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Grande Guerra: dopo cent’anni cosa resta dell’Europa?

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Grande Guerra ed EuropaTra pochi giorni, il 4 novembre, si celebra il centenario della Vittoria nel conflitto del ’15-’18. Eppure se ne sente parlare molto poco. Forse perché ciò che oggi risuona per il vecchio continente assomiglia ai sinistri scricchiolii che non lasciano presagire niente di buono.

L’Europa del passato

Prima del 1914, alla vigilia della Grande Guerra, l’Europa era un club di parenti. La regina Vittoria era la nonna del Kaiser Guglielmo e di Alice d’Assia e del Reno, moglie dello Zar Nicola. L’impero asburgico, ancora retto da Francesco Giuseppe, radunava decine di etnie tra loro per nulla coese e andava dal Mediterraneo di Trieste alla Polonia. Il vecchio continente era talmente “cosa loro” che le grandi potenze sceglievano tra i rampolli delle varie dinastie i regnanti degli altri Paesi. Così un Savoia-Aosta era diventato re di Spagna e due tedeschi re della Grecia e della Bulgaria. E ci sono racconti tra il surreale e l’agghiacciante che spiegano come mai questi cugini, all’improvviso, hanno deciso di farsi la guerra più sanguinosa di sempre.

Grande Guerra, Urss e Usa

Certo, non si può paragonare genericamente l’Europa uscita dalla Grande Guerra con quella di oggi. Perché quella uscita dalla conferenza di pace di Versailles era diametralmente diversa. La principale conseguenza della Grande Guerra è stato l’irrompere sulla scena mondiale della Russia sovietica e degli Stati Uniti, che abbandonavano il loro secolare isolazionismo per diventare uno dei due gendarmi del Mondo. Questa irruzione ha provocato l’inizio della fine della supremazia europea, quando Inghilterra, Germania, Belgio, Olanda e Francia con le loro colonie dominavano il resto del mondo: Africa, India, Sud Est asiatico, porzioni di America Latina, Australia.

L’Europa del futuro

E oggi? L’Europa, intesa come Unione europea, non solo sta perdendo punti economici sullo scacchiere mondiale, ma sta perdendo solidità pure al suo interno. E uno storico futuro – anche se speriamo non sia così – forse potrebbe paragonare l’Europa attuale all’Impero Austro-Ungarico: una miscellanea di popoli che sperano solo di potersi dividere il prima possibile.

Intanto i sondaggisti si sono già esercitati sull’esito delle prossime e importantissime elezioni europee che si terranno a maggio 2019. A grandi linee hanno previsto che i due maggiori rassemblement (popolari e socialisti) perderanno molti punti. Reggeranno l’urto dell’ondata populista, diventando però molto deboli. E la loro salvezza potrebbe derivare dal fatto non secondario che i populisti all’arrembaggio di Bruxelles sono divisi tra loro.

In questo periodo Salvini adombra la sua candidatura alla leadership populista europea. Ma avrebbe dalla sua (forse) solo Marine Le Pen e Orban, ovvero Francia e Ungheria. Perché il cancelliere austriaco Kurz, i populisti polacchi, la tedesca Alternative für Deutschland e i nazionalisti svedesi hanno idee completamente differenti da lui. E non hanno alcuna intenzione di “marciare uniti”. Del resto sarebbe singolare che movimenti “nazionalisti” marciassero uniti, sarebbe davvero una contraddizione in termini.
Dunque l’Europa che uscirà dalle urne sarà, se possibile, ancora peggio dell’attuale. Senza l’Inghilterra. Con una Francia dove Macron sta perdendo i pezzi e arriverà al voto molto ridimensionato. Una Spagna a sua volta divisa e una Germania che vede una Merkel sul viale del tramonto e senza possibili eredi diretti.

Gigante economico, nano politico

Diciamolo chiaro: l’Europa a cent’anni dalla Grande Guerra è debole ma non per colpa dei nazionalismi di oggi. Ha fallito il suo scopo già da tempo. Quando ha accantonato la Costituzione europea. Quando ha rifiutato di creare un esercito europeo, una politica estera comune e un fisco unico. Così l’unica Europa che ha preso piede negli ultimi anni è quella dei banchieri. “Un gigante economico, un nano politico, un verme militare” la definiva Emma Bonino nel 1999, da Commissario europeo. E concludeva: “Lasciatemi sognare gli Stati Uniti d’Europa”.

Quanto sono lontani oggi questi Stati Uniti d’Europa. Quasi come l’idea di Europa che avevano condiviso Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi nel manifesto di Ventotene. Quella sognata da De Gasperi, Schuman e Adenauer è stata sepolta 25 anni fa dal trattato di Maastricht, dall’Europa degli zero virgola, degli Juncker e dei Moscovici, in una parola dall’Europa degli euroburocrati. E non è un caso che se oggi gli italiani fossero chiamati a decidere sull’Unione, solo il 44% sceglierebbe di restare nella Ue.

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Massimo Solari è avvocato cassazionista e scrittore. Ha pubblicato diversi volumi sulla storia di Piacenza e alcuni romanzi. Ha tenuto conferenze e convegni sulla storia di Piacenza. Ha collaborato con le riviste Panoramamusei, L'Urtiga, e scrive sul quotidiano Italia Oggi.

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