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Nordio e la riforma della giustizia: tra pie illusioni e interessi di casta

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Carlo Nordio: il guardasigilli ha preannunciato le linee guida della sua riforma della giustizia. I punti salienti? La separazione delle carriere, un nuovo approccio alle intercettazioni, discrezionalità nell’esercizio dell’azione penale e interventi sulle carceri.

Emergenza vera

Partiamo dall’ultimo punto. L’idea di intervenire sul sistema carcerario non può che essere encomiabile: da anni è evidente la spaventosa situazione tra sovraffollamento, carenza di personale ed eccessivo numero di suicidi. Il problema è che riformare le carceri costa molto e porta pochi voti. Vedremo se l’intenzione del ministro della Giustizia riuscirà a realizzarsi, anche perché proporre nuove depenalizzazioni andrebbe nella direzione inversa rispetto alle idee del governo Meloni.

Dai giudici ai pubblici ministeri

La separazione delle carriere, purtroppo, è una pia illusione. Certo, dipende da come vorrà declinarla e che risultati si aspetta. I motivi principali che militano a favore della separazione delle carriere sono la abbastanza evidente dipendenza dei giudici dai pubblici ministeri, a svantaggio della difesa. Se nel nostro sistema processuale le due parti – accusa e difesa – devono essere sullo stesso piano (uguali per dignità, differenti per funzioni), per Nordio che i pm siano parte dello stesso sistema dei giudici è inaccettabile.

L’altro motivo è l’eccessivo scambio di ruoli tra pm e giudici. Nordio afferma che le due funzioni sono talmente differenti che questa commistione non ha senso. Ma anche se le carriere verranno divise, anche se dovessero formarsi addirittura due Consigli superiori della magistratura, uno per le procure e uno per i giudici, se anche facessimo studiare i pm in Svizzera in modo che i componenti dei due settori non si potessero incontrare neppure all’università, il rapporto privilegiato tra giudici e pm non verrebbe scalfito. Per una serie di motivi strutturali di tutta evidenza.

Ordine e disordine

Spesso per il giudice (non per tutti, non bisogna generalizzare) il difensore è un impiccio: solleva eccezioni che ritardano il processo, mette in discussione l’impianto accusatorio, ha spesso rapporti di amicizia e comunque di simpatia umana con l’imputato che lo portano a difenderlo anche contro l’evidenza. In più, secondo alcuni magistrati, il difensore è comunque portatore di un interesse personale (economico) nel processo.

Invece il pm è solo portatore dell’interesse pubblico a far trionfare la giustizia. In sostanza, il pm rappresenta l’Ordine e l’avvocato difensore rappresenta il Disordine e l’Anarchia. Ma esistono anche giudici che arrivano al processo con la mente completamente libera da ogni pregiudizio e giudicano “iuxta alligata et probata”, cioè sulla base delle prove e dei documenti, senza lasciarsi influenzare dall’accusa e dalla difesa.

Se il passaggio di un bravo pubblico ministero al settore giudicante può essere positivo, perché avrà appreso come si svolgono le indagini e qual è l’ambiente nel quale è nato il delitto, il passaggio di un bravo giudice dalla giudicante alla Procura dovrebbe essere altrettanto positivo: è portatore della cultura del contraddittorio e sarà più garantista.

Opinioni divergenti

Sulle intercettazioni le opinioni divergono: c’è chi afferma, come il guardasigilli, che l’Italia spende troppo in intercettazioni e chi dice che siamo in linea con il resto dell’Europa. Il grave difetto delle intercettazioni, sempre secondo Nordio, è che spesso infangano persone estranee all’inchiesta e che sono pubblicate sui giornali senza nessun rispetto per la privacy e la loro onorabilità.

Va ricordato che, diversamente da molti Paesi europei, qualunque intercettazione deve essere autorizzata da un giudice, il Gip, che non fa parte della Procura. Di conseguenza abbiamo già un controllo di merito che dovrebbe garantire tutti; e abbiamo norme che puniscono la pubblicazione di intercettazioni che possano ledere l’onorabilità di terzi estranei, mentre quando riguardano gli indagati prevale, com’è ovvio, il diritto di cronaca.

L’azione penale: quando?

Infine la vexata quaestio dell’obbligatorietà dell’azione penale. Riassumiamo: l’articolo 112 della Costituzione prevede che “Il pubblico ministero ha l’obbligo di esercitare l’azione penale”. L’articolo 24 ricorda: “Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi”. Anche l’articolo 6 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo afferma: “Ogni persona ha diritto che la sua causa sia esaminata imparzialmente, pubblicamente e in un tempo ragionevole”.

Se poi mettiamo a terra, come si ama dire oggi, questi splendidi principi, ci rendiamo conto che tra carenza degli organici, soprattutto personale amministrativo, e arretrato, l’obbligatorietà diventa una chimera. E allora? Secondo il buon senso, i pubblici ministeri procedono solo nei casi nei quali i reati sono più gravi o “destano allarme sociale”. Se denunciate una violenza sulle donne, uno spaccio di stupefacenti o una rapina ben difficilmente il pubblico ministero starà con le mani in mano. Ma di fronte a denunce per una lite condominiale o un furto in appartamento sarà molto più difficile vedere folle di inquirenti all’opera.

Come pensa di modificare la norma Nordio? Non lo sappiamo ancora, nelle linee guida ha affermato che non è pensabile che i reati da perseguire obbligatoriamente siano scelti e indicati dal potere politico; ma non è neppure accettabile che ogni Procura decida per suo conto su quali fattispecie di reati si debba procedere e su quali no, favorendo, a volte, la smania di protagonismo mediatico che è un po’ il difetto di fabbrica delle nostre procure.

Corsa a ostacoli

Nonostante provenga dalle fila della magistratura, l’impresa di Nordio sarà un percorso ad ostacoli. No, il nostro Guardasigilli non dovrà temere un’opposizione divisa su tutto e spesso velleitaria. Il Nemico con l’iniziale maiuscola sarà rappresentato dalla casta dei giudici, ai quali da sempre è stata concessa una tale discrezionalità da rasentare l’arbitrio. E come fanno i bambini sulla giostra appena il papà accenna a farli scendere, elevano alte grida e spuntano le lacrime.

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Massimo Solari è avvocato cassazionista e scrittore. Ha pubblicato diversi volumi sulla storia di Piacenza e alcuni romanzi. Ha tenuto conferenze e convegni sulla storia di Piacenza. Ha collaborato con le riviste Panoramamusei, L'Urtiga, e scrive sul quotidiano Italia Oggi.

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