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Ivan Irti: Castell’Arquato ha tesori ancora da scoprire, cosa aspettiamo a rilanciarla?

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Ivan Irti è un tipo sbrigativo: letto il nostro articolo sulla triste deriva di  Castell’Arquato, ci contatta. Ha molte cose da dire. E in effetti, il capo della lista civica Terre arquatesi, all’opposizione in Consiglio comunale, è un fiume in piena. Ci riceve nella sede della sua associazione, la “Gens Innominabilis” che utilizza il fascinoso torrione Farnese a Castell’Arquato. Dopo averci mostrato con l’orgoglio degno di un papa del Rinascimento le migliorie apportate al torrione, pronto per essere aperto come museo (ma su questo gioiello ci torneremo), Irti comincia a parlare del futuro della “città”…

Scusi, abbiamo capito bene?
“Sì, proprio così: Castell’Arquato è una città, non un paese o un borgo. Meriterebbe molto di più. Ma tutta la nostra provincia meriterebbe di più: se siamo la provincia col maggior numero di castelli, bisogna ricordare anche soltanto le eccellenze che abbiamo in Val d’Arda. Dal borgo fortificato di Vigoleno a Veleia; dalla riserva del Piacenziano, che è una nostra esclusiva, al parco Provinciale; poi la diga di Mignano e la meraviglia del complesso ecclesiale di Vigolo Marchese. Eppure Bobbio e Grazzano Visconti sono piene di gente e Castell’Arquato è vuota”.

Di chi è la colpa?
“Non di una sola persona o di una specifica amministrazione, ovvio; è stata la scelta miope di diverse amministrazioni che non hanno creduto nel turismo, che è la vera molla per il nostro territorio. Pensi a Gradara, vicino Pesaro. Ogni sera una manifestazione, per tutta l’estate: locali pieni, turisti in coda. Ed è tutta rifatta nell’Ottocento. Noi abbiamo tutto originale, del medioevo. Ma qui la musica a tarda ora da fastidio. Pensi solo al parco delle Driadi. L’hanno restaurato con fondi pubblici e sono tre anni che è chiuso. Basterebbe un bando per trovare un gestore. Ma qui la confusione dà fastidio. Eppure il mercato immobiliare è in picchiata, i negozi sono vuoti, le edicole chiuse. Sa quanti ragazzi fanno la guida turistica?”.

Ci dica…
“Neanche uno. E a Gradara ce ne sono dai 10 ai 18 a seconda delle stagioni”.

Ma Gradara ha il bacino della riviera romagnola.
“E noi abbiamo Parma, Pavia, Cremona e soprattutto Milano ad un passo. Quando si organizza qualcosa, qui vengono turisti fin dalla Lituania. La fama di Castell’Arquato è un valore aggiunto che va sfruttato. Lo sa quando è aperto il museo geologico? A richiesta. Ma noi anni fa abbiamo ospitato anche Dario Fo che ha fatto un magnifico spettacolo in piazza. Tutto esaurito e il premio Nobel che dichiara: ‘Mi sento come a casa mia, questa piazza è meravigliosa!’. Certo, bisogna osare, bisogna rischiare”.

Come, Irti?
“Bisogna andare a Bologna a picchiare i pugni sul tavolo in Regione; bisogna approfittare della disponibilità del Comune di Piacenza che in Christian Fiazza ha un ottimo assessore alla Cultura e che si è detto disponibile a qualunque sinergia con Castell’Arquato”.

Ma il suo di Comune?
“Non mi faccia parlare; sono a capo dell’opposizione, qualunque cosa dica potrebbe essere intesa come provocazione e non voglio polemizzare con nessuno. Ma i fondi europei li può richiedere il Comune, mica la mia associazione, che pure ha tante idee”.

In settembre organizzerete una manifestazione, vero?
“Si, ma con pochissimi sponsor e praticamente quasi senza aiuto dell’amministrazione. Le assicuro che così è molto difficile. Ma sarà un bell’evento come Placentia Medievalis, quello che abbiamo organizzato pochi mesi fa in piazza Cavalli a Piacenza e che è stato un bel successo”.

Basta il medioevo per richiamare i turisti?
“Certo che no: ma da lì dobbiamo incominciare, Castell’Arquato è il medioevo; poi si possono anche organizzare feste della birra o concerti, ma la partenza, la nostra identità è quella”.

Però servono anche infrastrutture…
“Certo, pensi solo alle piste ciclabili: una che parta da Fiorenzuola, dove c’è la stazione ferroviaria, arrivi a Castello e prosegua per Vigoleno, Mignano o Veleia. Piste fatte bene, mica una striscia sul terreno a fianco della carreggiata. E poi strutture recettive per ospitare i ciclisti, eventi dedicati, una attenzione particolare per le bici che sono ecologiche e non inquinano”.

A che permanenza pensa?
“Il turista deve potersi fermare almeno tre giorni. Oggi la permanenza media è di mezza giornata. Ma non abbiamo hotel, la maggior parte degli esercizi pubblici chiude alle otto e la sera il centro monumentale è un deserto. Abbiamo la possibilità di fare manifestazioni di fianco al torrente Arda, che offre un bello spazio, ma potremmo organizzarci nel parco delle Driadi che è comunale o da qualunque altra parte. E se si aprisse l’archivio…”.

Cos’è l’archivio?
“Intendo quello del Comune: ho visto lettere di Papa Giulio II, quello di Michelangelo, lettere di Paolo III Farnese. Lo sa che per qualche anno Castell’Arquato era stato feudo di Bartolomeo Colleoni? Secondo me nell’archivio comunale c’è un tesoro che aspetta solo di essere scoperto”.

Insomma, ci conferma che a Castell’Arquato serve un cambio di marcia?
“Sì, i castellani, tutti, dal sindaco all’ultimo abitante, devono cambiare mentalità; perché oggi nessuno dei nostri giovani si ferma qui a lavorare. Bisogna capire che Castell’Arquato non può svilupparsi con industrie o logistica. È un gioiello da preservare; e se riusciamo a convogliare qui i turisti ne beneficiano tutti: dai posti di lavoro agli affitti dei negozi al valore degli immobili. Una spirale virtuosa che aspetta solo di essere innescata”.

Proprio come la spirale magica e misteriosa della scala a chiocciola del torrione che ci ha ospitato, aggiungiamo noi, con tanta speranza.

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Massimo Solari è avvocato cassazionista e scrittore. Ha pubblicato diversi volumi sulla storia di Piacenza e alcuni romanzi. Ha tenuto conferenze e convegni sulla storia di Piacenza. Ha collaborato con le riviste Panoramamusei, L'Urtiga, e scrive sul quotidiano Italia Oggi.

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