Home Opinioni

Trump, l’Italia e la carica del 7° Cavalleggeri

trump-italia-e-la-carica-del-7-cavalleggeri

Donald Trump non è Ronald Reagan che di film western ne aveva girati parecchi. Ma forse, pensando all’Italia, il finale salvifico con l’arrivo del 7° Cavalleggeri che suonava la carica, sta ispirando anche lui. Un lieto fine che all’epoca ci faceva dire, uscendo dal cinema: “Eh, quelli sì che sanno raccontare le storie”. Così non ci veniva neanche il dubbio che la trama fosse mutuata dal teatro greco, che aveva inventato per primo il Deus ex machina, la divinità che interviene nel momento più tragico per risolvere il problema con uno schiocco delle dita.

Italia in bilico?

Ma torniamo all’attuale inquilino della Casa Bianca e a quello che potrebbe diventare il suo schiocco delle dita. Nei giorni scorsi i servizi segreti americani di stanza in Italia hanno mandato un chiaro messaggio a Trump: gli italiani hanno ricevuto aiuti dai cinesi, dai cubani e dai russi. La porta in faccia dall’Europa. Se va avanti così, si rischia di consegnare l’Italia mani e piedi alla Cina, che non vede l’ora di acquistare prima il suo debito pubblico e poi qualche porto o qualche aeroporto per avere una sicura testa di ponte per i suoi commerci europei.

Un po’ di milioni

Così Trump, nel pieno marasma Coronavirus, con gli Usa primi per numero degli infettati e dei morti, ha deciso intanto di cominciare a dare una mano all’Italia. Si parla già di aiuti per 100 milioni di dollari. Mica per bontà d’animo, che non crediamo sappia neppure cos’è; ma per interesse politico: evitare che l’Italia si allontani dall’alleanza atlantica, attirata da facili sirene piene di denaro e generose di aiuti. L’Italia, per Trump e per nostra fortuna, è ancora fondamentale negli equilibri del Mediterraneo, nei rapporti con Libia e Paesi arabi oltre che a livello europeo.

Che cos’era il piano Marshall

Si parla allora di un nuovo piano Marshall che starebbero disegnando gli uomini di Trump. Cos’è stato? Un determinante aiuto a tutta l’Europa alla fine della Seconda guerra mondiale. Gli Stati Uniti, grazie al loro Segretario di Stato George Marshall, hanno immesso liquidità per quasi 13 miliardi di dollari, pari a 140 miliardi di oggi. L’Italia aveva ricevuto solo una piccola parte del finanziamento: 1,2 miliardi. Dei quali l’87% a fondo perduto e il 13% da restituire.

È indubbio che il Piano Marshall sia stato il volano fondamentale per ripartire; ma non dobbiamo dimenticare che aveva caratteristiche molto dettagliate. In gran parte erano forniture di beni alimentari e di prima necessità. I soldi ricevuti potevano essere spesi solo per acquistare merci e derrate americane. Ma, soprattutto, quello che aveva contato all’epoca era stata la “direzione” impressa alla politica europea.

Do ut des

Il ragionamento di Marshall era semplice: bisognava ottenere dalle macerie fumanti dell’Europa sconvolta dalla guerra un mercato florido per i beni prodotti in Usa. E per farlo occorreva dare una svolta alla politica europea. Che, non va dimenticato, stava partorendo la divisione in blocchi, sovietico da una parte e occidentale dall’altra. L’Urss infatti aveva rifiutato gli aiuti e come lei erano stati costretti a rinunciare i Paesi della “cortina di ferro” (Germania Orientale, Polonia, Cecoslovacchia, Ungheria, Bulgaria, Romania e Iugoslavia).

I prodromi della Ue

Il piano Marshall per l’Italia prevedeva anche l’uscita dei comunisti di Togliatti e dei socialisti di Nenni dal governo italiano (cosa che De Gasperi aveva attuato quasi subito). E una crescente collaborazione tra gli Stati europei. Da lì la nascita della Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio (Ceca), poi della Cee fino all’attuale Unione europea. Dunque, in sostanza, buoni consigli trasformati grazie ai dollari in costrizioni. Ma che sono serviti a creare l’Europa che oggi conosciamo.

Aiuti da chi?

Anche se apprezziamo l’aiuto statunitense deciso da Trump, non dobbiamo dimenticare che i primi a dover intervenire sono i Paesi ricchi europei. La Germania della cancelliera Merkel, lo sappiamo, continua a dire di no ad aiuti comuni. Ma all’interno del Paese si stanno levando voci più che autorevoli che la pensano diversamente. Primo fra tutti il presidente tedesco Frank-Walter Steinmeier che in un discorso alla nazione ha dichiarato: “Noi tedeschi non siamo semplicemente chiamati a mostrare solidarietà all’Europa, siamo tenuti a farlo! Questa pandemia non è una guerra. Non ci sono nazioni che si oppongono ad altre nazioni. Non ci sono soldati contro soldati. È un test di umanità”.

Il profumo del business

Intanto, la Confindustria tedesca dopo aver messo in allarme la Merkel ha inviato un appello alla sua omologa italiana perché  riprenda gradualmente l’attività delle imprese, tutelando la salute dei lavoratori e in maniera coordinata, per uscire dalla crisi generata dal blocco delle produzioni. Il tutto in attesa dell’Eurogruppo del 23 aprile, che forse riuscirà a sboccare la situazione sugli aiuti, Mes, Eurobond o altro che siano. E anche Trump molto probabilmente sta aspettando le mosse europee sul nostro Paese. E allora vedremo se il 7° Cavalleggeri sarà pronto davvero a suonare la carica in soccorso dell’Italia.

+ posts

Massimo Solari è avvocato cassazionista e scrittore. Ha pubblicato diversi volumi sulla storia di Piacenza e alcuni romanzi. Ha tenuto conferenze e convegni sulla storia di Piacenza. Ha collaborato con le riviste Panoramamusei, L'Urtiga, e scrive sul quotidiano Italia Oggi.

Articolo precedentePiacenza, niente Hub di Terapia Intensiva: anche con 700 morti resta una Cenerentola
Articolo successivoVaccino anti-Covid: l’italiana Irbm sperimenta sull’uomo da fine aprile

1 commento

  1. Allora vedremo come si svolgeranno gli aiuti che tutti inneggiano e a quale piano sarà più consono per l’Italia. Articolo chiaro ed esauriente!

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.