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Stranieri: ma per l’Italia sono davvero una risorsa?

Stranieri sempre al centro del dibattito. Hanno destato scalpore le affermazioni del presidente dell’Inps, Tito Boeri alla Camera dei Deputati. “Gli immigrati regolari versano ogni anno 8 miliardi di euro di contributi sociali e ne ricevono solo 3 in termini di pensioni e di altre prestazioni sociali. Con un saldo netto di 5 miliardi per le casse dell’Inps, pari a circa un punto del Pil”. Il primo ad intervenire è stato naturalmente il leader della Lega Matteo Salvini: “Boeri vive su Marte”. A ruota, altri esponenti leghisti come Roberto Calderoli: “I giovani immigrati tolgono il lavoro ai giovani italiani”. E ancora: “Inps = Istituto nazionale di previdenza stranieri?”, ha twittato Deborah Bergamini di Forza Italia.

Dal bar sotto casa al piastrellista

Purtroppo quando si affronta questo argomento capita che si faccia di ogni erba un fascio. E che si butti tutto in cagnara. “Io non sono xenofobo, però…”. Oppure, “Guarda, i razzisti sono altri, ma io…”. E poi scopriamo che la badante che cura nostra madre è ucrania. Che prendiamo un caffé sotto casa dai cinesi. Senza contare che magari il muratore che ci piastrella il terrazzo viene dalla Macedonia e la colf dall’Equador. Allora, non sarà giunto il momento di fare finalmente i conti con questi 5 milioni di stranieri regolari (l’8,3% della popolazione), che abitano di fianco a noi e senza i quali, in molti casi, saremmo nei guai?

Ci sono stranieri e stranieri

Cominciamo col distinguere: c’è straniero e straniero. Nel senso che ci sono i migranti, i richiedenti asilo, i profughi, le prostitute immigrate sulle nostre strade. E nello stesso tempo moltissimi “stranieri” che lavorano onestamente e sono integrati nei nostri usi e costumi. Sono quelli che in Italia hanno aperto attività economiche di ogni tipo. Per Unioncamere a fine marzo 2017 gli stranieri guidano 575mila imprese, il 9,5% di quelle iscritte ai registri delle Camere di commercio italiane. E negli ultimi 7 anni “il fenomeno dell’imprenditoria straniera si conferma uno dei motori che mantengono in equilibrio il sistema imprenditoriale nazionale”. Guardiamoli con un po’ di obiettività. I cinesi sono più educati e silenziosi di noi. I rumeni sono più forti. Gli indiani lavorano nelle nostre stalle senza creare problemi. I pachistani nelle grandi città ci concedono il lusso di comprare frutta e verdura anche a mezzanotte. E come faremmo a fare il pane o le pizze senza gli egiziani?

Boeri e lo scontro con Brambilla

I dati snocciolati da Boeri non possono essere messi in discussione. E stiamo dicendo solo i dati, nella loro crudezza. Ma quando Boeri sostiene invece che “abbiamo bisogno degli immigrati per tenere in piedi il nostro sistema di protezione sociale” c’è chi non è d’accordo. Su questo tema in un’intervista al Foglio il presidente del Centro Studi e Ricerche di Itinerari Previdenziali, Alberto Brambilla, ha sostenuto per esempio che “non servono i migranti per salvare le nostre pensioni”. E che la teoria di Boeri è “persa in partenza”. Per Brambilla “i cittadini stranieri sono impiegati prevalentemente come manovalanza a basso prezzo. Spesso sfruttati da qualche italiano furbo che li fa lavorare in nero, generando l’effetto di abbassare gli standard lavorativi per tutti. Ecco perché si dice che certi lavori gli italiani non li fanno più”. Chi ha ragione?

Quelli che non vogliono l’Italia

Di certo non ogni immigrato diventerà un lavoratore iscritto all’Inps e oggi ancora un lavoratore in nero su tre è un clandestino. Poi ci sono molti che ritengono di arrivare nel Paese di Bengodi, dove potranno vivere senza far nulla ed essere mantenuti da altri. Molti ritengono l’Italia solo un Paese di transito da sfruttare, perché vogliono raggiungere i parenti in nord Europa. Altri vogliono restare in Italia ma non hanno nessuna intenzione di integrarsi nel nostro Paese. Sono loro il vero problema. Ed è soprattutto su questi soggetti che vanno stretti i bulloni dei controlli e della sicurezza a garanzia di tutti.

Gli stranieri e i giovani italiani

È altrettanto vero però, che se la stragrande maggioranza di stranieri ha poca o nulla specializzazione ed è impiegato in lavori umili, paga comunque i contributi con i risultati elencati da Boeri. E qui bisogna rispondere a un’altra domanda. Davvero professor Brambilla e onorevole Calderoli pensate che – anche guadagnando di più – ci sarebbero stuoli di giovani italiani pronti ad alzarsi alle quattro del mattino per fare il pane? Davvero ci sono frotte di giovani ragazze che hanno come scopo della vita il fare la badante o la colf? I nostri giovani che vanno all’estero per cercare lavoro, nella quasi totalità, sono iper specializzati. La laurea magistrale è la fine della loro “scuola dell’obbligo”. E spesso partono con un master o un dottorato nel loro zaino. A volte è proprio la frequentazione di corsi post universitari all’estero che li induce a restare là.
Insomma, forse uno sguardo un po’ più obiettivo sulla situazione italiana potrebbe aiutarci a ridurre conflittualità e pregiudizi. E a vedere con altri occhi la realtà che ci circonda per il bene del nostro Paese.

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Massimo Solari è avvocato cassazionista e scrittore. Ha pubblicato diversi volumi sulla storia di Piacenza e alcuni romanzi. Ha tenuto conferenze e convegni sulla storia di Piacenza. Ha collaborato con le riviste Panoramamusei, L'Urtiga, e scrive sul quotidiano Italia Oggi.

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