Open to meraviglia: lo so, sparare sulla recente campagna del ministero del Turismo è un po’ come sparare sulla Croce Rossa. Ma anche volendo essere obiettivi, anche cercando di parlarne bene, le manchevolezze e le sciatterie sono talmente numerose che diventa un’impresa.
Cominciamo dalle immagini di Open to Meraviglia: una Venere del Botticelli (agli Uffizi di Firenze) leggermente ritoccata per essere più glamour, in abiti contemporanei (l’originale è nuda) ripresa nei posti più suggestivi del Belpaese, sovrastata dalla scritta pubblicitaria «Open to meraviglia».
Innanzitutto, perché metà italiano e metà inglese? O «Aperto alla Meraviglia» o «Open to Wonder», no? Se è diretto all’estero, la parola «Meraviglia» è davvero un fuor d’opera, difficilmente intellegibile dagli anglofoni o dai tedeschi. Non parliamo dei francesi perché (è ufficiale) questa campagna non è diretta a loro, dato che la loro lingua non compare.
Meme e dintorni
Poi, perché ritoccare i lineamenti della Venere, che in questo restyling, secondo molti, somiglia alla Ferragni? Perché modificare tratti somatici creati da un genio assoluto che voleva appunto raffigurare in Venere la quintessenza della bellezza femminile? Si dirà, anche i francesi hanno storpiato «la Gioconda». Veramente l’hanno storpiata solo alcuni autori (Botero, Dalì) e per motivi artistici, non pubblicitari. Il ritocco furbetto ci sembra quantomeno superfluo per non dire fuorviante.
«Riguardo ai meme che circolano in rete mi sono fatta una risata», risponde Daniela Santanché, ministro del Turismo. «Ho scelto consapevolmente la Venere di Botticelli, un’icona conosciuta in tutto il mondo e simbolo della nostra italianità. È evidente che non la potevamo proporre nella campagna così com’è dipinta, perché uno degli obiettivi di questa campagna internazionale (affidata alla Armando Testa, ndr) è quello di avvicinare i giovani; abbiamo quindi utilizzato strumenti e linguaggi a loro vicini». Scusi, Ministro, ma secondo lei i grafici dello studio che hanno curato la campagna, sono più efficaci di Botticelli?
Traduzioni esilaranti
Purtroppo le vere doglianze sono altre: un video della campagna è stata girato in una cantina in Slovenia, peraltro da un regista olandese. La traduzione dei testi è stata affidata ad un’intelligenza artificiale che, pedestremente, ha tradotto Prato con Rasen (prato verde in tedesco); Brindisi con Toast, che è il termine teutonico per indicare l’azione di brindare; la città marchigiana di Fermo in Stillstand ovvero «fermata»; l’emiliana Cento è diventata Hundert (centinaio); Scalea è Treppe (scalinata); ma la più divertente è Camerino che nella traduzione diventa Garderobe.
La figuraccia è assicurata, l’intelligenza (per dire) artificiale ci fa meno timore; ma la sciatteria di chi ha dato il via all’operazione è imbarazzante, soprattutto dato che l’intera campagna ha un costo di nove milioni di euro. Una scorsa veloce agli elaborati anche da parte dell’ultimo correttore di bozze avrebbe evitato l’imbarazzo.
E il copyright?
Last but not least, la mancata registrazione del sito. Tanto che, dopo qualche ora dal lancio della campagna pubblicitaria di Enit, un’azienda di marketing del Mugello annuncia di aver acquistato il dominio per 4,99 euro: «Tranquilli, ci abbiamo pensato noi», si legge nella home page di www.opentomeraviglia.it. Una dichiarazione che per fortuna non lascia presagire intenti ricattatori. Il ministero del Turismo fa sapere però che il sito a cui fa riferimento la campagna è Italia.it e che Open to Meraviglia è solo il claim della campagna. Ma comunque non ci sembra una buona partenza.
Se tanto mi dà tanto, se in un ministero minore che non sembra oberato di attività, si riesce ad accumulare una tale serie di svarioni, gaffes ed errori madornali, quando un ministero è alle prese col ben più impegnativo tentativo di far quadrare i conti del Pnrr cosa può accadere?
(articolo pubblicato su ItaliaOggi)
Massimo Solari è avvocato cassazionista e scrittore. Ha pubblicato diversi volumi sulla storia di Piacenza e alcuni romanzi. Ha tenuto conferenze e convegni sulla storia di Piacenza. Ha collaborato con le riviste Panoramamusei, L'Urtiga, e scrive sul quotidiano Italia Oggi.