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Guerra in Ucraina e conflitti religiosi: la ferita aperta nella Chiesa Ortodossa e con Papa Francesco

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Il Patriarca di Mosca Kirill e Papa Francesco

Guerra in Ucraina: con l’invasione russa tornano in auge anche i conflitti religiosi? Non sarebbe la prima volta che la cristianità si divide al suo interno in senso longitudinale. Non si ripeterà, comunque, la tragedia del 1203, quando una spedizione occidentale benedetta dal Papa pose l’assedio a Costantinopoli e la devastò. Allora, i Veneziani accettarono di intromettersi in beghe successorie bizantine, ma il Papato pensò di approfittarne per sottomettere al suo primato la “seconda Roma”. Il risultato fu una divisione ostinata, che dura tutt’oggi.

L’Ucraina del momento è un’altra storia, ovviamente. È nondimeno una polveriera, anche religiosamente parlando. Vede divisa l’ortodossia al suo interno (Kiev separata da Mosca, gli ucraini fedeli al patriarcato della capitale russa tra loro, Mosca da Costantinopoli), ma assiste anche all’apertura di una faglia tra Roma e il cristianesimo orientale.

La Santa Sede, fedele ad una secolare tradizione di neutralità ed indefesso impegno per la pace, non pensa certo a schierarsi, se non dalla parte dei civili e dell’immediata cessazione delle ostilità. Subordinatamente, essa si offre come mediatrice, ma un suo coinvolgimento diplomatico non sarebbe probabilmente ben visto in zone come queste, da cui da sempre le provengono accuse di proselitismo. 

E poi, inutile nasconderlo, si manifestano le diverse attitudini del Pontificato Romano e del Patriarcato di Mosca e di tutte le Russie (vi dice niente questo plurale?) di fronte al potere politico nonché, più in generale, al cristianesimo come elemento identitario. Vediamo in dettaglio di cosa si tratta.

In Ucraina due Chiese ortodosse

Per prima cosa, bisogna fare chiarezza sull’ortodossia in Ucraina. Esistono, infatti, due chiese ortodosse nel Paese sotto attacco da tre settimane. Da una parte, c’è la Chiesa ortodossa ucraina, chiesa autonoma (ma non autocefala, e cioè che nomina da sé il proprio capo) nell’ambito della giurisdizione del Patriarcato di Mosca. Dall’altra c’è, a far tempo dal 2018, la Chiesa ortodossa dell’Ucraina, che ha ottenuto il riconoscimento dell’autocefalia dal Patriarcato di Costantinopoli, ciò che è valso ad entrambe queste realtà la rottura col Patriarcato russo, che considera la chiesa autocefala ucraina come scismatica. La divisione, culminata nel distacco di quattro anni fa, ha cominciato a profilarsi non a caso nel 2014, dopo l’annessione russa della Crimea. 

La posizione del Patriarca della Chiesa ortodossa ucraina fedele a Mosca, Onufriy, è molto delicata. Come cittadino ucraino, egli ha condannato l’aggressione russa. In quanto capo della chiesa autonoma, però, ha rinunciato a rivendicare l’autocefalia, quando la sede moscovita aveva espresso assoluta contrarietà al riguardo. Ora la tensione sale alle stelle tra i suoi fedeli e perfino tra gli altri vescovi ed il clero. Alcuni prelati hanno già rifiutato, dopo l’invasione russa, di menzionare il nome del Patriarca di Mosca Kirill nel rituale della Divina Liturgia (è il nome dell’Eucaristia presso gli ortodossi). E quest’ultimo ha già fatto sapere che ciò sa di scisma.

Sicché, dopo la rottura tra Mosca e Costantinopoli (sedi che erano già in disaccordo circa quale autorità fosse competente a riconoscere l’autocefalia delle chiese), si assiste alla recrudescenza delle tensioni fra le due comunità ortodosse ucraine, l’autocefala nazionale e l’autonoma filorussa.

