La Regione Emilia-Romagna non ha figli e figliastri. Di questo ne siamo sicuri, almeno stando ai viaggi che il presidente Stefano Bonaccini ultimamente sta facendo a Piacenza. Nei giorni scorsi il governatore è stato in città per ben due volte. La prima, mercoledì, per partecipare alla presentazione del nuovo corso di medicina in lingua inglese promosso dall’Università di Parma.
Poi Bonaccini è tornato venerdì, per accompagnare il ministro degli Affari regionali Mariastella Gelmini nel sopralluogo all’ex Ospedale militare di via Palmerio. Un complesso di oltre 23mila metri quadrati che il sindaco Patrizia Barbieri vorrebbe trasformare nella nuova sede universitaria di medicina. L’ipotesi, definita dal ministro “suggestiva”, offrirebbe a Piacenza la possibilità di rigenerare una zona della città oggi sostanzialmente abbandonata. Ma alla fine il problema resta quello dei fondi, che non si sa bene da dove potrebbero arrivare. Governo? Regione? Pnrr? E perché non dall’Ausl, l’asso pigliatutto del momento? Mah… bisogna studiare la pratica, che coinvolge anche il granitico ministero della Difesa proprietario dell’immobile. In sintesi, sebbene dell’ex Ospedale militare a Piacenza si parli da anni, anche stavolta la nebbia è fitta lungo il Po.
Di risorse top secret si può invece parlare per il nuovo corso di medicina, visto che nessuno durante la presentazione al Teatro Municipale ha snocciolato dati e cifre su investimenti e budget per un’attività universitaria che partirà fra due mesi con i primi 100 iscritti. Il cronista che chiede lumi per esempio al professor Andrei, magnifico rettore dell’università parmense, o all’ingegner Baldino, direttore generale dell’Ausl, registra risposte del tipo “lo diremo quando sarà il momento”, come se fossimo stati al Municipale per parlare di lirica. E se insiste, magari ricordando che sono soldi pubblici, si divaga genericamente su qualche milione di euro, comunque sopra le due cifre, tanto per dare una risposta.
Il caso Ferrara
Che dire, a Piacenza gira così. Peccato che per esempio a Ferrara le cose vadano diversamente. Sempre la settimana scorsa, la Giunta Regionale ha visitato giovedì la provincia estense. L’occasione per snocciolare un budget completo. E che budget: 800 milioni di euro. Sì, avete capito bene: 800 milioni di investimenti per il rilancio del territorio ferrarese, al netto della ricostruzione post sisma 2012.
Il comunicato stampa della Regione, corredato da schede approfondite, parla infatti di “un programma di investimenti che per il territorio di Ferrara vale già ora, nel triennio 2020-2022, quasi 800 milioni di euro: risorse pubbliche per interventi già cantierabili o che lo saranno a breve e che, sommati al cofinanziamento privato, rappresentano un importante volano per il territorio ferrarese. Tra le voci più significative la sanità, che potrà contare su oltre 70 milioni di euro; la mobilità e la viabilità con oltre 600 milioni di euro. Ma anche le ferrovie (66 milioni di euro), la difesa del suolo (oltre 32 milioni), la rigenerazione urbana con 6,5 milioni di euro. Senza dimenticare l’agricoltura (74 milioni per la lotta alla cimice asiatica, ndr), settore di eccellenza nella provincia. Considerando poi che il Ferrarese è interessato dal progetto della Cispadana, che vale 1,3 miliardi di euro, una delle grandi opere già progettate, finanziate, autorizzate, di cui la Regione ha chiesto al Governo lo sblocco”.
