Ludwig van Beethoven: esattamente due secoli fa, il 7 maggio 1824, al Theater am Kärntnertor di Vienna, il geniale compositore tedesco (già affetto dalla sordità che ne accompagnò gli ultimi anni di vita) dirigeva la “prima” della sua Nona Sinfonia in Re minore Opera 125. Il pubblico in visibilio omaggiava l’autore non solo con un tripudio di applausi, che lui non poteva già più udire, ma anche sventolando commosso i suoi fazzoletti all’indirizzo dell’esausto interprete sul podio.
Considerata un capolavoro dell’arte di ogni tempo e una vetta ineguagliata della musica colta occidentale, la Nona è detta anche Corale, in ragione appunto dell’intervento, nel suo quarto e ultimo movimento, del coro e delle voci soliste (soprano, contralto, tenore e basso). Era una novità assoluta per il genere sinfonico, al punto da venire considerata uno spartiacque: c’è stato un prima e un dopo la Nona (e ultima) di Beethoven (1770-1827). Il coro e i solisti recitano, secondo il libero arrangiamento beethoveniano, l’ode “Alla gioia” del poeta Friedrich Schiller.
Il filo rosso: dall’Eroica…
Beethoven è, ad un tempo, l’apogeo del Classicismo e il precursore del Romanticismo. Con lui e, in particolare, con la sua Nona Sinfonia, la musica si conferma forma d’arte eccelsa ma comincia ad assumere anche i tratti dell’impegno civile. Quest’evoluzione, che s’intreccia con il divenire del processo storico, era già cominciata con la Terza Sinfonia, l’Eroica in Mi bemolle maggiore Opera 55, inizialmente dedicata a Napoleone Bonaparte. Il manoscritto originale è andato perduto, ma la copia conservata nell’archivio della Gesellschaft der Musikfreunde (Società degli Amici della Musica) della capitale austriaca reca la cancellatura, a mano dell’autore, della prima dedica al generale francese. Composta tra il 1803 e il 1804, l’Eroica voleva essere la celebrazione del grande Corso come campione degli ideali di libertà, eguaglianza e fraternità della Rivoluzione francese. La notizia dell’autoproclamazione imperiale di Napoleone (sigillo della conversione della sua parabola da democratica a tirannica) fa sì che il genio di Bonn si rassegni a consacrarla genericamente “al sovvenire di un grande uomo”.
…alla Nona
La Nona, vent’anni dopo, compie idealmente il percorso. L’Inno alla gioia è l’anelito alla fraternità umana universale (“Alle Menschen werden Brüder”: Tutti gli uomini divengono fratelli), non dimentica della sua origine e del suo termine divini (“Brüder, über’m Sternenzelt muss ein lieber Vater wohnen”: Fratelli, oltre il firmamento deve abitare un Padre amato). In tempo di Restaurazione, le dediche “democratiche” sarebbero state troppo vistose, ma il contenuto declamato dalle voci sole e dal coro è ben più dirompente. Beethoven fa sua l’aspirazione utopica di Schiller ad un nuovo ordine sociale, fondato sulla giustizia e sulla pace, che avrebbe dovuto consentire la piena realizzazione dei singoli individui e dell’umanità intera.
L’itinerario interno della Nona reca la stessa impronta dell’ideologia che essa presuppone e propone: un crescente slancio volontaristico ed ottimista, volto a superare i pregiudizi e i dubbi istigati dagli egoismi individuali, per giungere al trionfo della fratellanza generale. Non si può nascondere la matrice illuminista di questa visione, per cui anche la vena di religiosità che sembra percorrerla sa più di fiducia nell’uso retto della ragione che non di rapimento estatico verso la perfezione della trascendenza. Abbiamo, però, fatto abbastanza strada, anche come cristiani, per sapere che ragione e giustizia sono epifanie tangibili di Dio nella storia. D’altra parte, per inquadrare la Nona nel programma ideale del sinfonismo beethoveniano, non possiamo non richiamare anche la Quinta Sinfonia in Do minore Opera 67 (ta-da-da-daaa). Pure quest’altro capolavoro, detta “Sinfonia del Destino”, ci lascia l’impressione suggestiva della lotta titanica ingaggiata dall’uomo con la vita: un suggestivo itinerario dalle tenebre verso la luce.
I nostri consigli
I lettori troveranno altrove, se le vorranno, note più propriamente tecnico-musicali ed estetiche relative alla Nona Sinfonia. Noi, in conclusione, ci permettiamo due suggerimenti riguardo al catalogo sterminato delle versioni.
L’esecuzione dal vivo di Wilhelm Furtwängler con Coro e Orchestra del Festival di Bayreuth (voci sole Elisabeth Schwarzkopf, Elisabeth Höngen, Hans Hopf, Otto Edelmann) del 29 luglio 1951 è considerata un incunabolo dell’incisione. Il direttore tedesco inaugurò con questa memorabile interpretazione il tempio wagneriano restaurato dopo la distruzione della Seconda guerra mondiale. Un altro gigante della direzione d’orchestra, l’austriaco Herbert von Karajan, ha realizzato nel 1972, con i Berliner Philharmoniker, tre arrangiamenti (per piano solo, per fiati e per orchestra sinfonica) del quarto movimento della Nona. L’Inno alla Gioia (solo musica, senza parole), così adattato dal grande maestro salisburghese su originaria commissione del Consiglio d’Europa, è quello ufficiale dell’attuale Unione europea dal 1986.
Corrado Cavallotti è laureato con lode in Giurisprudenza all’Università Cattolica. Ha vinto il Premio Gemelli 2012 per il miglior laureato 2010 della Facoltà di Giurisprudenza di Piacenza. Ama la storia, la politica ed è appassionato di Chiesa. Scrive brevi saggi e collabora con il periodico Vita Nostra.