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Mondo cattolico in rivolta: tutto sullo scontro con il governo

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Il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, la Conferenza episcopale italiana

Mondo cattolico sul piede di guerra contro governo e maggioranza giallo-verde. Al malcontento per il Decreto Sicurezza di Matteo Salvini, si aggiunge in questi giorni la rivolta contro l’aumento dell’Ires per il no-profit. A questo proposito, si registra una dura presa di posizione del cardinale Gualtiero Bassetti a capo della Cei. Il presidente dei vescovi italiani, intervistato da La Repubblica, accetta di polemizzare apertamente con il ministro dell’Interno. E taccia l’emendamento sull’Ires come una rappresaglia alle critiche cattoliche verso la politica migratoria governativa.

Era facile prevedere che tra la chiesa plasmata da Papa Francesco e i sovranisti ci sarebbe stata dialettica. Non altrettanto, però, poteva dirsi di uno scontro a tutto campo. Analizziamo comunque i due fronti del conflitto, partendo dal nodo fiscale.

Mondo cattolico e Ires

L’Ires è l’imposta sul reddito delle persone giuridiche, cioè imprese, enti e associazioni, comprese quelle del Terzo settore. Si tratta di organizzazioni non a scopo di lucro, sia laiche sia religiose, che operano prevalentemente nel campo dell’assistenza ai poveri e ai disabili. Se ne contano oltre 300mila nel nostro Paese. Danno lavoro a 800mila persone e si avvalgono della collaborazione di 5 milioni di volontari.

Finora, questi soggetti con finalità solidaristiche beneficiavano di un’aliquota Ires agevolata al 12%. Quando la legge di bilancio sarà definitivamente approvata dalla Camera, l’imposta passerà al regime ordinario del 24%. L’aumento di gettito atteso è pari a 118 milioni di euro nel 2019 e 158 milioni nel 2020. La disciplina fiscale del Terzo settore era già destinata a cambiare, quando fosse entrata in vigore la riforma voluta dal governo Renzi nel 2016. Dal ritocco Ires risultano particolarmente penalizzati gli enti religiosi. Essi perdono sia il trattamento transitorio agevolato, sia il mantenimento a regime del dimezzamento dell’aliquota per le attività diverse da quelle istituzionali.

Il ravvedimento di Di Maio  

Dopo la generale levata di scudi degli operatori del settore, Luigi Di Maio è corso ai ripari. Il vicepremier dei 5 Stelle si è impegnato personalmente a cambiare la norma nel primo provvedimento utile successivo alla manovra. Prima non è possibile, ha detto, salvo allungare i tempi di approvazione della manovra e costringere lo Stato all’esercizio provvisorio.

È chiaro, comunque, che un ritocco all’insù delle tasse in un settore tanto socialmente sensibile è stato reso necessario dalla trattativa con Bruxelles. Per salvare la bandiera giallo-verde del deficit sopra il 2%, i tecnici del ministero dell’Economia sono stati costretti a raschiare il fondo del barile. La Commissione europea, infatti, ha già preannunciato che monitorerà costantemente i conti italiani. Bisognerà dunque trovare circa 300 milioni di coperture nel prossimo biennio, per non deludere la promessa di correzione dell’adeguamento Ires.

Mondo cattolico e Decreto Sicurezza

E veniamo al Decreto Sicurezza, convertito in legge il 1° dicembre. Qui la polemica del mondo cattolico con il governo e specialmente con Salvini degenera nello scontro aperto. Vescovi, parroci e associazioni non condividono praticamente nulla del giro di vite sull’immigrazione del titolare del Viminale. Rigettano anzitutto la logica di fondo con cui la Lega e la maggioranza approcciano la materia. La divisa dei porti chiusi, indossata dal governo nel caso-simbolo della nave Diciotti, è giudicata pressappoco un’infamia. Un tradimento dei valori costituzionali e una perversione dell’ethos nazionale, improntato (secondo loro) alla solidarietà incondizionata e universale.

Ma è sulla soppressione del permesso di soggiorno per motivi umanitari che si appuntano le critiche più specifiche al governo. Anche perché in questo caso la svolta decisa dal ministro dell’Interno ha già scontato qualche difficoltà applicativa. Da ottobre (entrata in vigore del decreto), la concessione di permessi per le motivazioni più stringenti sostitutive di quelle genericamente umanitarie è crollata. Dal 30 al 5%. Su 7.116 domande esaminate in novembre, quelle bocciate sono state 6.141. Il problema è che, in pari tempo, non sono aumentati i rimpatri delle persone sprovviste di titolo di permanenza in Italia. Anzi, sono leggermente diminuiti (- 6%): da giugno a novembre sono stati 3.252, contro i 3.459 dello stesso periodo del 2017. Salvini promette miglioramenti in questo campo, anche grazie a nuovi accordi con Ghana e Guinea. Ma basteranno a intaccare la cifra monstre di 500mila irregolari, stimati in giro per il Paese?

La circolare sugli Sprar non basta

Gerarchia e mondo cattolico accusano la legge-sicurezza di produrre di fatto clandestinità. Peraltro, in sede di conversione del decreto, sono state accolte alcune delle richieste avanzate da Sant’Egidio, Acli, Caritas, Centro Astalli, Fcei e Centro Giovanni XXIII. Come, ad esempio, che i permessi sostituivi di quello umanitario siano più facilmente rinnovabili e convertibili. Probabilmente, non basta ancora a queste realtà.

Ma almeno un punto è chiaro, adesso. Chi già soggiorna negli Sprar (Centri per richiedenti asilo e rifugiati), anche se con le nuove regole perde il diritto a risiedervi, può rimanervi fino alla scadenza dei progetti in corso. L’allontanamento di 26 migranti dal Cara di Crotone è stata superato da una circolare interpretativa del Viminale del 18 dicembre. Difficilmente, però, questo passo metterà pace tra due impostazioni di fondo così marcatamente alternative.

 

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Corrado Cavallotti è laureato con lode in Giurisprudenza all’Università Cattolica. Ha vinto il Premio Gemelli 2012 per il miglior laureato 2010 della Facoltà di Giurisprudenza di Piacenza. Ama la storia, la politica ed è appassionato di Chiesa. Scrive brevi saggi e collabora con il periodico Vita Nostra.

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