Giuseppe Conte: in teoria la voce più autorevole delle critiche al premier dovrebbe essere quella di Marta Cartabia, attuale presidente della Corte Costituzionale, citata in parlamento da Renzi, dalla Gelmini e da La Russa. “La Costituzione non contempla un diritto speciale per i tempi eccezionali, e ciò per una scelta consapevole, ma offre la bussola anche per ‘navigare per l’alto mare aperto’ nei tempi di crisi”, scrive Cartabia nella sua relazione sull’attività della Corte nel 2019, presentata martedì 28 aprile.
Ma due giorni dopo, venerdì scorso, l’illustre giurista, nel pieno della bufera politica sulle scelte di Conte nell’emergenza Coronavirus, dopo aver lanciato il sasso contro il premier ha ritirato la mano. E ha spiegato come la sua considerazione sia stata piegata all’uso della crisi dagli avversari del premier. “Sarebbe gravissimo che un presidente della Consulta volesse entrare nella discussione per dire ‘questo atto del governo non va bene’. Non so come si possa immaginare un atteggiamento del genere, anche per la mia storia”, ha detto.
C’è un giurista a Torino
Sarà, ma la dichiarazione della presidente Cartabia continua ad essere ripresa anche da molti colleghi dell’avvocato e professor Giuseppe Conte, accusato di cesarismo e nemmeno tanto tra le righe. Uno sceltissimo gruppo di giuristi, quasi tutti torinesi, in una lettera aperta (firmata da oltre 30 tra presidenti di tribunale e avvocati, tra cui Franzo Grande Stevens, storico legale della Fiat, e il presidente del tribunale dei minori di Torino, Stefano Scovazzo) non usa mezzi termini.
“C’è il rischio che la restrizione dei diritti della persona possa creare un pericoloso precedente, che un futuro governo – magari di orientamento politico diverso – potrebbe sfruttare, magari in una crisi legata alla sicurezza (si pensi al cyberwarfare o al terrorismo), per incidere pesantemente sulle libertà costituzionali (si pensi alla manifestazione del pensiero, alla libertà di riunione o alla libertà religiosa) senza vaglio parlamentare e senza copertura costituzionale”.
Senza mollare la presa i giuristi elencano: “Le misure (centrali e locali) introdotte per fare fronte all’emergenza Covid-19 ledono fino quasi ad annullare le libertà e i diritti fondamentali garantiti dalla Costituzione, incluse la libertà di circolazione (articolo 16); la libertà di riunione (17); il diritto di professare la propria fede religiosa nei luoghi di culto (19); il diritto allo studio (33-34); la libertà di iniziativa economica (41); financo la libertà di espressione del pensiero (21) e soprattutto la libertà personale (13) e i diritti inalienabili della persona”. E ancora: “La nostra Costituzione non conosce alcuno ‘stato di emergenza’, prevedendo solo lo ‘stato di guerra’”. Ma “sta di fatto che lo stato di emergenza è stato dichiarato unicamente dall’organo esecutivo, senza alcun vaglio parlamentare e in un vuoto costituzionale”.
Renzi e Meloni
Questo richiamo è stato fatto proprio da Renzi al Senato: “In quest’aula io rivendico di aver contribuito a creare un altro governo quando il senatore Salvini ha chiesto i pieni poteri. Non li abbiamo negati a lui per darli ad altri”.
La Meloni ha ricordato invece che il primo decreto votato dalla Camera il 23 febbraio autorizzava il governo ad emanare decreti del presidente del consiglio dei ministri (i famosi e ormai famigerati dpcm) “in alcune specifiche zone, in alcuni specifici settori, e che riportava alla fine la frase …e per ulteriori misure di contenimento”. Una frase per lei indeterminata ed ambigua, che ha consegnato a Conte il grimaldello per “sospendere la costituzione italiana” e che rappresenta “un insulto allo stato di diritto”.
È “andato tutto bene”?
Insomma, dopo due mesi di lockdown i nervi di tutti sono un po’ scossi. E nonostante le tante, troppe, belle parole dei Gallera, Borrelli e Venturi, la situazione sembra a tutti più stagnante che progressiva. Ancora tanti morti, il 2 maggio 474. E i decessi totali? 28.710. Sembrano notizie confortanti? È proprio andato tutto bene, come si auspicava all’inizio di questa orrenda avventura? E siamo davvero pronti a riaprire tutto con lunedì 4 maggio? E allora è normale che volino gli stracci, in Parlamento come nelle singole regioni come in tanti comuni.
Senza dimenticare naturalmente le bacchettate del Quirinale e soprattutto le tasche vuote, piene solo di belle promesse. Ieri l’altro Conte si è scusato con gli italiani. Ci sembra il minimo sindacale, soprattutto dopo le roboanti promesse e la totale assenza di aiuti concreti. Una settimana fa Conte aveva garantito, a reti unificate, una cosa davvero da poco: la sterilizzazione dell’Iva sulle mascherine. Una promessa da 11 centesimi. Ad oggi non si è realizzata neppure quella.
Massimo Solari è avvocato cassazionista e scrittore. Ha pubblicato diversi volumi sulla storia di Piacenza e alcuni romanzi. Ha tenuto conferenze e convegni sulla storia di Piacenza. Ha collaborato con le riviste Panoramamusei, L'Urtiga, e scrive sul quotidiano Italia Oggi.