Vino & Sapori

L’assaggio dei Ca’ del Bosco: dalla vigna al calice, cinquant’anni di vera passione

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Ca’ del Bosco: chiudendosi lentamente, il “Cancello solare”, imponente opera d’arte di Arnaldo Pomodoro, ci fa entrare nel mondo di Maurizio Zanella. Un sentiero tra verdi prati, filari curatissimi e boschi lussureggianti conduce, improvvisamente, all’avveniristica cantina.

Forse come in poche altre realtà, qui è necessario venirci per capire una visione, una filosofia, che si è inserita in Franciacorta creando un’icona. Un’Azienda che in pochi anni ha raggiunto risultati da altri visti dopo diversi passaggi generazionali, sul mercato con 2 milioni di bottiglie all’anno di assoluta riconoscibilità, che rappresentano uno stile, lo stile della Maison.

Il francese non è casuale: la sfida iniziale era proprio competere con gli inarrivabili vini di Champagne. Ma esiste anche una linea, meno nota ma di gran pregio, di vini fermi. Se per i Metodo Classico è stato essenziale l’enologo André Dubois, gli altri nascono dal sodalizio, esclusivamente di amicizia e non di affari, tra Zanella e l’enologo russo André Tchelistcheff (leggenda tra Napa Valley e l’italiana Ornellaia).

L’importanza di farsi capire

Ca’ del Bosco è attentissima ad accogliere gli ospiti, consapevole di quanto sia essenziale capire le cure che dedicano ai vini per apprezzarli. Un’organizzazione impeccabile che vede in prima linea, per la stampa, l’entusiasta e preparata Monica Faletti in Cantina da dieci anni, quanto una preziosa bottiglia di Anna Maria Clementi.

Nel centro, anche architettonico, di questo eden, si parte da un grande plastico che fa vedere, toccare, quasi annusare quei luoghi adagiati tra un anfiteatro morenico, l’incantato Lago d’Iseo e i suoli dall’influenza padana, alluvionali e argillosi.

Tra i vigneti, che toccano 10 Comuni, alcuni a 500 metri di altitudine (i più alti di tutta la Franciacorta), il ventaglio pedoclimatico che permette di esaltare le caratteristiche dei vari suoli è enorme; 300 ettari di vigna produttivi, o in procinto di esserlo e biodiversità garantita da 150 ettari boschivi, 50 di prati e 1.700 piante di ulivo.

Massima cura a 360 gradi

L’area dell’accoglienza delle uve è a metà tra il futuristico e un grande “centro benessere” del grappolo. Le uve raccolte a mano in cassette, vengono classificate a seconda di qualità e vigneto di provenienza, selezionate manualmente e sottoposte a un bel bagno: pochissime altre cantine al mondo fanno il lavaggio delle uve, per quanto, riflettendoci, sia l’unico frutto consumato senza lavarlo.

Tutto studiato nei minimi dettagli a Ca’ del Bosco: anche il passaggio del mosto nei tini di fermentazione che avviene per caduta, grazie ad ascensori che sollevano le vasche, senza l’utilizzo di pompe che “disturberebbero la trama originaria del vino”.

I vini vanno poi nel sottosuolo, fino a 26 metri. Si parte da una barricaia dove pare di passeggiare tra le nuvole piuttosto che sottoterra, in un atmosfera sognante creata da nebulizzatori di vapore acqueo che mantengono l’umidità ottimale per il corretto affinamento del vino nelle piccole botti di rovere. Il legno umido consente all’ossigeno di penetrare solo il giusto fino al vino. Qui, a “testimoniare” il trascorrere del tempo, una suggestiva opera d’arte di Mimmo Paladino. Si passa nella parte più profonda, in pietra locale, dove avvengono remouage a mano dal sapore antico e lunghi affinamenti.