Papa Francesco perde Putin…

La posizione di Papa Francesco rispetto al deflagrare della guerra d’aggressione è meno facile di quanto non sembri. È nota, infatti, la sua buona disposizione precedente nei confronti di Vladimir Putin, il quale, nonostante una fama crescente di autocrate tendente al dittatore in patria, sembrava rappresentare un alleato di Papa Bergoglio nel perseguimento di un assetto mondiale multipolare. L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia ha cambiato radicalmente il quadro.

Il Papato, da almeno un secolo e mezzo, è fautore della pace nel senso basico di astensione dal ricorso alle armi quale mezzo di risoluzione delle controversie internazionali. Ne consegue la già citata neutralità della Santa Sede, mantenuta tra le esplicite minacce naziste e le riservate polemiche alleate anche durante la Seconda guerra mondiale. Ciò, naturalmente, non significa che il Papato non distingua tra aggressori ed aggrediti. Il che, in questo caso, non può esimerlo dal condannare l’aggressione russa ai danni dell’Ucraina. 

La guerra ad est, però, viene a sollecitare un altro nervo scoperto della diversità tra occidente ed oriente cristiani, cioè il rapporto fra religione e sovranità politica. Ad ovest, la questione è stata risolta per l’essenziale con la Rivoluzione francese, sullo scorcio del XVIII secolo. Ad est, è tuttora pacifica l’alleanza tra il trono e l’altare. Per non parlare delle conseguenze dell’esplicita accettazione, da parte della Chiesa cattolica, di un principio quale quello della laicità dello Stato.

L’imbarazzo del Pontefice, rispetto alla rivendicazione ortodossa dell’appartenenza religiosa quale fattore identitario delle comunità nazionali, era già trasparito due anni fa, quando in Turchia Erdogan ha re-islamizzato Santa Sofia. Ne avevamo scritto a suo tempo dicendo che, se avesse potuto, Papa Francesco avrebbe sostenuto esplicitamente che, in spazi contesi, un museo è meglio sia di una moschea, sia di una chiesa.

In rotta anche sull’ecumenismo

È evidente che il rapporto con regimi forti, autoritari o meno, oggi mette in acuito disagio la Chiesa cattolica. Infatti, per una società che è in evidente difficoltà a giustificare (non parliamo a mantenere) il principio di autorità al proprio interno, è impossibile non andare in sofferenza con modelli organizzativi intolleranti verso qualsiasi forma di dissenso. La guerra di aggressione di Putin è una pietra tombale, nel medio periodo, su un possibile gioco di sponda tra la Roma d’Oltretevere e Mosca.

Il fatto che si tratti di una guerra, per di più senza giustificazioni immediatamente difensive, è comunque un fattore decisivo. L’interesse, non meno che gli ideali, oggi impongono il rigetto della guerra da parte di tutti. Da questo punto di vista, l’intemerata dei giorni scorsi del Patriarca di Mosca Kirill, che ha provato a giustificare la guerra russa con la decadenza morale in cui l’occidente vorrebbe trascinare l’oriente, non sta in piedi per niente.

Semmai, è un pretesto insperato per quanti innegabilmente sono determinati a spazzare via i residui di civiltà cristiana ad ogni latitudine. Papa Francesco, oltre ad aver perso un interlocutore politico-diplomatico, deve arretrare anche sul terreno ecumenico. Raddoppierà l’invito a pregare per lui e qualcuno comprenderà come non si tratti di retorica clericale e paternalista.

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Corrado Cavallotti è laureato con lode in Giurisprudenza all’Università Cattolica. Ha vinto il Premio Gemelli 2012 per il miglior laureato 2010 della Facoltà di Giurisprudenza di Piacenza. Ama la storia, la politica ed è appassionato di Chiesa. Scrive brevi saggi e collabora con il periodico Vita Nostra.

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