Cultura

Guareschi 50 anni dopo: da Peppone e Don Camillo ai politici di oggi

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Giovanni Guareschi (1908-1968); nel riquadro, da sinistra, Fernandel, Gino Cervi e lo scrittore

Guareschi: cinquant’anni senza il più prolifico, letto e tradotto scrittore italiano del ‘900, noto al grande pubblico soprattutto per l’invenzione dei personaggi di Peppone e Don Camillo. Se la notizia della sua scomparsa il 22 luglio 1968 venne data in sordina, il ricordo del grande parmigiano è andato crescendo nel tempo. E grazie ai suoi personaggi, magistralmente interpretati da Gino Cervi e Fernandel, è ancora ben presente nella memoria collettiva.

Guareschi oggi

Raccontare la parabola letteraria, giornalistica e umana del grande Giovannino potrebbe essere di certo interessante. Ma forse il gioco più divertente è chiedersi come si porrebbe nell’amato agone politico se fosse ancora vivo.
Partiamo da alcuni presupposti. Guareschi era un liberale/monarchico, fieramente anticomunista. E non un fascista come era stato semplicisticamente etichettato negli ultimi anni della sua vita. Credeva fermamente nella libertà e nella democrazia.

Il mondo dell’epoca era diviso in blocchi dalla Cortina di Ferro. Il comunismo non aveva ancora esaurito la sua spinta propulsiva. E l’Europa era profondamente diversa da quella di oggi. I democristiani dominavano Italia e Germania (Ovest), Franco la Spagna, Tito la Jugoslavia. Forse le due sole nazioni che non hanno cambiato eccessivamente la loro posizione politica sono Francia e Regno Unito.

Ovvio che un Giovannino redivivo avrebbe gioito della fine rovinosa del comunismo sovietico, della caduta del Muro di Berlino e del ritorno in Europa Occidentale di Polonia, Repubblica Ceca e Ungheria. E così, la crisi epocale dell’innaturale unione tra i due mega partiti del dopoguerra, Pci e Dc, da ultimo per mano di Matteo Renzi, non avrebbe potuto che rallegrarlo.

Salvini e slogan

Uomo da barricata, animale politico a tutto tondo, Guareschi aveva idee chiare e definite. Dunque, immaginiamo che oggi Matteo Salvini non gli sarebbe dispiaciuto. Lo slogan “prima gli Italiani” per esempio poteva essere anche suo.
E chissà quanti “contrordine compagni” via twitter o Facebook avrebbe inanellato lo scrittore sul recente caso dell’uovo “razzista” lanciato da tre giovani, sulle indagini per distrazione di fondi umanitari che hanno coinvolto il cognato di Renzi o sulla vicenda della casa di Montecarlo con relativo rinvio a giudizio di Gianfranco Fini.

Perché se Guareschi era graffiante con la penna, era ancora più efficace come disegnatore. Se ricordiamo il suo famosissimo slogan “Nella cabina elettorale Dio ti vede e Stalin no”, dobbiamo ricordare anche la feroce vignetta anticomunista “Mamma, votagli contro anche per me”. Raffigurava il cadavere di un soldato italiano dietro il reticolato di un campo di concentramento sovietico, che ricordava gli oltre 100mila ragazzi mai tornati dalla Russia dopo la Seconda guerra mondiale.

Dai 5 Stelle a Berlusconi

Dunque Guareschi era uomo concreto con idee molto nette. E allora come si sarebbe messa con i 5 stelle di Luigi Di Maio? E con Silvio Berlusconi?
Certamente lo scrittore avrebbe apprezzato la posizione anti-sistema dei grillini. Basti pensare che aveva sfidato il presidente del Consiglio Alcide de Gasperi al sommo del suo potere, finendo anche in prigione per diffamazione a mezzo stampa al termine di un processo che aveva fatto rumore. Molto meno avrebbe approvato i metodi di selezione (parlamentarie, comunarie e così via) dei 5 Stelle, basati più su algoritmi che sull’esercizio della democrazia. Per non parlare dei rapporti mai chiariti più di tanto con la Casaleggio e associati.

E veniamo al leader di Forza Italia. Nel 1950 Guareschi si prese una condanna per vilipendio del Capo dello Stato. Aveva criticato in una vignetta l’allora presidente Luigi Einaudi per un uso discutibile del suo titolo di senatore. Immaginiamo quindi facilmente come avrebbe giudicato le imprese di Berlusconi.

Meglio riposare?

Ma una cosa è certa. Probabilmente neppure l’immaginifico Guareschi sarebbe mai riuscito a figurarsi l’attuale deriva politica e culturale. E ne sarebbe molto disorientato. Sgranerebbe gli occhi di fronte al “genitore 1 e genitore 2”, alle teorie dei no-vax e ai matrimoni gay. E forse non si dispiacerebbe più di tanto di aver salutato il mondo nel 1968, quando in Don Camillo e i giovani d’oggi, sua ultima fatica, destava già scandalo il figlio di Peppone che girava per Brescello con i capelli lunghi in sella a una luccicante Harley Davidson.

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Massimo Solari è avvocato cassazionista e scrittore. Ha pubblicato diversi volumi sulla storia di Piacenza e alcuni romanzi. Ha tenuto conferenze e convegni sulla storia di Piacenza. Ha collaborato con le riviste Panoramamusei, L'Urtiga, e scrive sul quotidiano Italia Oggi.

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