Economia

Partite Iva, flat tax vietata anche sotto i 65.000 euro: ecco chi resta escluso

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Partite Iva e flat tax: arriva il divieto che blocca l’accesso alla tassazione del 15% anche per chi sarà sotto i 65.000 euro di fatturato nel 2019. Nel disegno di legge Bilancio emerge infatti un particolare non da poco. L’applicazione della tassazione agevolata non sarà consentita alla partita Iva individuale che nei 2 anni precedenti abbia conseguito redditi da lavoro dipendente o assimilati erogati dal soggetto (azienda o altro) per cui il lavoratore autonomo svolge prevalentemente la propria attività.

Non basta: il divieto si applica anche alle prestazioni della partita Iva verso quei soggetti che possano essere direttamente o indirettamente riconducibili all’ex datore di lavoro dipendente. E il blocco biennale vale anche per la tassazione al 20% delle partite Iva con un fatturato tra i 65.000 e i 100.000 euro prevista dal 2020.

Partite Iva a freno

L’intento del governo è chiaro. Il divieto prima di tutto è un argine per tutelare le entrate fiscali. Perché il gettito potrebbe risentire in modo molto negativo del passaggio di tantissimi lavoratori da dipendenti ad autonomi. Un freno non tanto per quello che il datore di lavoro deve pagare al Fisco. Ma per la tassazione a carico del lavoratore autonomo drasticamente ridotta con la flat tax. Soprattutto, come spiega Eutekne.info, se ha una retribuzione lorda tra i 35.000 e gli 80.000 euro. L’ammontare calcolato dal sito dei commercialisti è nell’ordine del 30% di reddito in più per il lavoratore autonomo rispetto a quello dipendente, al netto dell’Irpef, addizionali comprese, e dei contributi previdenziali.

Quota 45.000

Prendiamo per esempio un dipendente con un contratto a tempo determinato o indeterminato che ha una retribuzione lorda di 45.000 euro annui. A fronte di un costo per l’azienda di 59.346 euro il lavoratore incassa un netto di 28.453 euro. Se fosse una partita Iva, il costo per il datore di lavoro potrebbe essere lo stesso. Ma il netto per l’autonomo, sempre secondo Eutekne.info, salirebbe a 38.925 euro. Ben 10.472 euro di differenza. Quasi il 37% in più a disposizione dei suoi consumi e dei suoi risparmi e non delle casse erariali.

Flat tax e posto fisso

Il divieto biennale inserito nel Ddl Bilancio probabilmente ha anche un altro intento. Limitare le pressioni che i datori di lavoro potrebbero esercitare sui propri dipendenti perché si trasformino subito in autonomi, continuando però a svolgere le stesse mansioni. A parità di costi diventerebbero più facili da sostituire. Con meno vincoli di natura sindacale in caso di licenziamento, fermo restando l’intervento dell’Inps per valutare la presunta subordinazione del nuovo rapporto di lavoro, previsto anche dal Jobs act.

Ma se questa è la strada, in breve tempo il mercato del lavoro è destinato a subire una profonda trasformazione. E appare evidente la contraddizione tra gli obiettivi del Decreto dignità e le conseguenze della flat tax. Se il primo punta ad aumentare le assunzioni di lavoratori dipendenti a tempo indeterminato, l’agevolazione per le partite Iva si muove nella direzione opposta. E allontana il traguardo del posto fisso per i precari e per chi entra nel mondo del lavoro.

 

 

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Giovanni Volpi, giornalista professionista, è il direttore del Mio Giornale.net. Ha iniziato al Sole-24 Ore nel 1993. Dieci anni dopo è passato in Mondadori, a Tv Sorrisi e Canzoni, dove ha ricoperto anche il ruolo di vicedirettore. Ha diretto Guida Tv, TelePiù e 2Tv; sempre in Mondadori è stato vicedirettore di Grazia. Ha collaborato con il Gruppo Espresso come consulente editoriale e giornalistico dei quotidiani locali Finegil.

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