Spread: arrivano i primi conti su quanto ci costa e ci costerà se i suoi livelli resteranno quelli attuali. Purtroppo il differenziale tra Bund tedeschi e Btp decennali non accenna a scendere, ruotando sempre attorno ai 300 punti base. E questa “febbre” salita negli ultimi mesi comporta un aumento degli interessi che l’Italia deve pagare sui titoli del debito sovrano.
I conti di Bankitalia
I calcoli sullo spread arrivano dalla Banca d’Italia. E parlano chiaro: negli ultimi 6 mesi ci è già costato 1,5 miliardi di euro in più rispetto all’esborso che sarebbe maturato con i livelli di aprile scorso. Ma non basta. Sempre per Luigi Federico Signorini, il vicedirettore generale di Bankitalia sentito in audizione alle Commissioni Bilancio di Camera e Senato, nel 2019 e nel 2020 le cose peggioreranno. Se lo spread non scenderà, il prossimo anno a questi livelli ci potrebbe costare altri 5 miliardi. Che diventerebbero 9 nel 2020.
Un andamento assolutamente da contrastare. “L’aumento dello spread sovrano si ripercuote sull’intera economia (famiglie, imprese, istituzioni finanziarie). La crescita dei tassi di interesse sul debito pubblico ha un effetto in qualche modo comparabile a una stretta monetaria. Una stretta però assai più marcata e rapida di qualsiasi ipotizzabile (futuro, graduale) processo di normalizzazione della politica dell’Eurosistema. Essa rischia di vanificare tutto l’impulso espansivo atteso dalla politica di bilancio”.
Lo sforzo previsto nella manovra è valutabile in 34 miliardi per il prossimo anno (circa 37 miliardi a testa per il 2020 e il 2021), con un disavanzo di quasi 22 miliardi nel solo 2019. Così senza abbattere lo spread e davanti a un’eventuale nuova recessione, “l’Italia si troverebbe con un disavanzo relativamente elevato, come prima della crisi”. E con un’incidenza del debito pubblico sul Pil perfino superiore. Quindi, “i margini di manovra sarebbero, di nuovo, ristretti”.
Non solo spread
Intanto dalla nostra economia non arrivano segnali positivi. La crescita del Pil si sta indebolendo, con uno stop nel terzo trimestre. E per gli esperti di palazzo Koch difficilmente nel 2019 verrà confermata la crescita del Pil all’1,5% prevista dal governo giallo-verde, nonostante l’effetto espansivo prefigurato dalla manovra.
Parlando di condono fiscale, Bankitalia sempre per voce di Signorini è stata categorica, bocciando il provvedimento. Sono misure che “potrebbero determinare dei disincentivi all’adempimento regolare degli obblighi tributari”. E che quindi “andrebbero considerate con molta attenzione”.
Della flat tax per le partite Iva si apprezza invece l’obiettivo di semplificazione (aliquota del 15% fino a 65.000 euro di fatturato dal 2019 e del 20% tra i 65.000 e i 100.000 euro dal 2020). Ma sono da valutare con attenzione alcuni profili di efficienza ed equità. “Gli effetti ‘scalino’ che si determineranno in corrispondenza delle soglie di 65.000 e 100.000 euro potrebbero comportare un disincentivo alla crescita dimensionale delle imprese. E un incentivo a comportamenti elusivi o evasivi finalizzati a mantenere il reddito entro la soglia. Si può inoltre verificare il caso di carichi fiscali molto diversi per persone con redditi simili”.
Sulla riforma della legge Fornero da palazzo Koch ricordano come sia certamente possibile inserire altri elementi di flessibilità, per esempio sui requisiti minimi di pensionamento. Tuttavia, “l’importo di una pensione eventualmente anticipata dovrebbe essere aggiustato per tener conto del minore montante acquisito e del più lungo periodo atteso di erogazione della pensione. Non rispettando questo criterio, si rischierebbe di compromettere l’equilibrio di lungo periodo del sistema, aggravando l’onere a carico delle generazioni future”.
Infine, tanti dubbi sugli effetti della riforma dei centri per l’impiego che saranno votati alla gestione del reddito di cittadinanza. Per Bankitalia nel 2017 solo il 25% delle persone in cerca di lavoro si è rivolto a queste strutture. E solo il 2% dei disoccupati passati dai centri per l’impiego ha trovato lavoro nel settore privato.
Trattare con la Ue
L’auspicio finale di Signorini è che sulla manovra si trovi un accordo con Bruxelles. “Una soluzione che concili il rispetto sostanziale delle regole cui l’Italia è tenuta come membro dell’unione monetaria e che assicurano un credibile percorso di rientro (del debito pubblico, ndr) nel medio termine, con accorte misure di sostegno all’economia e con il perseguimento degli obiettivi politici del Governo e del Parlamento”.
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