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Macron ha vinto, ma per il presidente francese c’è l’incubo delle elezioni legislative

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Macron: “Quando parla della Russia, parla col suo banchiere!”. Questa è probabilmente la frase che gli ha consentito di vincere la sfida con Marine Le Pen alle presidenziali francesi di ieri. La presidente del Rassemblement National nell’ultimo confronto tv aveva risposto all’attacco di Macron scandendo: “Io sono una donna libera e difendo la Francia”, ma non aveva potuto smentire di aver contratto un debito di 9 milioni di euro nel 2014 con una banca russa vicina a Putin. Macron, già partito favorito dai sondaggi, seppur lontano da quel 66% che lo aveva portato all’Eliseo nel 2017, è stato così riconfermato col 58% dei voti dei francesi contro il 42% della sua sfidante.

Per l’Italia e per l’Europa?

Sappiamo già chi è l’inquilino dell’Eliseo: un tecnocrate gelido, che non ama particolarmente l’Italia e ci considera i fratelli minori. Il suo cuore, se batte, lo fa per Berlino. E se fino a qualche tempo fa si potevano fare facili battute sui suoi rapporti con Angela Merkel ben più anziana di lui come la moglie Brigitte, ora vedrete che intesserà ottimi rapporti anche col cancelliere Olaf Scholz. Infatti la sua prima visita ufficiale dopo la rielezione sarà proprio in Germania.

Se l’uomo non è un mostro di simpatia e riassume in sé il massimo dei difetti dei francesi, primo fra tutti la convinzione di essere sempre i primi della classe, Macron è comunque un europeista convinto. E nel momento in cui siamo in guerra per l’Ucraina, avere all’Eliseo Marine Le Pen sarebbe stato un bel problema. Se non la fine dell’Europa, come affermano i catastrofisti, di sicuro una bella ipoteca sulla sua débâcle. Dunque scampato pericolo? In parte sì. Possiamo solo notare che la sua rielezione ha tolto a Draghi la possibilità di diventare il king maker dell’Europa con un forte asse Roma-Berlino (che non porterebbe neanche tanto bene, se ci pensiamo…).

Lo spettro delle legislative

Ieri sera Macron ha cantato vittoria all’ombra della Torre Eiffel (sceglie sempre scenari accattivanti: per la precedente elezione era comparso – lui direbbe apparso – sullo sfondo del Louvre); ma il suo successo potrebbe essere di breve durata. Quel 42% della eterna rivale Le Pen potrebbe tradursi infatti in una valanga di seggi all’Assemblée Nationale e al Senato, se venisse confermato alle elezioni legislative fissate per i prossimi 12 e 19 giugno. E anche se fossero riproposte le percentuali di voto del primo turno di 15 giorni fa, con En Marche al 27,85%, la Le Pen al 23,15%, il candidato della sinistra Jean-Luc Mélenchon al 21,95% e quello dell’estrema destra Éric Zemmour al 7%, Macron non potrebbe dormire sonni tranquilli.

Senza una netta vittoria parlamentare come nel 2017, il governo di Macron non potrà certamente appoggiarsi alla Le Pen o a Zemmour, per finire così tra le braccia di Mélenchon. E infatti la Le Pen, mentre riconosceva il risultato delle elezioni (senza complimentarsi con Macron, ma accusandolo invece di aver fatto una campagna aggressiva e scorretta), ha suonato le campane, invitando tutti i suoi sostenitori alla seconda battaglia delle legislative.

Insomma, un Macron che dovesse subire una maggioranza parlamentare di destra (cosa non del tutto impossibile) diventerebbe immediatamente un’anitra zoppa, con cinque anni di “coabitation” che per lui potrebbero diventare l’incubo peggiore.

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Massimo Solari è avvocato cassazionista e scrittore. Ha pubblicato diversi volumi sulla storia di Piacenza e alcuni romanzi. Ha tenuto conferenze e convegni sulla storia di Piacenza. Ha collaborato con le riviste Panoramamusei, L'Urtiga, e scrive sul quotidiano Italia Oggi.

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