Papa Francesco rinnova l’appello ai negoziati per porre fine ai massacri a Gaza e in Ucraina: scattano la censura e l’auto-tutela. C’è un profilo formale e c’è un profilo contenutistico, nel rilievo assunto dalle dichiarazioni rilasciate dal Pontefice alla Radio Televisione Svizzera all’inizio di febbraio. Sabato ne sono uscite prima anticipazioni, poi l’integrale scritto a cura dell’informazione vaticana. La versione televisiva, a questo punto totalmente priva di interesse, verrà trasmessa il prossimo 20 marzo.
Il profilo formale concerne l’indecisione della grande informazione su come porsi di fronte a un Papa che non parla semplicemente della necessità di fare tacere le armi, ma di quella di negoziare a prescindere dal torto e dalla ragione. Ignorarlo? Ovvero, provare ad addomesticarne le dichiarazioni? Il profilo contenutistico è strettamente legato al precedente, anzi ne è la causa: la ragione e il torto, pensa all’evidenza il Pontefice, non sono rispettivamente appannaggio soltanto di qualcuno. Proviamo a scandagliare i due aspetti.
L’imbeccata e l’ipocrisia
L’aspetto formale è quello più semplice da considerare. E se, parlando di guerre, non si trattasse di morti e lacerazioni fisiche e morali lancinanti, ci sarebbe di che sorridere dell’ipocrisia dei grandi mezzi di comunicazione. Dei nostri media, quelli del nostro campo euro-atlantico. Sì, perché, che ci piaccia o no e che lo sappiamo o meno, anche noi siamo in guerra e la comunicazione, nelle guerre, è un aspetto rilevante.
L’ipocrisia è ben visibile perché, pressoché per la prima volta quando si parla delle dichiarazioni del Papa, sulle agenzie della comunicazione si affacciano problemi altrimenti mai posti. Si parla dell’imbeccata (sic), della sollecitazione, di fatto della provocazione dell’intervistatore. È il giornalista Lorenzo Buccella, si fa notare, che ha introdotto il tema del conflitto russo-ucraino parlando di “issare bandiera bianca”.
Perché (ci domandiamo noi), quando ogni sei, massimo nove mesi, Francesco rilascia un’intervista in cui tratta della sua possibile rinuncia al Papato, chi lo interpella in proposito non lo sta forse imbeccando? E non confeziona malamente il prodotto finito (la pubblicazione dell’intervista), parlando di dimissioni, quando non di questo si tratterebbe in quel caso, ma di rinuncia?
Non parliamo poi del diverso rilievo, dato a pronunciamenti pontifici differenti. Se il Papa parla di qualcosa che i media condividono, gli si dà un certo spazio (aperture, numero di pagine e di colonne, intensità e frequenza dei rilanci). Se parla, invece, di qualcosa che non è condiviso, allora bisogna andare a cercarsi la notizia in spazi informativi di nicchia, oppure tra le varie ed eventuali di parte soltanto della stampa scritta.
Primum vivere…
Veniamo al contenuto dell’ultima presa di posizione di Francesco. È un punto di vista terzo. Si sta già dicendo, invece, che è un punto di vista apertamente filo-russo e sottilmente filo-palestinese. In realtà, è uno sguardo che prova a prendere le cose per quelle che sono. Come stanno le cose?
In Ucraina, la guerra di Putin è (secondo l’insegnamento di Clausewitz) la prosecuzione della politica con altri mezzi. Politica estera, certamente, ma anche politica interna. Questo vale per Putin, ma vale anche per Zelensky e per Biden, per Xi Jinping ed Erdogan. E vale pure, in Medioriente, per Netanyahu, Sinwar, al-Sīsī, Khāmeneī, bin Salmān, eccetera. Da questo punto di vista, si capisce meglio che il torto e la ragione non sono questione di attribuzione in toto all’uno e all’altro, bensì di attribuzione di percentuali di torto e ragione a tutti quanti.
Soprattutto, la prospettiva del Papa è quella della sofferenza della gente, dei popoli. Per chi porta nella carne viva i segni della guerra, vale poco meno dell’inverso che per le classi dirigenti: meglio la politica degli altri mezzi. Quando sono in pericolo la vita e l’integrità fisica, nonché il minimo dell’esistenza morale e della convivenza sociale, non si può certo tirare in ballo il populismo, o la destra e la sinistra.
Pesi doppi e anche tripli
E la giustizia, la ragione degli aggrediti e il torto degli aggressori, il rispetto del diritto internazionale? La comunità internazionale, diversamente dalle società statuali, si caratterizza per la consensualità o volontarietà delle sue regole. Non che queste ultime non abbiano un contenuto che si approssima alla giustizia, solo che non esiste un potere coercitivo universalmente riconosciuto in grado di farle rispettare, quando siano trasgredite. Si formano delle coalizioni, di volta in volta, per fronteggiare taluni comportamenti trasgressivi, ovvero ritenuti tali. Si delineano schieramenti in base agli interessi in gioco, che non sono solo economici, ma anche strategici, di prestigio e di altra natura.
Molte volte, però, non succede niente, anche di fronte a tradimenti vistosi e gravi dello spirito e della lettera del diritto internazionale. In questi casi, come mai nessuno invoca la giustizia? Come mai nessuno esprime la convinzione che l’aggressore debba subire delle conseguenze? Come mai non lo si sanziona, né lo si boicotta? Come mai, tante volte, nemmeno se ne parla? Anche in questi casi, comunque, la cessazione nel più breve tempo possibile degli spargimenti di sangue è da preferire alla loro indefinita prosecuzione.
Papa Francesco tra sapienza cristiana e…
L’aspetto più trascurato dell’intervista di Papa Francesco è, però, un altro. Voluta o meno che fosse la circostanza, i ragionamenti su Ucraina e Gaza sono stati diffusamente seguiti, nel corso del colloquio con il giornalista, da riflessioni sull’interiorità della persona: le responsabilità, le colpe, i peccati. I ragionamenti sono corsi lungo il filo della metafora del bianco della veste papale e della maggiore vistosità delle macchie su questo colore così speciale.
È un discorso che avevamo già fatto poco meno di due anni fa, parlando dell’assassinio della propagandista russa Darya Dugina e del rammarico espresso allora dal Pontefice. Tristezza che, anche nel 2022, suscitò la reazione piccata di Kiev. Le guerre che gli uomini si fanno tra di loro recano l’impronta del male che alberga misteriosamente dentro di loro. Dobbiamo prenderci cura della nostra interiorità, se vogliamo avere relazioni umane migliori a tutti i livelli. Si torna sempre lì: il male viene da dentro l’uomo. È una lezione evangelica (Mc 7, 20), così come quella della preferenza da accordare agli accomodamenti rispetto alle guerre (Lc 14, 31-32). Anche in questo, l’appello di Francesco ai negoziati sa di sapienza cristiana: il che non esclude che abbia anche un valore politico, come tale pienamente opinabile.
Corrado Cavallotti è laureato con lode in Giurisprudenza all’Università Cattolica. Ha vinto il Premio Gemelli 2012 per il miglior laureato 2010 della Facoltà di Giurisprudenza di Piacenza. Ama la storia, la politica ed è appassionato di Chiesa. Scrive brevi saggi e collabora con il periodico Vita Nostra.