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Stop alla prescrizione dei reati: ha ragione Bonafede o la Bongiorno?

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Prescrizione: che cos’è? La enuncia l’articolo 157 del codice penale: il reato si estingue se non si arriva a una sentenza definitiva (Cassazione) entro 6 anni dal momento in cui viene commesso. Che diventano 4 nei casi meno gravi. Bello, vero? Semplice e lineare. Del resto, non per nulla l’Italia è considerata la culla del diritto.

Ma poi, se per caso vi scappa l’occhio sugli articoli successivi, finite al neurodeliri. Volete un esempio? Il secondo comma dell’articolo 161 recita testualmente: “Salvo che si proceda per i reati di cui all’articolo 51, commi 3 bis e 3 quater, del codice di procedura penale, in nessun caso l’interruzione della prescrizione può comportare l’aumento di più di un quarto del tempo necessario a prescrivere, della metà per i reati di cui agli articoli 318, 319, 319-ter, 319-quater, 320, 321, 322-bis, limitatamente ai delitti richiamati dal presente comma, e 640-bis, nonché nei casi di cui all’articolo 99, secondo comma, di due terzi nel caso di cui all’articolo 99, quarto comma, e del doppio nei casi di cui agli articoli 102, 103, 105”.

Prescrizione in Bonafede 

Allora, cosa è successo? Che negli ultimi anni si è continuamente modificata la prescrizione per adattarla ai processi dei vari potenti di turno. Fino ad arrivare alla situazione odierna, nella quale per stabilire se un reato è prescritto o meno occorre la sfera di cristallo.
Così il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede (5 Stelle) interviene con l’accetta, proponendo una modifica dalla semplicità disarmante: una volta che il processo è giunto alla prima udienza del primo grado, la prescrizione finisce. Stop, non c’è più.
Il ministro della Pubblica Amministrazione, l’avvocato Giulia Bongiorno (Lega), però insorge: lo stop alla prescrizione sarebbe una bomba nucleare. In questo modo arriveremmo al caos, non si fisserebbero più i processi.

A casa degli altri

Chi ha ragione tra i due? Per stabilirlo occorre precisare che nel mondo anglosassone funziona proprio così. In Gran Bretagna non esiste la prescrizione per i reati più gravi (da noi non c’è per quelli puniti con l’ergastolo), mentre negli Stati Uniti si ferma col rinvio a giudizio.
Precisiamo anche che la nostra Costituzione accenna alla prescrizione all’articolo 111: “La giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge… La legge ne assicura la ragionevole durata”. Ma se togliamo un termine al processo, resterà “la ragionevole durata”?

Bonafede aggiunge che per attuare il “giusto processo” intende procedere ad assunzioni massicce di magistrati e personale ausiliario, allargando le piante organiche dei tribunali. Finalmente comprendendo – per la prima volta dopo decenni – che non si può riformare la Giustizia a costo zero. Solo investendo denari si potrà infatti ottenere qualche risultato.

Giudici & avvocati

La classe forense, di cui la Bongiorno è una delle rappresentanti più note, è pronta ad entrare in agitazione contro la riforma Bonafede, per una serie di lodevoli intenzioni: “non si può restare imputati a vita”, è la sostanza. Tale protesta è stigmatizzata da molti commentatori che concludono con l’ovvia considerazione “è finito il tempo nel quale – con cavilli e pretesti – gli avvocati potevano favorire la prescrizione per i loro clienti ben paganti”.

Ma sulla prescrizione la colpa va ripartita equamente tra la classe forense e la magistratura. Ci sono casi nei quali un’inchiesta di estrema semplicità si arena in Procura perché per il magistrato il reato è modesto e non desta allarme sociale (la classica querela per una lite condominiale finita a schiaffoni). O casi nei quali i continui errori di notifica vengono eccepiti dal difensore fino a giungere alla sospirata prescrizione.

Difficile però che l’avvocato difensore, da solo, possa condizionare il processo. Spesso può solo approfittare degli errori dell’accusa che sono meno infrequenti di quanto ci si aspetti. E fa esattamente il suo lavoro, essendo il difensore garante del “giusto processo” proprio come il giudice.

Bongiorno: torto o ragione?

Proviamo a tornare ai momenti di maggior tensione tra Silvio Berlusconi e la Procura di Milano. Se la procura non avesse avuto lo spauracchio della prescrizione imminente avrebbe concluso i processi al Sire di Arcore o lo avrebbe tenuto sulla graticola sine die?

La soluzione, come spesso accade, sta nel mezzo. La riforma Bonafede può funzionare solo se si coniuga con le promesse “assunzioni record”. Allora, a fronte di un minor carico per ogni singolo giudice, meglio assistito da cancellieri e polizia giudiziaria, potrebbero anche funzionare i riti alternativi.
Se non posso confidare nella prescrizione, tanto vale patteggiare subito. E se io patteggio subito, lascio al giudice il tempo per istruire un altro processo. Tanto semplice che in Italia non funzionerà mai. Fidatevi.

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Massimo Solari è avvocato cassazionista e scrittore. Ha pubblicato diversi volumi sulla storia di Piacenza e alcuni romanzi. Ha tenuto conferenze e convegni sulla storia di Piacenza. Ha collaborato con le riviste Panoramamusei, L'Urtiga, e scrive sul quotidiano Italia Oggi.

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