estremamente nervoso ed agitato e probabilmente avrà bofonchiato qualcos’altro al cospetto del re. La stampa, però, già ben allineata, ha tramandato quest’incipit burbanzoso e tonitruante.
Governo di coalizione
Ricordiamo, proprio per evitare fraintendimenti, che il re aveva conferito a Mussolini un normalissimo mandato parlamentare; che Mussolini si era trovato una altrettanto normalissima maggioranza di governo formata dai pochi fascisti eletti in Parlamento, dai popolari di Don Sturzo (lui personalmente era contrario all’appoggio), dai democratico sociali, dai liberali e dai nazionalisti. Alla Camera aveva ottenuto 306 voti di fiducia contro 116 contrari. E al Senato 196 voti favorevoli contro 19 contrari. Per dirla tutta, nel primo governo Mussolini Giovanni Gronchi era sottosegretario all’industria e al commercio.
Il passaggio verso la dittatura
Detto questo, bisogna anche ricordare che l’incarico a Mussolini era arrivato dalla forte pressione derivata dalla marcia su Roma, ridicola dal punto di vista militare ma fortissima dal punto di vista comunicativo. Fin dal suo esordio Mussolini aveva messo in chiaro quali sarebbero state le sue intenzioni antidemocratiche, col famoso discorso “del bivacco” (…“potevo fare di quest’aula sorda e grigia un bivacco di manipoli ma non ho, almeno in questo primo tempo, voluto”), e con la proposta di legge elettorale Acerbo che era certamente liberticida. Dunque, entrato dalla porta principale, da subito Mussolini aveva messo i piedi nel piatto e iniziato, ben prima del delitto Matteotti, a dettare le sue condizioni, provocando dopo poco l’uscita di tutti gli altri partiti dalla coalizione.
E la Meloni?
Vi chiederete: cosa c’entra tutto questo con Giorgia Meloni? Niente. Siamo della vostra stessa idea: questi cento anni restano una semplice e suggestiva coincidenza temporale. Dunque, tornando alla domanda iniziale, cosa accomuna Giorgia Meloni al fascismo? A nostro parere nulla, se non una vaga e ormai molto lontana ascendenza di Fratelli d’Italia dal Msi, che sì, si dichiarava erede dell’esperienza della repubblica Sociale e del fascismo. Anche lui, però, coi suoi distinguo già negli anni 70 (e così cinquant’anni fa).
La fiamma tricolore nel simbolo di FdI? Semplice nostalgia non del fascismo ma dell’esperienza di Giorgio Almirante. Non possiamo negare che la Meloni ha all’interno del partito delle frange nostalgiche da cui ha preso tutta la distanza possibile. Tanto che i veri nostalgici sono trasmigrati in Forza Nuova o in Casa Pound. Punto. Che la Meloni sia sinceramente democratica non è dato dubitare. Che creda nell’esperienza parlamentare neppure. Che il suo sia ancora uno dei pochissimi partiti che ogni tanto è riunito a congresso nemmeno.
Il prossimo governo
Giorgia Meloni in questi giorni sta lavorando sul prossimo governo, che non solo dovrà assecondare gli alleati Berlusconi e Salvini, e soddisfare l’Europa e gli Stati Uniti. Dovrà avere esponenti capaci e meritevoli, dovrà essere davvero il meglio. Perché Meloni, come ha detto Crosetto, non può permettersi di sbagliare.
Soprattutto dovrà accontentare gli italiani. Non solo chi l’ha votata ma anche chi le ha votato contro e la sta aspettando alla prova dei fatti. La crisi energetica, la guerra in Ucraina, lo spread che sta rialzando la testa, le sfide del Pnrr, la disoccupazione che potrebbe dilagare se le imprese chiudessero per il caro bollette. Una serie di sfide da far perdere il sonno a politici più anziani e carrozzati della Meloni.
Il 25 aprile
Qualche Solone della sinistra, masticando amaro, si è già chiesto cosa farà Meloni il prossimo 25 aprile. Ha risposto il giornalista di Libero Alessandro Giuli: “La portiamo a Milano, alla sfilata, e dovremo esserci tutti, per proteggerla dagli strali degli esponenti della sinistra che da una parte la sfidano e dall’altra sarebbero pronti a linciarla, come hanno fatto più volte con la Brigata ebraica che voleva partecipare alla sfilata o con la Moratti“. E forse potrebbe essere un nuovo inizio, la fine di una diaspora che discende dalla guerra civile, la fine di qualunque discriminazione. Avverrà?
Massimo Solari è avvocato cassazionista e scrittore. Ha pubblicato diversi volumi sulla storia di Piacenza e alcuni romanzi. Ha tenuto conferenze e convegni sulla storia di Piacenza. Ha collaborato con le riviste Panoramamusei, L'Urtiga, e scrive sul quotidiano Italia Oggi.