Plastic free: solo un sogno, o liberarsi dalla plastica è davvero possibile? Ciò che non può non colpire, e far riflettere, anche la persona meno ecologista e più indifferente alle sorti del nostro pianeta, è la quantità esagerata di plastica che ci portiamo a casa ad ogni spesa del supermercato.
Dalla carne alle bottiglie d’acqua, al pane, al pesce, alla frutta: nulla ci viene presentato esente dalla sua pellicola trasparente e da vaschette di ogni foggia. Tutta plastica che ci portiamo a casa per buttarla subito dopo nella pattumiera. Un uso di pochi minuti o al massimo di qualche giorno in frigorifero che lasciamo in eredità ai nostri figli almeno per un secolo.
Il caso Ekoplaza
Così da noi, ma all’estero? In Olanda, per esempio un supermercato sta dimostrando che se ne può fare a meno. Si tratta della catena Ekoplaza, sconosciuta in Italia, che l’anno scorso ha messo in vendita 680 prodotti plastic free ad Amsterdam.
Come si presentano? Esattamente come gli altri. Ma le confezioni sono di materiali biocompostabili, naturali e provenienti da agricoltura biologica. E dato non da poco, il prezzo degli alimenti non è più alto di quelli tradizionali.
Un ottimo inizio (e un ottimo esempio per i nostri supermercati) visto che Ekoplaza ha annunciato l’apertura di altri 74 punti vendita plastic free nel giro di qualche mese. Imitata dai supermercati inglesi Islands, che già da qualche tempo distribuiscono prodotti surgelati in confezioni di carta riciclabile.
Costa alla riscossa
Ma torniamo in Italia. Sergio Costa, campione degli ecologisti nostrani, ha proclamato plastic free il suo ministero, quello dell’Ambiente. Nei mesi scorsi ha fornito ad ogni dipendente una borraccia e ha fatto installare distributori di acqua alla spina, mettendo al bando le bottigliette di plastica. Una rivoluzione a costo zero, come proclamato dallo stesso Costa.
Bordighera ci prova
Intanto dal prossimo 26 marzo Bordighera sarà plastic free. In che senso? L’amministrazione comunale della cittadina ligure ha introdotto alcune norme per la minimizzazione dei rifiuti, l’incremento della raccolta differenziata e la riduzione dell’impatto ambientale della plastica.
Per esempio, le attività commerciali, artigianali e quelle di somministrazione di alimenti e bevande non potranno più distribuire ai clienti sacchetti per la spesa monouso in materiale non biodegradabile. Stesso discorso per posate, piatti, bicchieri (anche dei distributori automatici) e cotton fioc: dovranno essere esclusivamente in materiale biodegradabile e compostabile. Obblighi da rispettare sul territorio comunale anche in occasione di feste pubbliche e di sagre.
Avvolti nella plastica
La strada del plastic free, non illudiamoci, è ancora molto lunga. Basta solo far mente locale a quanta plastica riceviamo da Amazon e dagli altri siti web quando ordiniamo anche un solo paio di mutande online. Non parliamo di telefonini o altri gadget elettronici che ci arrivano in pacchi dieci volte più voluminosi del necessario.
Ma l’importante è iniziare, se pensiamo che in Italia di plastica se ne producono 35 chili pro capite all’anno. Che in Europa siamo a 50 milioni di tonnellate l’anno e che nel mondo siamo passati dai 15 milioni di tonnellate sfornati nel 1964 ai 310 milioni attuali.
Parliamo non solo dei componenti delle nostre auto o di oggetti per la casa, e cioè di beni che hanno una durata di diversi anni e più controllabili in fase di riciclaggio. Ma anche della plastica da imballaggio che ha una durata minima nel ciclo produttivo ed enorme da quando smettiamo di utilizzarla fino a quando si degrada, oltretutto disperdendosi più facilmente nell’ambiente.
Mari in crisi
Senza dimenticare poi i macro fenomeni, come l’inquinamento marino. Solo nell’oceano Pacifico naviga un’isola di plastica grande tre volte la Francia e anche il Mediterraneo ha i suoi bei problemi. Così molti studiosi e inventori stanno cercando un metodo per recuperarla ed eliminarla, come per esempio i giovani ingegneri italiani che hanno creato le barriere fluviali di Seads.
Il bruco magico
Una buona notizia per il plastic free è arrivata pure da una biologa, sempre italiana, che per caso (e quante geniali invenzioni sono nate così!) ha scoperto un bruco mangia plastica. Si tratta della larva della Galleria mellonella o tarma della cera.
Federica Bertocchini nel 2017 si è accorta che questa tarma, lasciata su fibre di plastica, riesce a cibarsene, producendo un enzima che la scompone e la rende digeribile. Gli studi per farne un eco-business sono nella fase iniziale, ma ci sembra un’ottima strada da percorrere fino alla fine per diventare sempre più plastic free.
Massimo Solari è avvocato cassazionista e scrittore. Ha pubblicato diversi volumi sulla storia di Piacenza e alcuni romanzi. Ha tenuto conferenze e convegni sulla storia di Piacenza. Ha collaborato con le riviste Panoramamusei, L'Urtiga, e scrive sul quotidiano Italia Oggi.