Ponte Morandi: sul tragico crollo del viadotto di Genova, che ha causato 43 vittime, si sta sentendo di tutto. Per chiarirci le idee abbiamo cercato un tecnico in grado di spiegarci quanto è accaduto e quanto potrà accadere. E l’abbiamo trovato. Ma l’ingegnere, che per anni ha lavorato per società Autostrade, ha chiesto di mantenere l’anonimato. Nonostante questo, abbiamo comunque deciso di pubblicare l’intervista, piena di contenuti e valutazioni molto interessanti.
Ingegnere, si possono già ipotizzare le cause del crollo del ponte Morandi?
“Sono già scritte nell’elaborato del Politecnico di Milano della fine del 2017: stress dei materiali. Vede, dopo la seconda guerra mondiale capitava spesso che aerei inglesi o americani entrassero in avaria dopo 200 ore di volo, spesso con conseguenze tragiche. Si è scoperto in seguito che le saldature, sottoposte a stress, duravano appunto 200 ore. Per i tiranti del ponte è accaduto lo stesso”.
Vuol dire che è stato un errore di progettazione?
“No, l’ingegner Morandi era un genio. E quel ponte è stato un esempio e una sfida per tutti. Ma anche i ponti americani, il Golden Gate di San Francisco o il ponte di Brooklyn, secondo lei perché sono ancora in piedi dopo oltre cent’anni? Perché sono delle fabbriche continue. Sono continuamente monitorati e riparati. Il ponte di Genova andava revisionato dieci anni fa”.
Allora, è colpa di Autostrade, della concessionaria?
“Attenzione: in teoria neppure la loro. E non escludo che tra qualche anno, al processo, gli attuali vertici potranno difendersi bene”.
Ne è proprio sicuro?
“Mi ascolti. La società Autostrade commissiona la verifica al politecnico di Milano, che risponde immagino nel novembre 2017. La società elabora rapidamente un progetto. Il progetto – l’ho visto sul web – prevedeva un costo di 20 milioni di euro. Una somma che esorbita le competenze del direttore del tronco, il povero Dirigente che si vedeva sempre in televisione, che manda tutto a Roma. Immagino che il consiglio d’amministrazione abbia dato l’ok all’opera, che viene sottoposta e approvata dal ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (per inciso lo stesso dirigente ministeriale ed il consulente esperto che hanno approvato il progetto ora sono rispettivamente il presidente e membro esperto della commissione deputata ad accertare le cause del disastro… un po’ come il medico che fa l’autopsia del paziente che aveva in cura) e poi messa a gara”.
E la gara doveva ancora essere fatta.
“No, era già stata vinta a luglio. Le opere dovevano partire a settembre”.
In che cosa consistevano?
“Sostanzialmente, senza entrare in troppi dettagli, ogni strallo doveva essere affiancato da una serie di cavi d’acciaio speciale oltre a tutto il risanamento delle superfici delle pile”.
E il tutto doveva costare 20 milioni?
“Non è una cifra enorme. 5 dei 20 milioni erano stanziati per la messa in sicurezza delle maestranze che dovevano operare sul ponte. Non dimentichiamo che le antenne arrivano a 90 metri. Poi, i trefoli, in materiali speciali, sono costosissimi”.
Questo è il passato. Adesso che cosa si può fare del ponte Morandi? Solo demolirlo come è stato annunciato?
“Non vedo alternative: sia il ponte che è rimasto sia le case sottostanti. Anche perché il nuovo ponte non potrebbe correre se non lì, è tra due gallerie!”
Vedremo ancora lo scempio dei palazzi costruiti sotto il ponte?
“Guardi che anche la Gronda, l’opera che dovrebbe alleviare il traffico di Genova, nuovissima, ancora da costruire, passa su capannoni in val Polcevera: Genova è fatta così, non c’è spazio, si è costruito dovunque!”
Quanto costerà il nuovo ponte? E come sarà costruito?