Vicino, la parte più nuova, dominata dal nero Vintage Collection. E poi uno spazio, ovattato e avvolgente, dedicato alle percezioni sensoriali che anticipa la parte più spettacolare: uno stupefacente ambiente rivestito con 33mila bottiglie retroilliminate riproduce una bottiglia di Prestige capovolta conducendo, con una scenografica pedana verso l’immensa zona di affinamento delle Couvée Prestige. Da lì, tra due pareti di bottiglie, come un enoamatore immaginerebbe l’ascesa in paradiso, si risale verso l’imbottigliamento.

Infine, l’assaggio: di solito si dice essere il momento più atteso della visita; qui, complice anche l’ottima accompagnatrice, quasi quasi non è così… almeno fino al primo sorso.

Franciacorta Couvée Prestige (45ª edizione)

L’erede del primo Pinot di Franciacorta del 1976:  vino inconfondibile, che rappresenta uno stile e apre la gamma di Ca’ del Bosco.

Vendemmia base 2020 con vini riserva, che ne influenzano il colore dorato, mai oltre il 30%: danno morbidezza a dispetto del bassissimo dosaggio. Chardonnay dominante, oltre 80%, 15% Pinot Nero e 5% Bianco. Sboccatura 2022. Inizia ad avere una bella lunghezza al palato, con nota fruttata importante tipica  Prestige, fresca, beverina, piacevole.

Vini così smontano l’idea che i Franciacorta vadano relegati all’aperitivo – che non è comunque un diminutivo. Ci sta con formaggi giovani e ovviamente con crostacei e pesce.

Vintage Collection Dosage Zéro (Millesimo 2019)

Vino dalla grande personalità; da sempre una delle etichette più importanti di Ca’ del Bosco.

Fermentazione in legno dove svolge anche la malolattica.  Affinamento in bottiglia per 4 anni. Lo Chardonnay da maggior spazio ai Pinot: Nero al 20%, Bianco al 15%. L’annata (2019) si fa sentire: fresca con maturazione ritardata, ha dato vino lievemente più austero che apprezzeremo ancor più tra qualche anno, con grande verticalità e nota minerale che già si sentono.

Beva più decisa anche grazie all’assenza di vini riserva. Cerca l’abbinamento: sarebbe un peccato berlo da solo… ma no: l’unico peccato è non berlo!
Data la grande pulizia del dosaggio zero, lo sposerei anche a piatti grassi: filetto di carne, cruditè, risotto mantecato, formaggi o una battuta.

Selva della Tesa (annata 2019)

Cambiamo stile, lasciando gli spumanti: scopriamo vini fermi da favola, tra i migliori d’Europa… Francia inclusa. Chardonnay in purezza; siamo in vigne selezionatissime, storiche, e lo vediamo anche nel calice: bellissimo oro luminosissimo. In pièce bourguignonne avviene la fermentazione alcolica con batonnage (rimescolamento per ottenere struttura), 13 mesi in legno e affinamento in bottiglia.

Naso di affascinanti sentori nobili, in bocca maestoso, burroso, molto avvolgente, di grande profondità e lunghezza, data dal vitigno, non dal legno: è ben diverso! Un bianco che ci da il sapore della terra in cui nasce, dove prevale l’impronta varietale e lo stile della cantina nell’interpretarla.

Una chicca dalla produzione molto limitata (appena a casa mi sono affrettato ad acquistarne sul web una cassa).
Ci si può sbizzarrire con gli abbinamenti, sia per complessità che per struttura del piatto: per potenza ed eleganza passa avanti a molti rossi.

Maurizio Zanella (Sebino Igt 2019)

È il loro miglior rosso; vero taglio bordolese. Cabernet Sauvignon 50%, Merlot e Cabernet Franc 25%. Vinificazione dei tre mosti in barrique separate per 9/10 mesi. Dopo il blend ritorna in legno per un secondo affinamento.

Ecco, in questi sorsi ritroviamo il sunto di quanto vi ho raccontato anche nell’articolo precedente dedicato a Ca’ del Bosco: i vini veri hanno completa aderenza tra vino, terreno, chi lo fa e la sua passione.

Sante Lancerio
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