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Un uomo forte al potere: perché piace alla metà degli italiani?

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Uomo forte cercasi? Il Censis, allarmato, certifica che il 48% degli italiani ne vuole uno al potere. Il numero è enorme, ben superiore al 30-34% che i sondaggi assegnano alla Lega. Anche se aggiungiamo il 10% di Fratelli d’Italia, siamo ancora sotto di qualche cifra. Dunque questo desiderio non alberga solo nei cuori sovranisti della destra. E allora?

Braccio di ferro

Facciamo un gioco semplice: mettiamo a un tavolo un leader di qualunque latitudine e uno dei nostri ultimi presidenti del Consiglio. Per esempio Conte contro Erdogan, Gentiloni contro Orban, o Letta contro la Merkel. Perfino un galletto come Renzi, se si trovasse di fronte Putin o Trump, a nostro parere farebbe una magra figura. E non stiamo parlando di una prova di forza, ma di una normale trattativa politica.

Anche nelle faccende domestiche non siamo messi bene. Bella la vita di Boris Johnson, che a Londra scioglie le Camere praticamente a suo piacimento, o quella di Macron che sceglie il primo ministro e poi governa in prima persona. Bellissima quella di Trump che può (quasi) infischiarsene dell’impeachment.
Da noi no. Da noi basta un Renzi qualunque a capo di una sparuta pattuglia di parlamentari per far tremare l’esecutivo. Con il premier che deve periodicamente salire al Quirinale per rassicurarne l’inquilino, particolarmente occhiuto negli ultimi tempi.

Colpa del Fascismo o della crisi?

Certo, su questa situazione pesa il passato fascista del nostro Paese. Perché i padri costituenti ne avevano ancora così paura da creare una Costituzione piena di pesi e contrappesi, a prova di regime e di uomo forte. E tutte le volte che qualcuno ha provato a cambiarla in modo sostanziale è stato bloccato, vedi il referendum del dicembre 2016. Ma è altrettanto pacifico che tre anni dopo questo 48%, in pratica un italiano su due, non si sveglia la mattina e diventa improvvisamente un fanatico di Kim Jong-Un o un patito del presidente cinese Xi Jinping.

Diciamo allora che la crisi ci ha messo del suo. Negli ultimi anni siamo passati da Letta a Renzi, da Gentiloni a Conte quasi senza renderci conto della differenza. Ogni telegiornale si apre con le stesse notizie sull’Alitalia, sull’Ilva, sulla Tav, sulla disoccupazione giovanile. Poi si aggiungono via via uno scandalo sul reddito di cittadinanza, una polemica sul Mes o sulla plastic tax. E lo stesso telegiornale, qualunque esso sia, snocciola notizie differenti per il resto del mondo. Non è tutto rosa e fiori, Macron ha le sue gatte da pelare e pure Trump. Ma per criticabile che sia, l’impressione è che la leadership straniera abbia una prospettiva e combatta per quella.

A chi pensa Macron?

È fresca la “notizia” che a detta di Tusk, presidente uscente del Consiglio Europeo, nelle trattative Macron pensa poco all’Europa e molto alla Francia. È come se avesse rivelato che Churchill fumava il sigaro e che a Putin piace la vodka, lo sapevamo tutti da tempo.
L’impressione invece è che l’uomo politico italiano quando arriva in Europa dimentica la sua nazionalità. Chiunque sia, crediamo che abbia così paura di sentirsi redarguire che quella tal proposta “è nel solo interesse dell’Italia” che se ne guarda bene dall’avanzarla, facendo il grandioso. E infatti vediamo come siamo trattati e come la pensano su di noi in Europa.

L’uomo forte che piace

Ammettiamolo, l’uomo forte rassicura un po’ tutti ed è anche una bella scorciatoia. Ci lascia liberi di pensare al calcio e alle vicende del Grande Fratello. Anzi, se lo lasciamo “lavorare” è anche più contento. Lo vorremmo almeno competente e con una bella vis retorica. Capace di ammaliarci e di farci sentire protetti. Stiamo facendo l’identikit di un Mussolini oppure di un Berlusconi dei tempi d’oro? Anche. Quando si parla di uomo forte sono loro che vengono in mente, mica Spadolini o De Mita. Semmai Craxi quando a Sigonella ha saputo tener testa a Reagan, mica a un Macron qualsiasi.

L’uomo forte sarà la nostra (prossima) fine? Dipende dal Facta che siede a palazzo Chigi e dai suoi alleati. Quello del momento comunque è dietro l’angolo, pronto a governare. Competenza ministeriale? Pochina. Preferiremmo un Andreotti o un Visentini. Intervistato qualche giorno fa proprio su questa definizione però ha detto: “A me l’uomo forte non piace. Preferisco una squadra forte. E che abbia idee”. Speriamo che non menta, perché sotto questa affermazione di Salvini in molti metterebbero volentieri la firma.

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Massimo Solari è avvocato cassazionista e scrittore. Ha pubblicato diversi volumi sulla storia di Piacenza e alcuni romanzi. Ha tenuto conferenze e convegni sulla storia di Piacenza. Ha collaborato con le riviste Panoramamusei, L'Urtiga, e scrive sul quotidiano Italia Oggi.

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