“Il costo si aggira sui 200 milioni. Il materiale è indifferente, può essere costruito in ferro o in calcestruzzo, ad arco o strallato. A me piacerebbe che diventasse una sfida anche dal punto di vista estetico, com’era stato il Morandi negli anni ’60. Un elemento che qualifica la città. Bisogna ricordarsi però che andrà mantenuto, non si può costruire e abbandonare l’opera”.
I tempi necessari?
“Tra i sei e gli otto mesi mi sembra un tempo accettabile. Ma non si può partire subito. Per ottenere tutte le autorizzazioni potrebbero occorrere anni. A meno che il commissario straordinario Toti (il presidente della regione Liguria, ndr)…”
Potrebbe costruirlo la società Autostrade? Naturalmente dietro alla domanda c’è anche il tema della conferma o della revoca della concessione.
“E chi vuole che lo costruisca se non la società Autostrade? Hanno già i progetti pronti, non c’è nessuno meglio di loro in Italia e forse in Europa. Sarebbero comunque i più veloci e i più efficienti. Sulle concessioni in questi giorni ho sentito un mucchio di fregnacce, anche da parte del Governo. C’è gente che non capisce niente. Vogliamo tornare all’Anas? Si ricordi solo che l’Anas è quella che gestisce la Salerno-Reggio Calabria e le autostrade siciliane, le basta?”
Ma la società Autostrade, dal punto di vista economico, è in grado di sopportare il costo?
“Se lei guarda i bilanci della società si renderà conto che neppure Apple o Microsoft riescono ad avere utili di quell’entità: oltre il 25% del volume d’affari, quando una società comparabile, la Fiat Chrysler, se va bene, ha un utile del 3-5% al massimo. La società è piena di soldi e non ha problemi. Pensi che in home ha una società di progettazione con centinaia di ingegneri come me… Chi può vantare numeri di quel tipo?”
Passiamo alla sicurezza degli altri ponti. Come si fa a monitorare per esempio un cavalcavia autostradale?
“Un primo esame è visivo: se non ci sono fessurazioni, inclinazioni o abbassamenti del piano stradale andiamo già bene. Si ricordi che il primo problema, il più diffuso, per i ponti ad arco è l’abbassamento delle fondazioni dei pilastri del ponte chiamato scalzamento. E lo si vede ad occhio nudo”.
L’esame visivo è sufficiente?
“Assolutamente no. Anzi, in certi casi può essere fuorviante. Occorre anche un esame strumentale sulle parti critiche del ponte, come i giunti. Possono essere fatte prove di carico statiche (con i camion) e dinamiche con strumenti che fanno una foto dello stato complessivo del ponte e da ripetere dopo qualche anno per verificare eventuali modificazioni di comportamento. Altro ragionamento per i grandi viadotti autostradali che possono presentare problemi di altro genere”.
E abbiamo le tecniche per monitorarli?
“In generale esistono varie tecniche che consentono il monitoraggio dei ponti, collegate alle caratteristiche del ponte che può essere ad arco in muratura o in pietra, in acciaio, in calcestruzzo, in legno, a cassone, strallato, sospeso. Dipende comunque tutto dalle risorse che un ente gestore o proprietario di strade ha a disposizione o che intende destinare all’infrastruttura. Certo che la manutenzione preventiva su queste opere è costosa, spesso non percepita dall’utenza, pertanto con minimo ritorno elettorale. E prima di chiudere un ponte… Abbiamo tutto, basta che ci soccorra la volontà politica. E questo non dipende da noi”.
Massimo Solari è avvocato cassazionista e scrittore. Ha pubblicato diversi volumi sulla storia di Piacenza e alcuni romanzi. Ha tenuto conferenze e convegni sulla storia di Piacenza. Ha collaborato con le riviste Panoramamusei, L'Urtiga, e scrive sul quotidiano Italia Oggi.