Papa Francesco allontana dal Vaticano monsignor Georg Gänswein, già segretario di Benedetto XVI, e da tempo in una posizione difficilmente sostenibile entro le mura leonine. Secondo le indiscrezioni delle ultime ore, il presule dovrebbe rientrare nella sua diocesi tedesca natia, Friburgo in Brisgovia, senza incarichi pastorali specifici.
I nostri lettori ricorderanno quanto sia risalente questa vicenda, che praticamente data alla rinuncia di Joseph Ratzinger al Pontificato, 10 anni fa. Nel 2019 da queste colonne avevamo riportato le voci, che davano allora per imminente la fine della collaborazione tra Francesco e Gänswein, in qualità di Prefetto della Casa Pontificia. Ci si interrogava in quella circostanza su quale senso avesse, per Papa Francesco, mantenere, alla guida del cerimoniale di Stato papale, il principale collaboratore domestico del suo predecessore. Evidentemente, il fatto che quest’ultimo fosse vivente aveva suggerito anche la sopravvivenza di quella forma di collegamento.
Maggiordomo indiscreto
Ben prima però della scomparsa di Joseph Ratzinger, avvenuta l’ultimo giorno dello scorso anno, l’arcivescovo Gänswein era stato di fatto esautorato dalle sue funzioni cerimoniali. Tre anni fa, cioè un anno dopo che ne avevamo scritto, il Papa gli aveva lasciato il titolo formale del vecchio Maggiordomo, dispensandolo però dal servizio. Insomma, un “non si faccia più vedere” nelle forme tradizionalmente ovattate dei palazzi vaticani. Il fatto è che, rispetto al passato, le voci non restano più tali. Perché l’esagerato rilassamento della disciplina ecclesiastica, unito all’esplosione della società mediatica, ha polverizzato la cautela della riservatezza.
Sicché dal 2020 monsignor Gänswein ha moltiplicato le sue uscite critiche e comunque indiscrete. Alle orecchie del Pontefice regnante, erano suonate particolarmente fastidiose le considerazioni pubblicamente svolte sul Motu proprio Traditionis custodes del 2021, con cui Francesco ha posto fine alla liberalizzazione dell’uso del Messale di Pio V. Gänswein aveva sostenuto che la fine del regime di favore per gli affezionati al vecchio rito eucaristico era una decisione che aveva «spezzato il cuore» al vescovo emerito Ratzinger, che quel regime aveva stabilito nel 2007. In generale, comunque, Gänswein ha raccontato un sacco di cose, compreso il suo congedo non formale del 2020.
Particolari “salati”
Quest’anno, dopo le esequie del fu Benedetto XVI, è arrivata la classica goccia a far traboccare il vaso: la pubblicazione del libro “Nient’altro che la verità. La mia vita al fianco di Benedetto XVI” (Piemme), scritto a quattro mani col giornalista Saverio Gaeta. Oltre ad aggiungere particolari “salati” sul suo ridimensionamento curiale (ad esempio il fatto che Francesco non aveva accettato di ritornare sulla decisione di congedarlo, nonostante l’interessamento scritto di Ratzinger), monsignor Georg, nel libro, si è messo a parlare anche del caso di Emanuela Orlandi. Ha semplicemente ribadito che, secondo lui, non c’è niente che sia stato occultato in Vaticano su questa vicenda. Ma intanto, comunque, ha detto la sua anche su questo.
Un po’ di storia
Prima di concludere sul caso e la posizione di monsignor Gänswein, non possiamo eludere il confronto con la sorte toccata agli altri prelati che nell’ultimo secolo sono stati segretari particolari dei Papi. Conviene dedicarsi a questo raffronto, per farsi un’idea dell’attuale posizione dell’ecclesiastico tedesco.
