Il recente caso del giovane Leonardo La Russa non va confuso con le polemiche su Daniela Santanché e Andrea Delmastro Delle Vedove. Sul caso Santanché si può solo dire che, allo stato, quello che sconcerta – ma solo le anime belle – è che ancora una volta sulla notizia sono arrivati prima i giornalisti (del resto, è esattamente il loro lavoro) dei diretti interessati.
Ministro e sottosegretario
La Santanché, ministro del Turismo, indagata sulla gestione di alcune sue società, sta anche pagando il fatto di non essere simpatica neppure al popolo che l’ha votata. All’opposizione, priva del suo centro di gravità, poter ribaltare sul Governo un caso Soumahoro non sembra vero.
Su Delmastro, sottosegretario alla Giustizia, osservo solo questo: l’imputazione coattiva è un istituto (si rassegni il guardasigilli Nordio) non solo previsto nel nostro ordinamento, ma con un profondo significato. Il Pubblico ministero non può decidere di archiviare un procedimento penale; può solamente chiederlo al Giudice per le indagini preliminari. E il Gip ha l’obbligo di esaminare il fascicolo e di decidere se effettivamente la notizia di reato è infondata o se merita altri approfondimenti. Nessuno spirito di rivalsa o di opposizione verso il Governo. Spesso il Gip, prima di decidere sull’archiviazione, chiede al Pm di svolgere altre indagini in altre direzioni o di interrogare certi testi. Capita abbastanza spesso e non ci sembra il caso di stracciarsi le vesti.
Focus La Russa
Altro il caso di La Russa: i fatti sono da pochissimo al vaglio degli inquirenti, solo il 10 luglio viene interrogata la parte offesa; e l’avviso di garanzia al figlio del presidente del Senato è, appunto, una forma di garanzia nei suoi confronti. Il problema nasce dalla reazione del presidente del Senato, la seconda carica dello Stato di difendere a spada tratta il figlio. L’ennesimo caso nel quale il senatore avrebbe potuto stare zitto; come avrebbe potuto/dovuto tacere Beppe Grillo, il cui figlio è coinvolto in un fatto analogo. Con la non trascurabile annotazione che Grillo, per potente e influente che era all’epoca dei fatti, era pur sempre un privato cittadino.
L’Ignazio nazionale, al contrario della Santanché, gode di una vasta simpatia, grazie anche ai siparietti con Fiorello che l’hanno reso un’icona pop. Però non riesce a tenere a freno la lingua. Immagino l’espressione del presidente Mattarella, così ligio alla riservatezza e all’osservanza maniacale delle prerogative costituzionali, quando ha letto le dichiarazioni del suo “vice”. Scalfaro, Cossiga e Napolitano avrebbero replicato con comunicati al curaro; lui conserverà il silenzio, ma un silenzio pieno di significati, e nessuno di questi favorevole a La Russa.
Codice rosso
La recente legge 69/2019, detta del “codice rosso” e promossa da Giulia Bongiorno (Fratelli d’Italia), ha spostato il termine per presentare querela in caso di violenza sulle donne a sei mesi. Di conseguenza non sappiamo di cosa si lagni il presidente La Russa quando osserva che la parte lesa ha atteso 40 giorni per presentarla. Il motivo (i puristi direbbero la ratio legis) dipende proprio dal turbamento che può provare la danneggiata e la necessaria elaborazione dei fatti.
Nonostante le dichiarazioni del senatore, che ha affermato di averla trovata a casa sua, nella camera del figlio e il fatto che, a quanto sembra, il figlio (Leonardo Apache) non neghi il rapporto sessuale, ma dica solo che la donna era consenziente, il giudice che sarà chiamato a valutare il caso dovrà essere particolarmente sensibile e capace; infatti, se stiamo ai fatti nudi e crudi, davanti a lui ci saranno solo Leonardo La Russa, imputato e la parte offesa, testimone, che si impegna solennemente a dire la verità.
La parola dell’imputato, invece, non ha praticamente valore processuale a meno che non sia una confessione. In pratica il processo sarebbe già finito qui: un teste per l’accusa, nessun teste per la difesa. Ma, per fortuna, noi non abbiamo (e speriamo non si abbia mai) un giudice sostituito dall’Intelligenza Artificiale come negli Usa. E il giudice (essere umano) potrà portare nel giudizio tutta la sua esperienza e la sua umanità per capire se la parte offesa è credibile o mente.
(articolo pubblicato su ItaliaOggi)
Massimo Solari è avvocato cassazionista e scrittore. Ha pubblicato diversi volumi sulla storia di Piacenza e alcuni romanzi. Ha tenuto conferenze e convegni sulla storia di Piacenza. Ha collaborato con le riviste Panoramamusei, L'Urtiga, e scrive sul quotidiano Italia Oggi.