Spread: che effetto potrebbe avere la sua crescita sulle banche italiane? Brutto, non c’è bisogno di farla tanto lunga. Un ulteriore aumento del differenziale tra i Btp italiani e i Bund tedeschi a dieci anni potrebbe metterne molte in ginocchio.
Oggi siamo a 309 punti, con un rendimento a 10 anni del 3,59%. Ma gli appuntamenti con le agenzie di rating a fine mese e i continui moniti sulla manovra che arrivano da più parti sia in sede internazionale (Fmi e Bce) sia interna (Bankitalia e Ufficio parlamentare di bilancio) fanno presagire un ulteriore rialzo dello spread nei prossimi giorni. Anche in vista del Consiglio europeo del 17 e 18 ottobre, dove l’Italia sarà uno dei temi caldi.
I conti in tasca
Prima di tutto, quanti sono i titoli del debito italiano che hanno in tasca le nostre banche? Una fetta notevole. Per Lettera43.it il 27% del totale. Le banche sono al secondo posto dopo le istituzioni estere (32%). E prima di fondi e assicurazioni (19%), Bce e Bankitalia (16%) e risparmiatori italiani (6%). Ad agosto i titoli di stato in pancia al sistema creditizio per Bankitalia ammontavano a 364,6 miliardi di euro, in calo rispetto ai 373,4 del mese precedente.
Danni da spread
Un aumento dello spread provoca una perdita di valore dei titoli di stato sul mercato, soprattutto per compensare la crescita dei tassi d’interesse. La perdita a sua volta comporta una riduzione del capitale a bilancio per la banca che ha nel suo patrimonio queste obbligazioni.
Gli effetti sono tutt’altro che positivi anche sulla sua solidità in Borsa. Cosa che abbiamo visto in questi giorni a Piazza Affari con il corso negativo dei titoli azionari degli istituti di credito italiani. E una banca più debole può essere una preda più facile per le scalate degli speculatori.
Una banca più debole poi eroga meno credito. Per un prestito chiede tassi più alti e più garanzie. Così è meno competitiva sul mercato e rallenta i processi di crescita sostenuti dai consumi delle famiglie e dagli investimenti delle imprese.
Linea del Piave
E veniamo alla tanto temuta quota 400. Il ministro Savona, dopo aver sfidato l’Europa, ne ha fatto una linea del Piave, dichiarando che se mai venisse raggiunta dallo spread allora la manovra dovrebbe cambiare. Come mai? Guardando al settore del credito, perché oltre i 400 punti base le banche più esposte sul fronte dei titoli di stato dovrebbero effettuare un aumento di capitale. Soldi freschi per tenere il Cet1 (Common equity tier 1 ratio), l’indice di solidità patrimoniale, sopra il livello del 10,25% stabilito dalla Bce.
Cose turche
Intanto il Financial Times segnala che negli ultimi tempi il costo dei Cds (Credit default swap) per le banche italiane è in aumento. I Cds sono gli strumenti finanziari che “assicurano” gli investitori contro il fallimento di un titolo o di un’azione. E il prezzo per le nostre banche è secondo solo a quello dei Cds per gli istituti di credito turchi.
Ma quante banche italiane dovrebbero essere salvate con una ricapitalizzazione per lo spread a 400 punti? Difficile dirlo con certezza. Di sicuro però, dopo tanti salvataggi a spese dei contribuenti – da Monte Paschi a Banca Etruria, da Popolare di Vicenza a Veneto Banca – è un film che non ci piacerebbe rivedere.
Giovanni Volpi, giornalista professionista, è il direttore del Mio Giornale.net. Ha iniziato al Sole-24 Ore nel 1993. Dieci anni dopo è passato in Mondadori, a Tv Sorrisi e Canzoni, dove ha ricoperto anche il ruolo di vicedirettore. Ha diretto Guida Tv, TelePiù e 2Tv; sempre in Mondadori è stato vicedirettore di Grazia. Ha collaborato con il Gruppo Espresso come consulente editoriale e giornalistico dei quotidiani locali Finegil.