Prato: cosa succede in città? Che un’infermiera 35enne, assistente di anziani a domicilio, dà anche ripetizioni d’inglese a un ragazzino di 13 anni. Ma la storia si complica, perché tra la prof e l’allievo sboccia l’amore. E sboccia a tal punto che la donna – sposata e con un figlio di 7 anni – si ritrova incinta. Nasce il bambino, che ora ha 5 mesi, ma il tutto viene scoperto di recente dai genitori del minore, oggi 14enne, che interessano della vicenda la Procura della città toscana.
Prato: Pm e Dna
La Procura ha disposto un test del Dna. L’esame ha rivelato, senza tema di smentite, che il neonato è frutto dell’unione tra il minorenne e l’infermiera/prof. E nei suoi confronti scatta per adesso l’imputazione di atti sessuali nei confronti di minore.
Ma i problemi non finiscono qui. Perché secondo la legge il ragazzino a quell’età non ha la facoltà di autodeterminarsi. E di conseguenza il sesso con un minore degli anni 14 è sempre violenza sessuale, anche se i due si amano alla follia. La pena prevista è quella dell’articolo 609 ter del Codice penale. E cioè la reclusione da un minimo di 6 a un massimo di 12 anni. Stabilire quindi esattamente a quale età il ragazzino ha avuto il primo rapporto sessuale con la donna sarà determinante.
Di chi è il neonato?
Oltre a questo, adesso va affrontato un problema di non facile soluzione: a chi spetta il bambino? In altre parole, una volta stabilito con certezza che la madre è l’attuale indagata e il padre biologico è il minore, che prospettive si aprono per il neonato?
Certamente la famiglia del ragazzino potrebbe proporre un’azione legale di riconoscimento di paternità, sventolando l’esame del Dna. Bene, e poi? Che del caso si interessi il Tribunale dei minori o un giudice ordinario di Prato, nessuno si sognerebbe di togliere il neonato all’affetto e alle cure della madre. A meno che, durante il processo non si registrasse una sua inidoneità ad allevarlo. Ricordiamo, infatti, che tutta la nostra legislazione è improntata alla massima tutela dei minori e agisce nel loro esclusivo interesse.
Prato: azione boomerang
D’altra parte, sarebbe poco agevole per i genitori del 14enne dimostrare che lo stesso sia idoneo ad assumere gli oneri della paternità, almeno per ora. Si tratterebbe della famosa azione boomerang: se un tribunale riconoscesse la paternità del ragazzino lo condannerebbe semplicemente – e finché non avrà un suo reddito, condannerebbe i suoi genitori – a concorrere al mantenimento del neonato. In soldoni, la sua famiglia dovrebbe versare tutti i mesi tra i 250 e i 400 euro alla madre del bimbo.
Procedura d’ufficio
Altro problema: la probabile condanna penale della donna di Prato. Perché ci troviamo di fronte ad un reato talmente grave per cui non è possibile “rimettere la querela” da parte del ragazzino o dei suoi genitori, ma si procede d’ufficio. E difficilmente la donna sfuggirà al carcere. Oggi negli istituti di pena ci sono sezioni apposite dove le madri convivono in cella con i piccoli. Non una bella prospettiva, ma le cose stanno così.
Marito e moglie
In tutto questo che ruolo avrà il marito della donna? L’uomo sembra aver accettato la situazione, dato che ha accompagnato la moglie all’interrogatorio, dal quale sono usciti sempre insieme e in apparente armonia. Fin troppo, secondo gli inquirenti di Prato, che stanno vagliando gli sms che la 35enne e il suo allievo si sono inviati durante la loro relazione. Anche per stabilire se procedere per altre ipotesi di reato, per ora difficilmente immaginabili.
Massimo Solari è avvocato cassazionista e scrittore. Ha pubblicato diversi volumi sulla storia di Piacenza e alcuni romanzi. Ha tenuto conferenze e convegni sulla storia di Piacenza. Ha collaborato con le riviste Panoramamusei, L'Urtiga, e scrive sul quotidiano Italia Oggi.