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Stupro: quando le avvocate in Tribunale scordano di essere donne

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Stupro: tempesta mediatica sulle frasi di Andrea Giambruno relativamente ai recenti episodi di violenza sessuale. Il compagno della premier Giorgia Meloni, durante la trasmissione “Diario del giorno” che conduce su Rete4, ha raccomandato alle ragazze: «Se vai a ballare, tu hai tutto il diritto di ubriacarti – non ci deve essere nessun tipo di fraintendimento e nessun tipo di inciampo – ma se eviti di ubriacarti e di perdere i sensi, magari eviti anche di incorrere in determinate problematiche perché poi il lupo lo trovi», scatenando l’inferno.

Il delitto del Circeo

Facile il collegamento (per i meno giovani) col primo stupro che diventa un grande caso mediatico di violenza sulle donne: il delitto del Circeo. Nel settembre del 1975 tre giovani romani invitano due amiche coetanee ad una festa nella villa di uno di loro, sul promontorio del Circeo. La festa si trasforma ben presto in un doppio rapimento seguito da torture e violenze che alla fine causano la morte di una delle due donne. L’altra ragazza, creduta morta, riesce a fuggire e a denunciare tutto. Il processo, celebrato l’anno successivo, si conclude con l’ergastolo per tutti e tre i ragazzi. Pochi anni dopo, nel 1979, la Rai trasmette un film: «Processo per stupro» che ripercorre le vicende del Circeo. La parte più scioccante e tragica è l’atteggiamento degli avvocati difensori che mettono sotto accusa la ragazza superstite. La trasmissione avrà un successo inaspettato.

La ragazza in minigonna

Stiamo parlando del 1975-1979. Ma nel frattempo cos’è cambiato nel comune sentire sui casi di stupro? Riporto con amarezza due processi che mi hanno visto parte offesa in vicende simili. Il primo: una ragazza appena maggiorenne di sera esce col cane al guinzaglio nei pressi della sua casa di campagna. Viene fermata da un giovane vicino che inizia a farle avance sempre più pesanti, terminate, per fortuna, con un bacio e una proposta di seguirlo a casa sua. La ragazza denuncia e parte il processo. Stante la modestia dei fatti (eravamo ancora in anni nei quali una denuncia del genere poteva essere ritirata) l’avvocato difensore mi chiede se la mia cliente è disposta a rimettere la querela a fronte di un risarcimento. Mentre trattiamo, la collega – una giovane donna – osserva con aria di sufficienza: «Certo che se la tua esce ogni sera con la minigonna è inutile che poi si lamenti».

Il minore violentato

Secondo caso di stupro, più grave: un settantenne offre un passaggio ad un diciassettenne tossicodipendente e, una volta caricato in auto, lo porta in un luogo appartato e abusa di lui sotto la minaccia di un coltello. Il minorenne riesce a fuggire impadronendosi dell’auto dell’anziano. Arriva a casa, da dove denuncia immediatamente il fatto ai carabinieri che, partendo dalla proprietà dell’auto, non faticano ad identificare il colpevole. Trattandosi di un minore, l’interrogatorio, per fortuna, non avviene in aula ma in incidente probatorio e in modalità protetta. Cosa vuol dire? Che lo interroga la Giudice per le Indagini Preliminari (Gip) alla sola presenza di uno psicologo. Tutti gli altri (pubblico ministero, avvocato difensore dell’imputato, avvocato della vittima, cancelliere) assistono in videoconferenza da una sala attigua senza potere né intimidire la vittima né fargli domande.

Finito l’interrogatorio la giudice esce, raggiunge l’altra sala dove attendevamo noi e chiede quali domande volevamo porre alla vittima. Il pubblico ministero e io non avanziamo richieste, anche perché il giudice aveva ottenuto una ricostruzione dei fatti minuziosa e ineccepibile. La difesa dell’imputato, anche in questo caso una giovane avvocatessa, chiede di porre alla vittima tre domande: “Se è omosessuale; se era stato sospeso da scuola per un comportamento disdicevole; e se aveva avuto altri rapporti con persone del suo stesso sesso”. Ad ogni enunciazione la giudice assumeva un’espressione sempre più sdegnata. Alla fine risponde: “Non ammetto nessuna delle sue domande” e le gira le spalle.

Indignamoci, ma…

Questo processo non è ancora terminato e non so se il settantenne verrà condannato o meno per stupro, ma ha poca importanza. Perché ci indigniamo con Giambruno se due giovani donne avvocato si comportano come i loro colleghi, uomini, degli Anni 70, per il delitto del Circeo? È certamente necessario perseguire un approccio completamente diverso al tema della violenza sulle donne, ma da chi dobbiamo partire e, soprattutto, come?
(articolo pubblicato su ItaliaOggi)

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Massimo Solari è avvocato cassazionista e scrittore. Ha pubblicato diversi volumi sulla storia di Piacenza e alcuni romanzi. Ha tenuto conferenze e convegni sulla storia di Piacenza. Ha collaborato con le riviste Panoramamusei, L'Urtiga, e scrive sul quotidiano Italia Oggi.

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