I due collaboratori papali che hanno avuto le maggiori responsabilità, dopo la morte dei loro mentori, sono stati Stanislaw Dziwisz e Carlo Confalonieri. Il primo, segretario di san Giovanni Paolo II, era stato nominato da Papa Ratzinger arcivescovo di Cracovia (secondo successore dello stesso Karol Wojtyla) e creato cardinale nel 2006. Il secondo ci riporta esattamente ad un secolo fa, essendo stato segretario di Pio XI (1922-1939). Il successore di Papa Ratti, Pio XII, aveva dovuto quasi imporre a Confalonieri di diventare arcivescovo de L’Aquila, nel 1941. Quindi, il sacerdote milanese aveva ripreso un formidabile cursus honorum curiale, concluso da Decano del Sacro Collegio dei Cardinali.
Papa Pacelli, che godeva fama di ieratico ed inaccessibile, a parte la celeberrima suor Pascalina Lehnert, aveva avuto come collaboratore il gesuita tedesco Robert Leiber. Dopo il 1958, questi aveva mantenuto solo la propria cattedra alla Pontificia Università Gregoriana. Era, però, costume osservato dai Gesuiti quello di non accettare incarichi al di fuori del loro ordine.
Da Giovanni XXIII a Paolo VI
I segretari dei due Papi del Concilio, i santi Giovanni XXIII e Paolo VI, sono stati entrambi prelati di Loreto. Stiamo parlando, rispettivamente, di monsignor Loris Capovilla (che è stato anche arcivescovo di Chieti e Papa Francesco ha creato cardinale quasi centenario) e di monsignor Pasquale Macchi. Infine, la “meteora” Papa Luciani aveva ereditato il secondo segretario del predecessore Montini, padre John Magee (poi maestro delle celebrazioni del Papa, quindi vescovo di Cloyne, nella natia Irlanda), e vi aveva aggiunto il suo segretario veneziano, don Diego Lorenzi. Il sacerdote è stato a lungo missionario del suo istituto, i Figli della Divina Provvidenza.
Un collegamento improprio…
Monsignor Gänswein ha ovviamente risentito dell’inedito assoluto, rappresentato dalla condizione di Pontefice rinunciante di Joseph Ratzinger. Nonché della scelta di Papa Francesco, da noi considerata criticamente, di accettare in toto le condizioni previste da Papa Benedetto per il proprio trattamento successivo alla rinuncia. Condizioni tutte riassumibili nella scelta di continuare a risiedere nello Stato della Città del Vaticano, con una costante visibilità della sua figura e una ricorrente eco delle sue posizioni su temi rivelanti di vita ecclesiale.
Da questo punto di vista, l’idea, probabilmente coltivata dal Papa, di fare del segretario di Ratzinger una sorta di ponte con se stesso, si è rivelata infelice. Infatti, monsignor Georg, come qualsiasi altro prelato anche alto, oggi non tace. Concede interviste a quelli che un tempo si sarebbero chiamati rotocalchi. Condivide pubblicamente contenuti, se non proprio riservati, almeno non adatti alla diffusione indiscriminata.
E adesso?
In più, circa la sua collocazione odierna dopo la morte di Ratzinger, c’è l’ulteriore problema della sua dignità episcopale. Come Wojtyla con Dziwisz, anche Benedetto XVI ha ordinato personalmente vescovo don Georg. Sicché, oggi, come impegnare un vescovo di 67 anni, considerato anche che, a 75, tutti i chierici sono tenuti a presentare rinuncia agli uffici ricoperti? Si era parlato della nunziatura in Costa Rica, ma per il momento non sembra se ne faccia niente. Nel frattempo, si alimenta il chiacchiericcio, tanto detestato da Papa Francesco. Certo, se Joseph Ratzinger si fosse ritirato in un eremo mitteleuropeo e monsignor Gänswein lo avesse accompagnato, quanto meno un po’ di pettegolezzi in dieci anni se li sarebbero risparmiati.
Corrado Cavallotti è laureato con lode in Giurisprudenza all’Università Cattolica. Ha vinto il Premio Gemelli 2012 per il miglior laureato 2010 della Facoltà di Giurisprudenza di Piacenza. Ama la storia, la politica ed è appassionato di Chiesa. Scrive brevi saggi e collabora con il periodico Vita Nostra.