Opinioni

Lidia Poët: la serie tv sulla prima donna avvocato d’Italia e le mille colleghe di oggi

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La legge di Lidia Poët: dal 15 febbraio si può vedere su Netflix la nuova serie dedicata alla prima donna avvocato italiana. Interpretata magistralmente dalla bella e brava Matilda De Angelis, la vicenda è molto romanzata. Infatti nei titoli si avverte: “Storia ispirata a…”, perché la serie trasforma Lidia in una sorta di Sherlock Holmes in gonnella, intenta a risolvere gialli abbastanza truculenti nella Torino di fine Ottocento. Costumi sontuosi, degni di Tirelli e Visconti, scenografia altrettanto azzeccatissima, colori un po’ carichi ma piacevoli. Molto bravi anche Eduardo Scarpetta che interpreta il giornalista torinese Jacopo Barberis, che accompagna Lidia nella risoluzione dei casi giudiziari; e Pierluigi Pasino che veste i panni di Enrico, il fratello avvocato della protagonista.

Una donna straordinaria

La premessa è vera: Lidia Poët (1855-1949) si laurea in giurisprudenza a Torino con una tesi sulla condizione femminile nella società e sul diritto di voto per le donne. Supera l’esame di abilitazione e si iscrive all’Albo nel 1883, diventando così la prima donna avvocato d’Italia. Immediatamente la Procura torinese impugna l’ammissione alla professione e la Corte d’Appello revoca l’iscrizione.

La Poët ricorre avanti alla Corte di Cassazione, che conferma la revoca con le incredibili parole: “La donna non può esercitare l’avvocatura”. Solo nel 1919 una legge consente anche alle donne l’accesso all’avvocatura; e così la Poët, a 65 anni, nel 1920, può accedere alla professione, che pure aveva esercitato sotto l’egida del fratello per tutti gli anni precedenti, partecipando a importanti congressi penitenziari internazionali e alla stesura di numerose leggi.

La vita reale della Poët non è stata ovviamente avvincente come la serie Netflix: sei puntate e sei gialli con concessioni al grand Guignol. Nella fiction l’avvocato visita in cella i suoi clienti (oggi i colloqui si svolgono in parlatorio, ma la cella con le sbarre e il tavolaccio fa molto più colore); assiste a tutte le autopsie, cosa altrettanto improbabile, anche perché all’avvocato mancano le nozioni per capire cosa sta succedendo e dunque è relativamente inutile, ma anche questo fa spettacolo.

E adesso?

Un paio di considerazioni: dai tempi di Linda Poët, quant’è stato difficile arrivare alla situazione attuale. Secondo il rapporto Censis le donne avvocato in Italia nel 2022 sono 115mila contro 126mila colleghi uomini, pari al 47,7%. Ma rapidamente supereranno il 50%. Oggi, spesso anche in Corte d’Appello, si trovano collegi solo femminili. Ed è notizia dell’altro giorno che Margherita Cassano, 67 anni, è stata designata all’unanimità dalla Commissione per gli incarichi direttivi del Consiglio superiore della magistratura come prossimo primo presidente della Corte di Cassazione. Da domani, insomma, il primo magistrato italiano sarà una donna.

Le piacentine in toga

Quando nell’ormai lontano 1980 ho iniziato la professione forense, le donne avvocato si contavano sulle dita di una mano. Rappresentavano non più del 3 o 4% del Foro di Piacenza. Eppure lo ricordo bene: fin d’allora, forse perché erano tutte particolarmente brave, agguerrite e molto consapevoli del ruolo, nei loro confronti non c’era nessuna discriminazione. Il primo giudice donna era arrivata con me ed era la sola.

Oggi credo che le donne avvocato e magistrato rappresentino la grande maggioranza, in tutti i ruoli. Nel frattempo a Piacenza abbiamo avuto una presidente dell’Ordine. E oggi abbiamo una Procuratrice capo a rappresentare quello che una volta si chiamava il “sesso debole”. L’unica, divertente e innocente discriminazione la ricorda una mia collega. Ricevendo un cliente al posto del padre, storico avvocato piacentino, si sentì dire in dialetto “ma me sarcava l’avucat dabon”, veramente io cercavo l’avvocato vero. E alla risposta della collega che anche lei era “davvero” un avvocato, il cliente si era rimesso di buon grado a raccontare i suoi problemi…

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Massimo Solari è avvocato cassazionista e scrittore. Ha pubblicato diversi volumi sulla storia di Piacenza e alcuni romanzi. Ha tenuto conferenze e convegni sulla storia di Piacenza. Ha collaborato con le riviste Panoramamusei, L'Urtiga, e scrive sul quotidiano Italia Oggi.

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