Due conti terra terra
Certo, si parla in generale di risorse pubbliche e anche di grandi opere. E quindi di fondi non solo regionali, ma di risorse statali ed europee di cui Bologna nella stragrande maggioranza dei casi è la cinghia di trasmissione sul territorio. Allora facciamo due conti terra terra: a Piacenza la fetta più cospicua degli investimenti regionali previsti sono i 120 milioni messi sul nuovo ospedale; a disposizione altri fondi per completare l’opera, valutata in oltre 180 milioni di euro. Durata dell’investimento? Per costruirlo si parla di una decina d’anni. Vogliamo aggiungere altro? Un anno fa, il 20 luglio 2020, Bonaccini e la sua Giunta erano stati a Piacenza, portando in dote 32,5 milioni di euro, tra i 20 stanziati dal Governo per la sanità e i 12,5 messi dalla Regione per mobilità sostenibile, infrastrutture, riqualificazione urbana e degli edifici pubblici. Magari avremo lasciato qualche decina di milioni nel cassetto, ma per arrivare agli 800 milioni ferraresi comunque ce ne passa.
Qualche esempio
Vediamola anche da un’altro punto di vista: a Ferrara e provincia quanti abitanti ci sono? Oltre 345mila, quindi pressapoco il 20% in più dei 287mila piacentini. E sul piano politico? Ferrara vanta un ministro del peso del Pd Franceschini, ma come Piacenza è governata dal centrodestra.
Poi non si può dire che il nostro territorio non abbia criticità da affrontare al più presto. La qualità dell’aria è tra le peggiori d’Europa; ci sono gravi problemi di viabilità locale dalla montagna al Po (vedi il ponte Lenzino e la Statale 45 in Val Trebbia); e anche sul piano autostradale non si scherza, come ha registrato la cronaca degli ultimi incidenti mortali sull’A1 e l’A21.
Per non parlare degli investimenti al palo nella sanità (a quando per esempio la casa della salute a Fiorenzuola, secondo Comune della provincia?), nel digitale (banda ultra larga ancora a macchia di leopardo) e nella formazione, che di certo non si possono limitare al seppur prestigioso corso di medicina in lingua inglese.
La stessa catena
Insomma, Piacenza non sarà la Striscia di Gaza dell’Emilia-Romagna, come sottolinea sempre l’assessore regionale allo Sviluppo economico Vincenzo Colla. Ma anche superando il campanilismo per l’abissale differenza delle risorse pubbliche messe in campo nel Ferrarese, la sensazione è che su Piacenza manchi ancora una vera visione progettuale complessiva, regionale e locale. Una visione che leghi come anelli di un’unica catena anche le recenti iniziative imprenditoriali dal rilancio della Mandelli in città al progetto Leonardo-Mae in Val d’Arda, lasciando sullo sfondo quella logistica con cui il Piacentino viene ancora identificato dai più.
Se questa catena verrà costruita, allora sì che non ci saranno più scuse per nessuno. E da Ferrara a Piacenza non si potrà più parlare di figli e figliastri.
Giovanni Volpi, giornalista professionista, è il direttore del Mio Giornale.net. Ha iniziato al Sole-24 Ore nel 1993. Dieci anni dopo è passato in Mondadori, a Tv Sorrisi e Canzoni, dove ha ricoperto anche il ruolo di vicedirettore. Ha diretto Guida Tv, TelePiù e 2Tv; sempre in Mondadori è stato vicedirettore di Grazia. Ha collaborato con il Gruppo Espresso come consulente editoriale e giornalistico dei quotidiani locali Finegil.
Analisi approfondita, commenti e considerazioni ineccepibili. Torno sull’argomento perché mi sta a cuore: che fine ha fatto il progetto del passante più a nord della A21 (Piacenza unico caso in Italia di autostrada che passa a 300 m dal centro storico)? Con una frazione dei soldi investiti a Ferrara, avremmo potuto sgravare di traffico ad alto tasso di inquinamento la città, permettendole di riappropriarsi finalmente di quell’argine del Po, che a Cremona per fare un esempio vicino genera ricchezza ambientale ed economica.
Duole constatare che a distanza di qualche anno dal PUMS che prevedeva questo scenario, da destra a sinistra, non ne parla più nessuno.